14 Marzo 2015

Il contraddittorio endo-procedimentale…lontana realtà? – parte prima

di Massimo Chiofalo
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I rapporti tra il cittadino-contribuente e l’Amministrazione finanziaria non sono quasi mai “idilliaci”, a prescindere da chi possa avere ragione o torto.

Il cittadino è frequentemente prevenuto nei confronti degli Uffici fiscali, vedendovi tendenzialmente acerrimi “nemici”, a causa del fatto che gli atti impositivi sono capaci d’incidere, a volte anche in maniera rilevante, sulla sua sfera patrimoniale.

L’assistenza professionale al cliente ci permette talvolta di cogliere questi “umori”, per quanto accada anche che il contribuente frequentemente sia poco partecipativo con i verificatori e che la scarsa collaborazione generi un inevitabile conflitto d’interessi contrapposti.

Per altro, il cittadino frequentemente si lamenta della insufficiente informazione degli atti che gli vengono recapitati, oppure delle incomprensibili motivazioni contenute nei medesimi ed, in generale, della limitata collaborazione che riscontra.

Eppure, il Legislatore italiano è stato puntuale ed accorto nella stesura delle norme che disciplinano i rapporti tra cittadino e pubblica Amministrazione, le quali, per altro, risultano essere oggetto di frequente esame anche da parte della giurisprudenza di ogni ordine e grado.

I giudici della suprema Corte di Cassazione (Cass. 28.05.2005, n. 1791), riferendosi all’attività amministrativa della pubblica Amministrazione, con particolare attenzione alla materia tributaria, si sono espressi in tal senso: Ogni atto è espressione dell’esercizio di un potere assegnato ad una norma che ne individua presupposti ed effetti. Peraltro in questo settore dell’ordinamento la discrezionalità è tendenzialmente del tutto assente dal momento che l’azione della pubblica amministrazione è ampiamente regolata dal principio di stretta legalità.”

I giudici di Piazza Cavour, nella citata sentenza, hanno voluto puntualizzare la connotazione amministrativa del procedimento tributario e l’assoggettamento di questo ai principi costituzionali cardine: al principio di uguaglianza (art. 3), al principio di legalità (art. 23), al principio della capacità contributiva (art. 53), ed al principio di imparzialità e buon andamento della pubblica Amministrazione (art. 97).

Anche le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno offerto spunto per riflessioni di tenore analogo (Cass. SS.UU. 19.06.2014, n. 19667), con una sentenza che annullava un atto d’iscrizione ipotecaria eseguita a seguito del presunto mancato pagamento di alcune cartelle. L’iscrizione del provvedimento cautelare era avvenuta senza che l’Agente della riscossione, ex art. 77 del D.P.R. n.602/1973, avesse notificato l’atto d’intimazione, il quale, a parere della Suprema Corte, avrebbe offerto un’ulteriore opportunità di confronto con il contribuente per evitare il contenzioso. Era stata pertanto dichiarata la nullità per derivazione del provvedimento, per molteplici violazioni procedurali che avevano interessato gli atti e le attività amministrative intermedie.

Nella motivazione della sentenza, i Giudici offrono una completa analisi e puntuali riferimenti normativi domestici e comunitari, che sono alla base dei rapporti tra cittadino e pubblica Amministrazione, anche con riferimento ai procedimenti tributari. Oltre ai principi costituzionali immanenti del nostro ordinamento, nella predetta sentenza si fa espresso riferimento alla L. n. 241/1990 (relativa al procedimento amministrativo), alla L. n. 212/2000 (Statuto del contribuente), nonché ai principi della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea ed alla giurisprudenza della Corte di Giustizia.

Da tali assunti emerge, chiaramente, che l’attività amministrativa del pubblico agire, ha, ex se, un’impostazione rigida da rispettare, sia per l’interesse pubblico tutelato, sia per evitare lesioni di diritti soggettivi. La partecipazione del contribuente al procedimento tributario pre-contenzioso rappresenta un momento delicato e, soprattutto, un diritto inderogabile che, ab-origine, nella volontà del Legislatore, nasce con l’intento di migliorare i rapporti con il cittadino.

Gli Ermellini, nel motivare la sentenza n. 19667/2014 in favore delle ragioni della parte privata, hanno evidenziato quelle norme che, se applicate, determinano per il cittadino maggiori garanzie di partecipazione nei procedimenti amministrativi, compresi quelli tributari. I Supremi Giudici, difatti, affermano (e confermano) che la ratio fondante della Legge n. 241/1990 è quella di tutelare giuridicamente l’interesse dei soggetti destinatari del provvedimento.  

In ossequio a tale normativa, i destinatari degli atti amministrativi devono essere messi a conoscenza dell’avvio del procedimento amministrativo, per poter contro dedurre gli assunti dell’Ufficio procedente, avere piena valutazione giuridico-fattuale del provvedimento finale e poter operare anche un controllo di legittimità dell’operato pubblico.

Nel precisare quanto sopra, i Giudici nella sostanza hanno ripercorso le disposizioni della Legge indicata, che, per opportunità di logica di trattazione argomentativa, riportiamo in sintesi qui di seguito:

Art. 3 – Motivazione del procedimento.

Art. 5 – Individuazione del responsabile del procedimento.

Art. 7 – Comunicazione avvio del procedimento.

Art. 9 – Intervento nel procedimento.

Art. 10 – Diritti dei partecipanti al procedimento.

Art. 11 – Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.

Il Legislatore ha statuito che l’attività amministrativa debba essere “partecipata” al soggetto privato, il quale non solo deve avere contezza degli atti a lui destinati, ma al quale non deve inoltre essere precluso l’intervento durante il predetto procedimento amministrativo, affinché possa esercitare il diritto “di prendere visione degli atti di suo interesse, presentare memorie scritte e documenti, che l’amministrazione, ha l’obbligo di valutare (Cfr. art. 10- L. n. 241/1990).

I Giudici della Suprema Corte, nella sentenza in esame, dopo aver fatto un esame esegetico delle norme e della giurisprudenza interessata, nel censurare l’attività della parte pubblica fanno un’importante precisazione, che appare opportuno riportare integralmente:

Non rende meno valida questa ricostruzione esegetica, il fatto che l’art. 13, c. 2 della L. 241/90, escluda i procedimenti tributari dall’applicazione degli istituti partecipativi previsti dall’art. 7 della stessa legge, in quanto non si tratta di una esclusione tout court dei predetti istituti, bensì solo di un rinvio per la concreta regolamentazione dei medesimi alle norme speciali che disciplinano il procedimento tributario.”

Si rileva pertanto come i Supremi Giudici abbiano voluto da un lato sottolineare che questa norma di diritto amministrativo non esclude i procedimenti tributari, per i quali si rinvia alla normativa speciale in materia, e dall’altro abbiano voluto censurare l’attività poco partecipativa posta in essere dalla parte pubblica a scapito del contribuente.

Si rimanda ad un prossimo intervento, che verrà pubblicato il prossimo sabato, la conclusione dell’analisi di questa sentenza, che ha offerto ulteriori spunti e precisazioni circa l’attività amministrativa tributaria.