5 Aprile 2023

Detrazioni fiscali, onere della prova e divieto di motivazione postuma

di Silvio Rivetti
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La scheda di FISCOPRATICO

In tema di agevolazioni fiscali, spetta al contribuente, che vanti il diritto di avvalersene, di dimostrare di avere i requisiti previsti dalla legge per avervi accesso: non potendosi dire viziato l’atto che recupera i benefici né a causa della sua succinta motivazione, né a causa della presunta indebita integrazione di quest’ultima nel corso del giudizio, se la ragione fondante i recuperi d’imposta può individuarsi sin dall’origine nell’assenza della documentazione giustificativa del contribuente.

È questo il principio di diritto espresso dalla sentenza di Cassazione 15.03.2023 n. 7810, con la quale sono state rigettate le ragioni del contribuente avverso il recupero erariale concernente la seguente vicenda.

Il contribuente, a seguito di un intervento di recupero di un immobile abitativo comprendente cinque unità immobiliari, aveva fruito della detrazione fiscale di cui all’articolo 16-bis Tuir in relazione ai massimali di spesa allora previsti, pari ad euro 48.000 per unità immobiliare, moltiplicati per cinque; aveva però inviato al Centro Operativo di Pescara (adempimento in allora vigente) un’unica comunicazione per tutte e cinque le unità componenti il fabbricato, anziché cinque distinte comunicazioni, una per ciascuna della unità oggetto degli interventi.

Tale anomala comunicazione, che di fatto poteva dirsi riferibile a un intervento unitario su un unico immobile, anziché su cinque, aveva attivato il controllo formale dell’Agenzia delle Entrate che, ai sensi dell’articolo 36-ter D.P.R. 600/1973, aveva richiesto al contribuente la documentazione giustificativa della fruizione delle detrazioni fiscali relativamente ai massimali di spesa come usufruiti, ossia per l’importo di euro 48.000 moltiplicato per cinque.

Da quanto è dato desumere dalla ricostruzione dei fatti di causa, evidentemente le fatture degli interventi e i bonifici, esibiti dal contribuente agli uffici, non consentivano di suddividere il totale delle spese sostenute in relazione ai lavori effettivamente eseguiti in ognuna delle cinque unità facenti parte del fabbricato: e pertanto il Fisco, riscontrata la carente dimostrazione del fatto che i massimali di spesa spettanti non erano stati superati per ogni singolo immobile,  recuperava i quattro quinti dell’intera detrazione fruita, considerando l’intervento effettuato unitariamente su di un unico immobile (con calcolo del beneficio in relazione al limite massimo di spesa di soli euro 48.000).

Di qui, la comunicazione degli esiti del controllo recante le motivazioni del recupero, e la notifica della cartella di pagamento: cartella che il contribuente impugnava in giudizio, prevalendo in primo grado e poi soccombendo nel grado d’appello.

Ricorrente in sede di legittimità, il contribuente contesta ciò che è, teoricamente, il vero tallone d’achille del recupero erariale esperito ai sensi dell’articolo 36-ter citato, ovvero la succinta motivazione della cartella, facente riferimento alla comunicazione degli esiti del controllo formale; comunicazione che, a sua volta, non sempre brilla per completezza,  pur dovendo rappresentare il vero nocciolo motivazionale del recupero d’imposta.

La Corte di Cassazione, tuttavia –  e questa è la vera nota di rilievo del precedente in commento – nega che, in ambito di giudizio afferente alla spettanza di detrazioni fiscali, si possa ragionare in termini di divieto di integrazione in sede processuale della motivazione dell’atto impositivo, come sancito in plurime statuizioni in tema di divieto di motivazione “postuma” dell’avviso di accertamento o di liquidazione (divieto determinato dalla stessa natura impugnatoria del processo tributario, che non ammette l’amministrazione a colmare, nel corso del giudizio, le lacune motivazionali degli atti impositivi caratterizzati da un’insufficiente esposizione delle ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda la pretesa: tra le molte, Corte di Cassazione, nn. 11284/2022, 28560/2021, 7649/2020, 3762/2019, 2382/2018, 12400/2018); trattandosi invece, il processo riguardante l’atto recuperante le detrazioni, di giudizio che deve vertere sull’effettiva dimostrazione da parte del contribuente della fondatezza del suo diritto al vantaggio fiscale, laddove tale diritto risulti contestato fin dall’inizio da parte dell’amministrazione in maniera chiara, in termini di difetto di prova documentale come esibita da parte del contribuente stesso in sede di controllo formale. Tale difetto non può dirsi sanato o di minor vigore, nell’ipotesi in cui esso sia stato rappresentato dalle Entrate in termini solo sintetici, in ambito di motivazione.

In questa prospettiva, per il giudice delle leggi, gli ulteriori argomenti illustrati dal Fisco in sede processuale non rappresentano un vizio di “integrazione della motivazione” dell’atto impugnato, ma semplice “arricchimento” del giudizio stesso; dovendosi così confermare il fondamento del recupero sulla carente prova del corretto calcolo del bonus.

La logica “inversa” del giudice delle leggi, che nei giudizi riguardanti i meccanismi di agevolazione ragiona, quanto all’integrazione postuma degli elementi motivazionali, in termini opposti rispetto ai giudizi concernenti gli accertamenti sostanziali e ricostruttivi, è dunque da tenere in debita considerazione.