24 Marzo 2023

Chiarimenti sugli effetti penali del ravvedimento operoso speciale

di Angelo Ginex
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La scheda di FISCOPRATICO

L’articolo 1, commi 174178, L. 197/2022 (c.d. Legge di Bilancio 2023) ha introdotto il c.d. ravvedimento operoso speciale delle violazioni tributarie.

Tale disposizione introduce una regolarizzazione delle violazioni, diverse da quelle formali e da quelle definibili con la definizione agevolata delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato, riguardanti dichiarazioni su tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate relative al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2021 e precedenti.

La regolarizzazione comporta il pagamento di un diciottesimo del minimo edittale delle sanzioni irrogabili previsto dalla legge, oltre all’imposta e agli interessi dovuti e si perfeziona con il versamento di quanto dovuto ovvero della prima rata entro il 31 marzo 2023.

È ammesso il pagamento rateale in otto rate trimestrali di pari importo con scadenza della prima rata fissata al 31 marzo 2023, mentre sulle rate successive alla prima, da versare, rispettivamente, entro il 30 giugno, il 30 settembre, il 20 dicembre e il 31 marzo di ciascun anno, sono dovuti gli interessi nella misura del 2 per cento annuo.

In base al dato normativo l’operatività di tale istituto è preclusa qualora, alla data del versamento di quanto dovuto o della prima rata, le violazioni siano state già contestate mediante notifica dell’avviso di accertamento, dell’atto di contestazione della sanzione, dell’atto di recupero del credito di imposta, della cartella di pagamento e della comunicazione bonaria inerente al controllo formale.

Ne deriva che l’inizio del controllo fiscale non rappresenta una causa ostativa al ravvedimento speciale, né tantomeno assumono alcuna rilevanza gli inviti a comparire, i questionari e, in generale, le richieste ai sensi dell’articolo 32 D.P.R. 600/1973. Lo stesso si può dire per le verifiche disposti dalla Guardia di Finanza o dall’Agenzia delle Entrate, incluso il verbale di constatazione.

In via generale è d’uopo sottolineare che le violazioni tributarie commesse dal contribuente possono assumere anche rilevanza penale.

Sotto un profilo pratico occorre evidenziare che il legislatore non ha disciplinato in alcun modo gli effetti penali del ravvedimento operoso speciale.

Pertanto, è interessante chiarire se in sede penale la regolarizzazione prevista da tale istituto possa assumere una qualche valenza.

Si rammenta che l’articolo 13, comma 2, D.Lgs. 74/2000 (rubricato “Causa di non punibilità. Pagamento del debito tributario”) stabilisce testualmente che: «I reati di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5 non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali».

Fermo restando che i documenti di prassi della stessa Agenzia delle Entrate ammetterebbero la possibilità di sanare anche violazioni di origine dolosa o fraudolenta (cfr., circolare AdE 11/E/2022; Risposte fornite dalla Guardia di Finanza a Telefisco in data 30.01.2020. Per i crediti di imposta inesistenti, circolare AdE 31/E/2020), nel caso di specie, a nostro avviso, dovrebbero valere le regole generali.

Ciò significa che il pagamento delle somme dovute in base al ravvedimento operoso speciale può rappresentare sia una circostanza attenuante, sia una causa di non punibilità del reato, purché ciò avvenga nel rispetto delle condizioni normativamente previste.

Resta quindi inteso che, in considerazione del richiamo contenuto nel citato articolo 13 D.Lgs. 74/2000 al diverso istituto del ravvedimento ordinario di cui all’articolo 13 D.Lgs. 472/1997, il debito tributario dovrà essere pagato per intero entro il dibattimento penale di primo grado.

Solo in questo caso, infatti, stando a quanto previsto dalla regola generale di cui all’articolo 13, comma 2, D.Lgs. 74/2000, l’effetto potrebbe essere la non punibilità per i reati di dichiarazione fraudolenta e infedele di cui agli articoli 2, 3 e 4 del D.Lgs. 74/2000 e l’attenuante per gli altri reati.

Pertanto entro il 31 marzo 2023 sarà opportuno valutare attentamente eventuali violazioni tributarie, al fine di decidere se optare o meno per il ravvedimento speciale di cui all’articolo 1, commi 174-178, L. 197/2022, anche in considerazione della sua rilevanza in sede penale quale causa di non punibilità.

Da ultimo si rammenta che, ai sensi del comma 3 dell’articolo 13 D.Lgs. 74/2000, è concesso un termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo, quando, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il debito tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione.

In questo caso la prescrizione è sospesa e il giudice ha facoltà di prorogare il suddetto termine una sola volta per non oltre tre mesi qualora lo ritenga necessario, ferma restando la sospensione della prescrizione anche per questo ulteriore termine.