10 Marzo 2014

Il fabbricato è un fabbricato, non un’area edificabile

di Fabio Garrini
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Il titolo è volutamente tautologico, ma risulta oltremodo emblematico della questione dibattuta: la Corte di Cassazione, con la sentenza 4150 del 21 febbraio 2014, sconfessando una criticabile (e criticata) posizione dell’Amministrazione Finanziaria, afferma che la cessione di un fabbricato da parte di un soggetto non esercente attività d’impresa va gestito come reddito diverso secondo le specifiche (e più favorevoli previsioni) stabilite appunto le cessioni dei fabbricati, anche se su questo immobile vi è ancora capacità edificatoria, ovvero le parti (in particolare l’acquirente) ha condotto la transazione nella volontà di demolire l’edificio e riedificarlo (quindi dimostrando disinteresse per il manufatto, essendo invece interessato alla “cubatura” che questo porta con se).

Si tratta di una pronuncia di significativo interesse che dovrebbe (speriamo) cassare definitivamente una linea interpretativa dell’Agenzia che a tutti è parsa davvero poco ragionevole e poco fondata sul dato normativo oltre che, soprattutto, sul dato fattuale dell’immobile.

La tesi dell’Agenzia

Prima di esaminare il contenuto della sentenza in commento, vale la pena ricordare il precedente di prassi su cui la decisione verte. Nella RM 395/E/08 l’Agenzia aveva valutato il caso di due coniugi che avevano ceduto ad una impresa un fabbricato sul quale era stato approvato un piano di recupero. In relazione a tale cessione, nel richiamato documento si legge: “… la scrivente è del parere che la circostanza che i predetti fabbricati ricadano in un Piano di recupero da cui, come è noto, discende la possibilità di sviluppare, in termini di incremento, le cubature esistenti, fa sì che oggetto della compravendita non possano essere più considerati i fabbricati, oramai privi di effettivo valore economico, ma, diversamente, l’area su cui gli stessi insistono, riqualificata in relazione alla potenzialità edificatorie in corso di definizione.”

Sul punto l’Agenzia evidenzia che l’acquirente, in realtà, non era interessato ad acquistare il manufatto che sorge sul terreno, ma piuttosto il terreno stesso e la sua capacità di edificare; come a dire che oggetto della cessione materiale non era un fabbricato, ma il diritto a costruire che tale fabbricato comprende in sé, aspetto che era chiaro alla parti, quindi la destinazione del bene da parte dell’acquirente era ben nota anche al cedente. Si legge infatti in tale documento: “… è significativa la circostanza che lo schema di convenzione predisposto ha già stabilito le cubature ammesse in relazione alle varie tipologie di edifici realizzabili (residenziali, produttivi e destinati ad uffici e commercio).”

Qual è il vantaggio (pro fisco) da tale diversa qualificazione? Mentre la cessione di un fabbricato per il quale il cedente vanta un possesso ultraquinquennale beneficia di una detassazione dalla plusvalenza realizzata (che risulta quindi irrilevante dal punto di vista fiscale), quando viene ceduta un’area edificabile si realizza sempre una plusvalenza imponibile (seppure con la possibilità di beneficiare della tassazione separata ex art. 17 TUIR).

Il parere contrario della Cassazione

La tesi proposta dall’Agenzia è stata criticata (evidentemente) sotto numerosi profili; questo non solo perché la tesi adottata è particolarmente negativa, in termini di ricadute fiscali, per il contribuente (visto il prelievo a cui sarebbe assoggettato chi cede i fabbricati), ma anche e soprattutto perché tale posizione risulta particolarmente lontana alla disciplina normativa e ancor di più alla realtà fattuale. Seppure l’intento di chi acquista è quello di entrare in possesso di un immobile che gli consente di effettuare determinati interventi, non è certo possibile fare un “processo alle intenzioni”: a nulla può rilevare quale sia la reale utilità che si può ritrarre dal bene, ma occorre valutare che cosa si sta cedendo. E, se non sono ancora iniziati lavori di riqualificazione dell’immobile, quello che si sta cedendo è incontrovertibilmente un fabbricato e, come tale, deve essere trattato anche sotto il profilo tributario.

Peraltro la stessa Agenzia si era nei fatti “auto-sconfessata” (si veda la risposta 1.2 della CM 28/E/11), visto che ai fini IVA, lo stesso immobile, deve essere qualificato come fabbricato e non come area fabbricabile, quindi con applicazione dell’esenzione o, optando per l’imponibilità, utilizzando l’inversione contabile. Pareva davvero balzano che lo stesso identico immobile potesse essere fabbricato ai fini IVA e area fabbricabile ai fini della determinazione dei redditi diversi.

Le cose sono state (auspichiamo) risolte dalla Cassazione nella richiamata sentenza 4150/14: “Come risulta, invero, evidente dalla stessa lettera del citato art. 81 (ora 67) e dall’art. 16 (ora 17), comma 1, lett. g-bis TUIR, sono soggette a tassazione separata, quali “redditi diversi”, le “plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”; di conseguenza, non possono rientrare tra le stesse le cessioni aventi ad oggetto non un terreno “suscettibile di utilizzazione edificatoria” ma un terreno sul quale insorge un fabbricato, e che quindi è da ritenersi già edificato.”

Pare una posizione del tutto eloquente: se sul terreno sorge un fabbricato, la cessione andrà trattata come un fabbricato, anche se chi acquista è interessato al terreno sottostante e alle corrispondenti possibilità di edificazione. Posizione che di fatto apprezza le numerose critiche che, nel corso del tempo, sono state proposte dalla dottrina.

In conclusione si ricordi che l’Agenzia, nella RM 395/E/08, avendo qualificato l’immobile come area fabbricabile, la ammetteva alla rideterminazione del valore per le aree edificabili (ammissibile anche oggi in forza della L. 147/13); aderendo alla tesi della Cassazione, ridefinendo tali immobile quale fabbricato, è evidente che la rideterminazione non sarebbe possibile. Peraltro, poiché in molte situazioni la cessione del fabbricato non risulta imponibile, essa non servirebbe comunque a nulla.