23 Ottobre 2019

CFC: la valutazione dei profili penali

di Marco Bargagli
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La scheda di FISCOPRATICO

Come noto, con il D.Lgs. 142/2018 il legislatore ha profondamente modificato la disciplina prevista in materia di imprese estere controllate, nota, tra gli addetti ai lavori, come CFC legislation.

Attualmente, ai sensi dell’articolo 167, comma 4, Tuir, la tassazione per trasparenza dei redditi conseguiti oltrefrontiera si applica se i soggetti controllati non residenti integrano, congiuntamente, le seguenti condizioni:

  • sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia;
  • oltre un terzo dei proventi da essi realizzati rientra in una o più delle seguenti categorie:
  1. interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;
  2. canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;
  3. dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;
  4. redditi da leasing finanziario;
  5. redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;
  6. proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;
  7. proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente.

Ai sensi dell’articolo 167, comma 5, Tuir sarà possibile disapplicare la tassazione CFC qualora il soggetto residente in Italia dimostri che l’impresa estera controllata svolge un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali.

Sotto il profilo impositivo, per espressa disposizione normativa, i redditi del soggetto controllato non residente:

  • sono determinati in base alle disposizioni valevoli ai fini dell’imposta sul reddito delle società previste per i soggetti passivi Ires (ex articolo 73 Tuir);
  • sono assoggettati a tassazione separata con l’aliquota media applicata sul reddito del soggetto cui sono imputati e, comunque, non inferiore all’aliquota ordinaria dell’imposta sul reddito delle società.

Infine dall’imposta così determinata sono ammesse in detrazione, con le modalità e nei limiti di cui all’articolo 165 Tuir, le imposte sui redditi pagate all’estero a titolo definitivo dal soggetto non residente.

In buona sostanza, ai fini della determinazione dell’imposta evasa, i redditi esteri, rideterminati applicando le variazioni fiscali in aumento e in diminuzione previste dalle regole impositive Tuir sono soggetti a tassazione separata, senza la possibilità di scomputare eventuali perdite pregresse come normalmente previsto dall’articolo 84 Tuir.

Tutto ciò premesso, si ritiene che ai fini penali – tributari dovranno essere valutate le due disposizioni previste dal D.Lgs. n. 74/2000:

  • articolo 3 – rubricato Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici” – in base al quale è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’Amministrazione finanziaria indica, in una delle dichiarazioni relative a dette imposte, elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi quando, congiuntamente: l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro trentamila; l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al cinque per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque, è superiore a euro un milione cinquecentomila, ovvero qualora l’ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell’imposta, è superiore al cinque per cento dell’ammontare dell’imposta medesima o comunque a euro trentamila;
  • articolo 4 – rubricato Dichiarazione infedele” – in base al quale è punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti quando, congiuntamente: l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte a euro centocinquantamila; l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al dieci per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro tre milioni.

Le due fattispecie delittuose, sopra indicate, potranno trovare concreta applicazione sulla base del comportamento tenuto dal contribuente ispezionato.

In particolare, nei casi estremi, ossia quelli di utilizzo dei mezzi fraudolenti idonei a ostacolare l’accertamento tributario, la competente autorità giudiziaria potrà far scattare la sanzione penale più severa prevista dall’articolo 3 D.Lgs. 74/2000.

Ci si riferisce, in particolare, ai fenomeni di pianificazione più insidiosi, ossia quando – ad esempio – il soggetto controllante italiano “occulta artatamente” il possesso di partecipazioni in imprese estere controllate per evitare l’applicazione della CFC rule.

Di contro, nella generalità dei casi, al superamento delle soglie ivi previste, troverà applicazione la sanzione più mite sancita dall’articolo 4 del citato D.Lgs. 74/2000.

La fiscalità internazionale in pratica