18 Maggio 2023

Alcune conseguenze fiscali della riforma dello sport – prima parte

di Guido Martinelli
Scarica in PDF

Il D.Lgs. 36/2021 la cui entrata in vigore è, come è noto, ad oggi prevista per il prossimo 1° luglio, ha due norme specificatamente dedicate agli aspetti fiscali della riforma (articolo 12 “Disposizioni tributarie” e articolo 36 “Trattamento tributario”) ma nasconde al proprio interno ulteriori conseguenze di carattere fiscale che proveremo ad analizzare.

L’articolo 7, comma 1 del decreto in esame prevede che l’oggetto sociale degli enti sportivi dilettantistici debba prevedere: “l‘esercizio in via stabile e principale dell’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, ivi comprese la formazione, la didattica, la preparazione”.

Questa norma differisce da quella oggi in vigore (articolo 90, comma 18, L. 289/2002, che, invece, recita: “organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa l’attività didattica per l’avvio, l’aggiornamento e il perfezionamento nelle attività sportive”) per due aspetti essenziali.

L’esercizio dell’attività sportiva deve avvenire in via stabile e principale e deve prevedere non solo l’organizzazione ma anche la gestione di attività sportive dilettantistiche.

Quest’ultimo aspetto della gestione è confermato anche dal codice del terzo settore che ha una formulazione analoga (“organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche”) per l’attività di interesse generale di carattere sportivo.

Il concetto della gestione della attività sportiva dilettantistica, come attività ulteriore e diversa rispetto alla mera organizzazione è ribadito anche nel regolamento del registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche, tenuto dal dipartimento sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Prima considerazione da svolgere è, necessariamente, quella che, se il legislatore ha aggiunto alla precedente formulazione il concetto di “gestione”, aveva evidentemente una finalità (ubi lex voluit dixit).

Al successivo articolo 9, sulle attività secondarie e strumentali, troviamo indicati, al comma 1bis, i proventi derivanti “dalla gestione di impianti e strutture sportive”.

Ne deriva, quindi, che è attività principale la gestione di “attività sportive” mentre è secondaria quella di “impianti e strutture sportive”.

Si ritiene quindi che, alla luce del confronto tra le varie norme, un ente sportivo dilettantistico che si limitasse a gestire un impianto sportivo, “affittando” spazi ad altre associazioni sportive o che si limitasse ad incassare ingressi nell’impianto (tipo per il nuoto libero in una piscina o l’accesso in sala pesi per una palestra) senza svolgere all’interno dell’impianto alcuna attività formativa (attraverso l’attivazione di specifici corsi di discipline sportive riconosciute dal Coni) si stia limitando alla gestione di impianti e strutture sportive e, pertanto, non potrebbe essere riconosciuto ai fini sportivi e iscritto al registro relativo, con conseguente perdita, per tale tipo di attività, di qualsiasi agevolazione fiscale sia ai fini dei redditi che iva.

Ovviamente, ad analoga conclusione per l’aspetto esclusivamente fiscale, si arriva anche nel caso in cui il nostro ente pur “gestendo” attività sportiva propria (mediante corsi o manifestazione agonistiche) detenga comunque proventi derivanti dalla mera messa a disposizione di strutture sportive senza alcuna prestazione didattica o agonistica.

Ad analoga conclusione si perviene affrontando il tema da altro punto di vista. Le attività secondarie e strumentali, per come definite, sono attività “conformi alle finalità istituzionali” principali dell’ente sportivo?

Se, come credo, la risposta dovrà essere negativa, ne deriverà che tutta l’attività di gestione di strutture sportive, senza l’organizzazione di attività al proprio interno, contrariamente a quanto avvenuto fino ad oggi, sarà da considerarsi di natura commerciale con conseguente regolare assoggettamento degli importi che ne conseguono a Iva e imposte sui redditi.

Ma ancora più grave l’ulteriore conseguenza che potrà derivare da questo ragionamento, ove fosse corretto: ossia trattandosi di proventi non connessi con l’attività istituzionale ai fini Iva non potranno godere neanche delle agevolazioni di cui alla L. 398/1991.

Altro tema. Il comma 4 dell’articolo 36 disciplina il trattamento fiscale del premio di addestramento e formazione tecnica da versare, in caso di sottoscrizione del primo contratto di lavoro sportivo, dalla società di nuovo tesseramento alle società che hanno provveduto in precedenza alla formazione dell’atleta.

Viene previsto che detto premio sia, ai fini Iva, equiparato alle prestazioni esenti e che: “qualora sia percepito da società e associazioni sportive dilettantistiche senza scopo di lucro che abbiano optato per il regime di cui alla legge 16 dicembre 1991 n. 398 non concorre alla determinazione del reddito di tali enti”.

È evidente, argomentando a contrariis, che allora il premio di formazione diventa componente positiva di reddito per tutti gli altri enti sportivi dilettantistici che non abbiano optato per la disciplina indicata oppure per gli enti del terzo settore a cui questa disciplina non si applica.