4 Marzo 2015

Il registro di carico-scarico

di Luigi Scappini
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In un precedente intervento abbiamo introdotto la disciplina fiscale applicabile all’attività di allevamento animali, evidenziando come, a secondo del rispetto o meno dei parametri richiesti dall’articolo 32 Tuir, si possa ricadere nel reddito agrario o in quello di impresa, sia esso determinato in via di favore secondo quanto previsto dall’articolo 56, comma 5 Tuir o secondo le regole ordinarie della contrapposizione costi-ricavi.

Nel caso in cui il numero di capi allevati ecceda quelli previsti con il decreto del 18.12.2014 si rende azionabile, in ipotesi di esercizio a mezzo di ditta individuale, società semplice o ente non commerciale, la determinazione forfettaria del reddito imponibile, previo obbligo di tenuta del registro cronologico di carico e scarico degli animali allevati di cui all’articolo 18-bis D.P.R n. 600/1973.

Tale registro, teoricamente, seguendo il dettato normativo e l’interpretazione di prassi di cui alla Circolare n. 150/E/1998, deve essere tenuto obbligatoriamente solamente in ipotesi di superamento dei limiti di capi allevati che consentono la determinazione catastale, tuttavia, si ritiene preferibile e soprattutto consigliabile tenere il registro a prescindere dal superamento del limite.

L’obbligo di tenuta del registro viene meno nel momento in cui, in funzione della situazione contabile alla fine del periodo di imposta precedente, non siano evidenziati capi eccedenti rispetto ai parametri ministeriali.

Di contra, l’obbligo tornerebbe in vigore ogni qualvolta nell’ambito di un periodo di imposta, si determini un’eccedenza di capi allevati.

Si ribadisce come, in ipotesi di esercizio di un’attività di allevamento di animali, la tenuta del registro di carico e scarico sia consigliabile a prescindere dall’effettivo numero di capi allevati.

Sempre l’Agenzia, con la richiamata Circolare n. 150/E/1998, precisa come, pur rappresentando una scrittura contabile esclusiva, la tenuta del registro non esonera l’allevatore dal tenere l’ordinaria contabilità civilistica che, tuttavia, non rileva ai fini fiscali.

Il registro rappresenta a tutti gli effetti una scrittura di natura fiscale, con la conseguenza che esso deve essere numerato nel rispetto delle regole di cui all’articolo 2215 Cod. Civ..

Di fatto non esiste una forma prestabilita di registro, limitandosi la Circolare richiamata a offrirne un fac simile.

Quello che è certo è che in sede di registrazione devono essere rispettate le regole stabilite dall’art. 22 del D.P.R. n. 600/1973 e quindi tutte le movimentazioni devono essere registrate nel termine di 60 giorni dal loro accadimento, come non devono essere previsti spazi bianchi.

Inoltre, la tenuta del registro può essere prevista distinguendo in funzione delle specie animali allevate (se diverse) e dal loro ciclo “vitale”, dato cruciale ai fini delle movimentazioni del registro, come individuato con il D.M. 18.12.2014.

Ma quali sono le operazioni che determinano l’obbligo di movimentare il registro in oggetto?

Per quanto concerne le operazioni di carico, esse sono individuabili, in linea generale, nelle seguenti:

  • esistenze iniziali;
  • acquisti;
  • capi prodotti nell’ambito dell’impresa e immessi nell’allevamento;
  • ricarico per capi che residuano a fine ciclo e
  • passaggi da un ciclo all’altro.

Di contra, comportano movimentazioni di scarico:

  • cessioni;
  • morti naturali o accidentali;
  • scarichi per fine ciclo e
  • scarichi per passaggi di ciclo.

Rimandando a un futuro intervento alcune esemplificazioni di movimentazione corretta del registro, in questa sede si precisa come ai fini della tenuta del registro per capi allevati si intende il numero di animali che hanno concluso il ciclo come determinato dal D.M. 18.12.2014.

La determinazione di un passaggio di ciclo degli animali è direttamente dipendente dalla natura di allevamento che viene messa in atto nell’azienda. Un tipico passaggio di ciclo è quello, ad esempio, delle pollastre in galline ovaiole o dei suinetti in suini. Come detto, discrimine è la tipologia di allevamento che viene esercitata in quanto, ad esempio, in caso di allevamento ai fini di ingrasso, i suinetti dovranno essere caricati quali suini.

Le mortalità sopravvenute anteriormente alla fine del ciclo non rilevano, a condizione che le stesse vengano adeguatamente documentate. A tal fine, se tale certificazione non comporta particolari difficoltà per quanto riguarda gli animali di taglia grossa, così non è per quelli minuti con la conseguenza che, in ossequio a una sempre maggiore compliance Fisco-contribuente, sarebbe utile prevedere una percentuale di sfrido naturale.

Per quanto concerne le nascite, essere rilevano esclusivamente al superamento della fase di allattamento, la cui durata varia in ragione dei capi oggetto dell’allevamento. A titolo di esempio, se tale periodo è individuato in 90 giorni per i bovini e gli equini, esso si riduce fino a 40 per gli ovini e i conigli.

Da ultimo, si ricorda come sia previsto un periodo di cosiddetta tolleranza, in ragione del quale a chiusura del ciclo, l’animale deve essere caricato solamente se non viene ceduto decorsa la metà della durata del ciclo previsto.

Un esempio chiarisce meglio: si ipotizzi di aver acquistato un suino leggero, il cui ciclo è pari a 6 mesi in data 1° marzo. In data 1° settembre si procederà al relativo scarico e, solamente in caso di mancata cessione nel termine del 31 dicembre, si dovrà procedere a rilevarlo nuovamente nel registro.