29 Agosto 2015

Difficoltà anche per il computo dei termini del ricorso

di Comitato di redazione
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Al rientro dalle vacanze si è soliti, negli studi, riprendere le “redini” delle pratiche sospese, al fine di programmare al meglio l’agenda delle scadenze; tra queste, vi potrebbero essere dei ricorsi da predisporre.

Su tale versante, l’anno 2015 è caratterizzato almeno da due evidenti novità:

  1. la prima applicazione della sospensione feriale “accorciata”, corrispondente al periodo dal 1° al 31 agosto, anziché dal 1° agosto al 15 settembre;
  2. la presa di posizione della Cassazione sul tema della cumulabilità tra la predetta sospensione feriale ed il maggior termine di 90 giorni concesso al contribuente nel caso di attivazione dell’accertamento con adesione.

In merito alla prima questione non vi sono grandi problemi da segnalare, se non l’obbligo di aggiornare le varie tabelle ed i vari prontuari che ciascuno utilizza, al fine di non scivolare sulla classica buccia di banana (la tardività determinerebbe il consolidamento della pretesa fiscale, con un innegabile risvolto negativo dal lato professionale).

In relazione alla seconda questione, invece, ci pare necessaria una ulteriore riflessione, proprio perché si sono recentemente succeduti accadimenti che rischiano di poter mutare radicalmente le abitudini consolidate.

Premettiamo: il tutto nasce da una ordinanza della Cassazione (che sostiene la non cumulabilità dei due periodi) che pare non essere condivisa dall’amministrazione finanziaria, quindi ci troviamo dinnanzi ad una situazione di buio completo.

Entriamo ora nel dettaglio. Nella Ordinanza 11632 del 05-06-2015 si afferma che:

  • come affermato da Cassazione n. 16347 del 2013, “la non cumulabilità è coerente alla non cumulabilità della sospensione dei termini feriali con quelli di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 16, affermata da Cass. 28.6.2007, n. 14898 e 11.3.2010, n. 5924.”- cfr. Cass. n. 10741/2014; 16877/2014, Cass. n. 16876/2014; Cass. n. 23576/2012;
  • “la giurisprudenza di questa Corte è nel senso di ritenere inapplicabile la sospensione dei termini per il periodo feriale ai procedimenti non giurisdizionali. In questa direzione, superando l’orientamento espresso da Cass. n. 2682/2011, si è ormai stabilmente affermato che la sospensione del termine per l’impugnazione degli atti d’imposizione tributaria prevista dall’art. 6, comma 3 del D.Lgs. n. 218 del 1997 è volta a garantire un concreto spatium deliberandi in vista dell’accertamento con adesione (il cui esperimento resta, appunto, consentito) e va riferita al relativo procedimento, che ha natura amministrativa (cfr. Cass. n. 28051 del 2009)…;
  • facendo applicazione al caso di specie di siffatti principi generali,  idonei a superare il diverso avviso espresso dalla prassi amministrativa – risoluzione del Ministero delle Finanze 11.11.1999 n. 159/E- nessun errore in diritto risulta avere commesso la CTR che ha correttamente ritenuto di non applicare la sospensione del periodo feriale al termine di 90 giorni relativo all’accertamento con adesione- intervenuto dopo 54 giorni dalla notifica dell’atto di accertamento-, poi concludendo che il termine per la proposizione dell’appello pure computando la sospensione feriale (46 giorni) per il residuo del termine di 60 dalla notifica dell’atto di accertamento (pari a 4 giorni)- era ormai decorso all’epoca della proposizione dell’impugnazione- sia essa avvenuta il 10.10.2009- come ritenuto dalla parte ricorrente (pag. 8 ricorso) ovvero il 10.11.2009 come indicato in sentenza”.

Insomma, con estrema nonchalance si afferma che quanto manifestato dal Ministero con prassi ufficiale sin dal 1999 risulta errato e, quindi, da rivedere.

