16 Maggio 2017

Fusione e relazione degli amministratori

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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L’operazione di fusione societaria è regolata dagli articoli 2501 e seguenti del codice civile, in cui sono contenute le regole civilistiche sottostanti all’operazione stessa, che deve essere proposta all’assemblea dei soci da parte dell’organo amministrativo. In linea generale, è possibile scomporre l’operazione in quattro fasi:

  • fase progettuale, di competenza del CDA, composta dalla predisposizione del progetto di fusione con i relativi allegati (relazione degli amministratori, relazione degli esperti, situazione patrimoniale, ecc.);
  • fase deliberativa, di competenza dell’assemblea dei soci, che si sostanzia in una modifica dello statuto da deliberare in sede straordinaria;
  • fase oppositiva, a favore dei creditori che si ritengono danneggiati a seguito dell’operazione di fusione;
  • fase costitutiva, a seguito della quale la fusione ha effetto, che avviene con l’ultima delle iscrizioni dell’atto di fusione nel registro imprese.

Nell’ambito dei diversi documenti funzionali all’operazione vi è la relazione degli amministratori, di cui all’articolo 2501-quinques cod. civ., che costituisce un documento fondamentale per la fusione, poiché dalla lettura dello stesso i soci possono comprendere diversi elementi: economici (vantaggi aggregativi, penetrazione nuovi mercati, sinergie, ecc.), giuridici, nonché i criteri per la determinazione del rapporto di cambio, tenendo conto che nel progetto di fusione il rapporto di cambio è solo indicato, ragion per cui per capire come si è arrivati alla sua determinazione è necessario consultare la relazione degli amministratori.

È opportuno evidenziare la possibilità di evitare la relazione degli amministratori in presenza del consenso unanime di tutti i soci. La rinuncia, va indicata già nel progetto di fusione (e confermata nella delibera) e si giustifica proprio in quanto documento volto alla tutela dei soci e, quindi, da questi rinunciabile.

Come anticipato, la relazione degli amministratori svolge una funzione fondamentale anche in relazione alla determinazione del rapporto di cambio, con riferimento al quale è opportuno evidenziare quanto segue:

  • tale rapporto si basa sul valore effettivo della società, e quindi su bilanci redatti appositamente evidenziando plusvalori latenti, avviamento ecc., anche se si tratta di documenti interni;
  • compete all’organo amministrativo valutare il concambio (è chiaro che vi sarà l’assistenza di consulenti), potendo tener conto anche di elementi esterni se influenti nella valutazione;
  • poiché, come si dirà in seguito, la relazione degli esperti deve esprimere una valutazione di congruità sul rapporto di cambio determinato dagli amministratori, in presenza di un parere negativo è possibile comunque procedere alla fusione purché vi sia il consenso unanime dei soci. Tale possibilità si giustifica per due motivi: la relazione degli esperti è posta a tutela dei soci, e la stessa può essere omessa ex articolo 2501-sexies, comma 8.

In merito a questo ultimo aspetto, è opportuno sottolineare che la relazione degli esperti è sempre rinunciabile, salvo quella di stima ex articolo 2343 (o ex articolo 2465 per le S.r.l.) quale documento a tutela dei terzi, in presenza di una società di persone che partecipa alla fusione e delle seguenti condizioni (cfr. Massima Triveneto settembre 2004):

  • la società risultante dalla fusione è una società di capitali neo-costituita;
  • la società incorporante è una società già esistente che a seguito della fusione incrementa il patrimonio netto.

È evidente che in questi due casi si determinano le stesse conseguenze del conferimento d’azienda, per il quale è richiesta la stima in quanto la S.n.c. si “trasforma” in società di capitali.

Infine, sulla questione che il capitale sociale post fusione non possa essere inferiore alla sommatoria dei capitali sociali delle società fuse (massima L.E. 8 del Consiglio Notarile Triveneto), è opportuno comprendere la motivazione sottostante: la fusione non può essere motivo per riduzioni di capitale che eviterebbero l’applicazione delle rigide regole previste dall’articolo 2445 cod. civ..

La circostanza che il nuovo capitale sociale post fusione sia inferiore alla somma dei preesistenti si può realizzare, come scritto nella citata Massima: sempre nella fusione propria, qualunque sia l’entità del capitale della nuova società, mentre nella fusione per incorporazione l’incorporante può non aumentare il capitale sociale a seguito dell’accoglimento dei valori dell’incorporata, ma non può ridurre il suo capitale preesistente.

La fusione e la scissione di società o enti diversi