15 Febbraio 2017

Credito d’imposta R&S anche sui brevetti acquisiti da società fallita

di Marco Bomben
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I brevetti per invenzione ed i brevetti per modelli di utilità rientrano tra le spese ammissibili ai fini del riconoscimento del credito di imposta R&S anche se acquistati nel corso di una procedura concorsuale.

Questo è uno dei principali chiarimenti fornito dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 19/E di ieri.

Nella fattispecie analizzata, l’istante, dopo aver acquistato nel corso del 2015 “numerosi marchi, brevetti e disegni derivanti dal fallimento della società BETA” ricompresi all’interno di un unico “lotto X”, ha interrogato il Fisco in merito a:

  • la possibilità di ricondurre i costi sostenuti per l’acquisto di brevetti per invenzione, brevetti per modelli di utilità, marchi e disegni tra le “privative industriali” ammesse al credito di imposta;
  • la possibilità che il relativo costo di acquisizione, ammissibile al beneficio, risulti agevolabile anche nel caso in cui l’acquisto avvenga da una società sottoposta a procedura fallimentare;
  • le modalità con le quali quantificare il credito di imposta spettante nell’ipotesi in cui i documenti d’acquisto non consentano di determinare analiticamente il costo di ciascun bene;
  • la possibilità che i costi sostenuti dalla società BETA in relazione ai beni immateriali ceduti, debbano essere presi in considerazione ai fini del calcolo dell’investimento incrementale.

Con riferimento al primo punto, il Fisco di concerto con il Mise (ente competente per le questioni tecniche riguardanti il credito d’imposta R&S) ha ricordato che ai sensi dell’articolo 3, comma 6, D.L. 145/2013 il credito di imposta è riconosciuto esclusivamente per le “privative industriali relative a un’invenzione industriale o biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale”.

Di conseguenza, nel caso prospettato risultano ammissibili all’agevolazione esclusivamente i brevetti per invenzione ed i brevetti per modelli di utilità. Devono considerarsi, invece, esclusi dal beneficio i marchi d’impresa e i disegni che, pur rientrando nella definizione di “privativa”, non realizzano il presupposto di riferimento a “un’invenzione industriale o biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o auna nuova varietà vegetale”.

Anche in relazione al secondo quesito l’Agenzia ha condiviso l’opinione del Mise secondo cui devono ritenersi “ammissibili i costi sostenuti per l’acquisizione di privative da soggetti terzi, anche da un fallimento di altra società”. L’argomentazione risulta condivisibile posto che né l’articolo 3, comma 6, D.L. 145/2013 né la circolare AdE 5/E/2016 prevedono nulla di specifico a riguardo.

Venendo al quesito relativo alla corretta valorizzazione delle singole privative industriali, la risoluzione ha rigettato la possibilità suggerita dall’istante di determinare forfettariamente il valore degli immateriali sulla base del costo medio degli stessi.

Il citato documento di prassi, riprendendo il contenuto della circolare 5/E/2016, ha ribadito che il credito di imposta è calcolato esclusivamente “sulle spese effettivamente sostenute” e non su valori forfettari.

Nell’impossibilità di conoscere l’effettivo costo d’acquisto, il Fisco suggerisce di effettuarne la stima utilizzando il criterio dell’incidenza percentuale del valore normale del singolo bene rispetto al valore normale complessivo. Aggiungendo poi che, al fine di rendere comprensibili i criteri di controllo utilizzati, che in ogni caso devono essere oggettivi, è opportuno per la società predisporre una relazione di stima.

Si ipotizzi dunque che una società acquisti all’asta un lotto con 3 beni: A), B) e C) al costo complessivo di 300 euro e che solo il costo di A) e B) risulti ammissibile al credito di imposta.

Il valore normale dei singoli beni è il seguente:

  1. 200 euro;
  2. 300 euro;
  3. 100 euro.

Il valore normale complessivo del lotto risulta pari a 600 euro (200+300+100).

L’incidenza percentuale del valore normale del bene A) sul valore normale dell’intero lotto è pari a:

  • [(200/600)*100] = 33,33%.

L’incidenza percentuale del valore normale del bene B) sul valore normale dell’intero lotto è pari a:

  • [(300/600)*100] = 50,00%.

L’incidenza percentuale del valore normale del bene C) sul valore normale dell’intero lotto è pari a:

  • [(100/600)*100] = 16,67%.

Ne deriva che:

  • il costo di acquisto riferito al bene A) è pari a 100 (300*33,33%);
  • il costo di acquisto riferito al bene B) è pari a 150 (300*50,00%);
  • il costo di acquisto riferito al bene C) è pari a 50 (300*16,67%).

Di conseguenza il credito di imposta agevolabile riferito ai beni A) e B) è pari a 250 (100+150).

Infine, con riferimento all’ultimo dubbio interpretativo, il documento di prassi chiarisce che gli investimenti realizzati dalla società fallita (BETA) non devono essere imputati, ai fini del calcolo della media di riferimento della società acquirente (ALFA) in quanto “le posizioni soggettivenon si trasferiscono in caso di operazioni fiscalmente realizzative e la cessione in questione – coinvolgendo una procedura fallimentareavviene fra parti indipendenti”.

 

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