Stante la evidente delicatezza della questione, è stata subito presentata una interrogazione parlamentare (n. 5-06008 del 9.7.2015) alla quale è stata fornita la seguente risposta:

  • la ratio sottesa all’orientamento amministrativo e giurisprudenziale volto a riconoscere la cumulabilità dei predetti termini si rinviene nell’opportunità di offrire al contribuente la possibilità di verificare la convenienza o meno di aderire alla proposta dell’ufficio;
  • le previsioni normative di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 6 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 sono da interpretare in combinato disposto con l’articolo 1 della legge n. 742 del 1969; infatti, la prima delle due disposizioni, richiamando espressamente «i termini per le impugnazioni» contiene un rinvio implicito alla sospensione feriale poiché i termini processuali, quelli il cui decorso è sospeso nel periodo dal 1° al 31 agosto, sono sospesi per 90 giorni in caso di presentazione di istanza di accertamento con adesione;
  • i giudici di legittimità, con la predetta ordinanza, negano invece la cumulabilità dei due termini non ritenendo applicabile il periodo di sospensione feriale ai procedimenti non aventi natura giurisdizionale, ma meramente amministrativa, quale si configura l’accertamento con adesione;
  • la richiamata ordinanza, lungi dal rappresentare un orientamento consolidato è l’unica pronuncia della Corte che ha disconosciuto la cumulabilità delle due sospensioni dei termini;
  • viceversa l’orientamento favorevole ha trovato ancora una volta conferma in due recenti pronunce del medesimo Collegio (sentenze della Corte di cassazione n. 10360/2015 e n. 11403/2015), le quali, pur non affrontando direttamente la questione controversa, presuppongono l’adesione alla tesi della cumulabilità;
  • una lettura della normativa in esame in linea con quella presente nella richiamata ordinanza n. 11632 del 2015, infatti, comporterebbe necessariamente una anticipazione nella tempistica della riscossione nei confronti dei contribuenti.

Se era chiara la posizione della Cassazione, altrettanto chiara sembra essere quella della amministrazione finanziaria. I Giudici hanno preso un granchio colossale e la ordinanza risulta una pronuncia isolata alla quale non deve essere dato peso, poiché in altre occasioni (anche recenti) è stato affermato esattamente il contrario.

Il contribuente fiducioso delle istituzioni, allora, potrebbe essere spinto a mantenere inalterato il proprio comportamento, magari maledicendo i minuti spesi nella lettura del presente articolo.

Lo invitiamo, invece, a svolgere una ulteriore riflessione. Cosa potrebbe accadere ove l’Ufficio, nelle proprie difese, sollevasse l’eccezione di tardività del ricorso, invocando il parere della ordinanza in commento?

Sarebbe sufficiente difendersi richiamando il testo della interrogazione parlamentare?

A tutti pare evidente che la risposta sia negativa, anche perché il documento chiude segnalando che si potrà intervenire nell’ambito del decreto legislativo sul contenzioso e sugli interpelli, in via di approvazione nell’ambito del più ampio disegno della legge delega (una norma di interpretazione autentica?).

Ma, verrebbe da dire, se l’intervento non fosse attuato e, disgraziatamente, si consolidasse un orientamento analogo a quello da ultimo manifestato, quali sarebbero lo conseguenze?

La risposta anche stavolta è evidente: nel dubbio non può che assumersi un atteggiamento di assoluta cautela, riscontrando – una volta di più – come non vi sia il coraggio di prendere posizioni definite e granitiche.

E, nello specifico, chi ne fa le spese è il contribuente oggetto di pronuncia assieme al proprio difensore, entrambi convinti di avere presentato un ricorso tempestivo ed invece irrimediabilmente dichiarati tardivi.

Aumentiamo, allora, la collezione di stranezze del nostro sistema tributario; ognuno può dire la sua, visto che si è già affermato, non molto tempo or sono, che non erano deducibili i compensi agli amministratori!