23 Gennaio 2015

Dimmi che scarpa hai e ti dirò chi sei – parte seconda

di Luigi Canale
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La prima volta che ho sentito parlare di sneaker ho capito snacker e il mio pensiero è volato verso quel dispensatore di momenti incantati che risponde al nome di Alain Ducasse, infatti, con quel termine si indica una tecnica culinaria per la cottura rapida a fuoco vivo.

Mio malgrado ho scoperto che le sneaker sono la trasposizione della classica scarpa ginnica in una veste che, purtroppo, spesso viene a di poco arditamente e frettolosamente accostata e abbinata a completi classici, financo al blazer.

Portate pazienza, ma all’abbigliamento classico va abbinata una scarpa classica, intendendo come tale, quella che non teme paragoni nel tempo e che dopo cent’anni viene fatta ancora con la stessa tecnica e rispettando i medesimi canoni di stile.

Ma ancora prima delle diverse tecniche di lavorazione della scarpa c’è un’altra distinzione da fare. Il mondo della scarpa si divide in industriale e artigianale dove il secondo per ovvi motivi ha altri prezzi ma, non me ne vogliano gli altri, anche altre durate, e quando proprio arrivano allo stremo, come nella parabola del figliol prodigo, tornano a casa per essere accudite, per poi tornare a passeggiare nel mondo senza sentire il peso degli anni.

Il discrimine tra questi due mondi è nella lavorazione manuale di tre fasi topiche:

  1. il montaggio della tomaia sulla forma che, se nella lavorazione industriale avviene in un solo movimento, in quella artigianale è lenta in quanto la pelle viene tirata con una pinza e fissata con chiodi battuti a uno a uno;
  2. l’applicazione della tramezza e della suola da cui derivano anche le varie tecniche di lavorazione e
  3. la lustratura, il momento di sublimazione della scarpa.

Fatte queste doverose premesse vediamo quali e quante sono le lavorazioni possibili di una scarpa.

  • Lavorazione blake – la fodera e la tomaia vengono agganciate alla forma e vengono assicurate al di sotto della tramezza o sottopiede. È a partire da questo momento che la scarpa inizia a nascere e ad assumere una propria identità creando il volume su cui appoggerà il piede. A questo punto dopo averla pareggiata con lo smeriglio la scarpa passa alla macchina blake che provvede alla cucitura di suola, fodera, tomaia e tramezza. Al termine della lavorazione la scarpa riceve la vera suola che viene incollata.
  • Lavorazione Bologna – caratteristica di questa lavorazione è il fatto che la tramezza ricopre il solo tallone mentre il resto dell’area è accuratamente ricoperta con una pelle di vitello. Il prodotto ottenuto andrà alla blake per la cucitura e “saldatura” della suola, motivo per cui la lavorazione è conosciuta anche come blake Bologna
  • Lavorazione Goodyear – questo tipo di lavorazione deve il suo nome a Charles Goodyear Jr, figlio del padre della vulcanizzazione, che nel 1829 mese a punto questo procedimento che rappresenta la meccanizzazione di altissimo livello, della tecnica guardolo che utilizza le due cuciture di cui una, a prodotto finito resta nascosta, mentre l’altra, visibile, cuce guardolo e suola in un corpo unico. Nella lavorazione Goodyear il guardolo, che ricordiamolo per i neofiti è una striscia di cuoio morbido, è cucito al labbro dell’increna del sottopiede di cuoio, fissando insieme anche la tomaia e la fodera. In questo modo è possibile inserire nell’intercapedine tra sottopiede e suola un’intersuola riempitiva. Questa tecnica, utilizzata dai più grandi produttori inglesi, necessita di pellami consistenti che ben si sposano con le necessarie alte suole, il tutto per una lavorazione da cui non può prescindere la full brouge.
  • Lavorazione guardolo – è la versione artigianale al 100% della tecnica goodyear che si caratterizza per la tiratura a mano della pelle al di sopra della tramezza. Quest’ultima, nella lavorazione artigianale, si ricava da un cuoio conciata ad acqua e che accoglierà il piede nella sua volumetria specifica.
  • Lavorazione norvegese – probabilmente è la tecnica più complicata e laboriosa, Le cuciture sono 3, tutte visibili e che quindi sono oltre che elemento di utilità anche di decoro. Questa tecnica raggiunge il massimo della sua espressione se applicata alla derby alla norvegese, scarpa con una vaschetta riquadrata da una cucitura che si unisce a un’altra che nella arte anteriore divide la punta. In questa lavorazione è l’artigiano che delinea il passo dell’impuntura visibile esternamente, decidendone la cadenza punto dopo punto.
  • Lavorazione tirolese – questa lavorazione si addice per le scarpe sportive a cui ben si accostano i punti dal passo lungo che varia dagli 8 ai 10 millimetri.
  • Lavorazione tubolare – è speculare alla lavorazione blake bolognese ma si differenzia per il fatto che la parte tubolare è data dalla tomaia.

A questo punto sono state date tutte le informazioni utili per abbinare in maniera piacevole e perfetta le scarpe all’occasione e quindi all’abito.

A questo punto il prossimo appuntamento sarà dedicato alle scarpe per il tempo libero, ma prima o poi ci innalzeremo sui tacchi esagerati e inarrivabili di Sergio Rossi.