8 Marzo 2023

Transfer price: onere della prova nella scelta del metodo più appropriato

di Marco Bargagli
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La scheda di FISCOPRATICO

Il “transfer pricing” costituisce, nel panorama tributario internazionale, un tema di centrale importanza per tutte le imprese che operano con il mercato estero, scambiando beni e servizi con una o più imprese controllate.

La normativa di riferimento si articola sulla base di una duplice direttrice:

  • a livello domestico, avuto riguardo alle disposizioni previste dall’articolo 110, comma 7, Tuir a norma del quale: “I componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili se ne deriva un aumento del reddito. La medesima disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito, secondo le modalità e alle condizioni di cui all’articolo 31-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600”;
  • a livello internazionale, facendo riferimento alle regole operative e i correlati principi giuridici contenuti nelle linee guida OCSE “OECD Transfer Pricing Guidelines for Multinational Enterprises and Tax Administrations”, che fondano la corretta determinazione dei prezzi di trasferimento infragruppo sulla base del noto “principio di libera concorrenza” (d. arm’slength principle), sancito dall’articolo 9, paragrafo 1, del modello Ocse di convenzione internazionale contro le doppie imposizioni sui redditi.

In buona sostanza, con il precipuo scopo di arginare insidiose manovre di pianificazione fiscale aggressiva, quando due o più imprese tra loro indipendenti pongono in essere tra di loro transazioni commerciali ad ampio respiro internazionale, le relative condizioni economiche e finanziarie devono essere determinate sulla scorta delle normali condizioni economiche praticate sul libero mercato.

In materia di prezzi di trasferimento infragruppo e, in particolare, circa la scelta del metodo più appropriato che consente di individuare la congruità dei valori di cessione praticati nello scambio di beni o servizi, è recentemente intervenuta la suprema Corte di cassazione, con la sentenza n. 26695 pubblicata il 12 settembre 2022, che ha tracciato importanti principi di diritto anche in relazione alla rilevanza del metodo “TNMM – Transactional Net Margin Method”.

L’Agenzia delle entrate, con la circolare 32/1980, in passato aveva suggerito l’utilizzazione del metodo CUP, in luogo del meno affidabile metodo TNMM “poco consigliabile per la sua notevole approssimazione e per la sua arbitrarietà“.

Tuttavia, attualmente non esiste più una rigida gerarchia tra i vari metodi, ma occorre utilizzare il metodo ritenuto più appropriato alle circostanze del caso (c.d. M.A.M. “Most Appropriate Method”).

Infatti, in linea con le raccomandazioni internazionali:

  • la selezione di un metodo per la determinazione dei prezzi di trasferimento si pone sempre l’obiettivo di trovare quello più appropriato al caso particolare, ragion per cui nel predetto processo di selezione andranno presi in considerazione i rispettivi vantaggi e svantaggi dei metodi riconosciuti dall’OCSE;
  • i metodi tradizionali basati sulla transazione sono considerati lo strumento più diretto per stabilire se le condizioni nelle relazioni commerciali e finanziarie fra imprese associate siano fondate sul principio di libera concorrenza;
  • esistono situazioni in cui i metodi basati sull’utile delle transazioni sono considerati più appropriati rispetto ai metodi tradizionali basati sulla transazione: in particolare, nei casi in cui ognuna delle parti associate apporti contributi unici e di rilevante valore alla transazione o qualora le parti associate svolgano attività altamente integrate, il metodo di ripartizione dell’utile risulta più appropriato rispetto a un metodo unilaterale.

Gli ermellini hanno chiarito che le disposizioni in tema di prezzi di trasferimento infragruppo costituiscono una clausola antielusiva finalizzata ad evitare spostamenti di materia imponibile dall’Italia a favore di tassazioni estere inferiori e che, conseguentemente, l’Amministrazione finanziaria è tenuta a provare i presupposti dell’elusione.

Sulla base di un consolidato approccio giurisprudenziale (cfr. ex multis Corte di cassazione, sentenza n. 15668/2022), i giudici di Piazza Cavour hanno sottolineato che, con specifico riferimento al Transactional Net Margin Method o TNMM, previsto dalle linee guida OCSE, «in tema di determinazione del reddito di impresa, la disciplina di cui all’art. 110, comma 7, del D.P.R. n. 917 del 1986, finalizzata alla repressione del fenomeno economico del “transfer pricing”, cioè dello spostamento dell’imponibile fiscale in seguito ad operazioni tra società appartenenti al medesimo gruppo e soggette a normative nazionali differenti, impone la determinazione dei prezzi ponderati di trasferimento per operazioni similari poste in essere da imprese concorrenti sul mercato, al cui fine è possibile utilizzare il metodo elaborato dall’Ocse che si basa sulla determinazione del margine netto della transazione (cd. “TNMM”)».

Tuttavia, scegliendo il metodo TNMM, occorrerà rispettare le condizioni di seguito indicate:

  • corretta selezione del periodo di indagine;
  • identificazione delle società comparabili;
  • operare appropriate rettifiche contabili al bilancio della parte testata;
  • tenere in debito conto le differenze tra la parte testata e le società comparabili in termini di rischi assunti o di funzioni svolte;
  • assumere, infine, un indicatore affidabile del livello di profitto di redditività, quale ad esempio il ROS (Return On Sales), il ROTC (Return On Total Cost)