23 Gennaio 2024

Scissione parziale proporzionale e abuso del diritto

di Luigi Ferrajoli
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La scheda di FISCOPRATICO

Con la risposta n. 456/2023, resa a seguito di interpello antielusivo ex articolo 11, comma 1, lett. c), L. 212/2000, l’Agenzia delle entrate ha affermato la natura elusiva di un operazione di scissione parziale proporzionale seguita da una trasformazione agevolata della società beneficiaria in società semplice (L. 197/2022), finalizzata alla cessione di un complesso immobiliare, in quanto la ratio delle disposizioni agevolative, in materia di trasformazione in società semplice, è quella di consentire l’estromissione dei beni dal regime d’impresa, riducendo il corrispondente carico fiscale attraverso, da un lato, la scelta del valore da attribuire ai beni da estromettere ai fini del calcolo della relativa plusvalenza, e, dall’altro, l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Ires e dell’Irap. Tale ratio, secondo l’Agenzia delle entrate, non ammette che tali disposizioni agevolative siano sfruttate per assicurare ai soci della società, i cui beni immobili sono estromessi dal regime di impresa, la percezione di proventi (plusvalenze immobiliari) derivanti dalla cessione a terzi dei predetti beni sostanzialmente azzerando la relativa imposizione.

Il caso esaminato è quello di una società che intende realizzare una serie di operazioni volte a massimizzare i benefici fruibili grazie alla trasformazione agevolata (ex articolo 1, commi 100-105, L. 197/2022) per procedere alla cessione di un complesso immobiliare di sua proprietà.

In particolare, la società interpellante specifica di voler porre in essere le seguenti operazioni:

  1. costituire una newco di gestione immobiliare tramite una prima scissione parziale proporzionale con attribuzione alla stessa del complesso immobiliare da cedere;
  2. trasformare la newco beneficiaria in società semplice avvalendosi delle agevolazioni previste dall’articolo 1, commi da 100 a 105, L. 197/2022, compresa quella che consente di determinare il valore normale in misura pari a quello risultante dall’applicazione alle rendite catastali, rivalutate dei moltiplicatori previsti in materia di imposta di registro;
  3. in esito alla trasformazione in società semplice, cedere gli immobili a terzi senza tassare alcun plusvalore in quanto detenuti da più di 5 anni;
  4. attribuire ai soci, in proporzione alle rispettive partecipazioni al capitale, l’utile conseguito dalla cessione del complesso immobiliare senza tassazione trattandosi di reddito esente (risposta a interpello n. 691/2021);
  5. e infine sciogliere la società.

L’Agenzia delle entrate boccia la soluzione proposta in quanto le scelte, apprezzate nel loro concatenarsi, sarebbero “volte null’altro che a sfruttare i regimi fiscali loro propri al fine di far conseguire direttamente ai soci dell’istante un vantaggio fiscale contrario alle norme agevolative invocate nei termini sopra detti”.

La posizione dell’Agenzia viene motivata citando un parere del Comitato antielusivo (il n. 21 del 7 settembre 1999) e operando un parallelismo sul piano degli effetti agevolativi tra il caso esaminato e le altre forme di estromissione agevolata dei beni ai soci previste dalla legge, che non consentirebbero lo stesso effetto di defiscalizzazione. Nell’assegnazione e nella cessione agevolata, infatti, per l’Agenzia delle entrate, l’effetto fiscale della detassazione del plusvalore latente nel caso di trasferimento dell’immobile al socio e successiva cessione da parte dello stesso (risoluzione n. 93/E/2016), presupporrebbe l’assoggettamento ad imposta sostituiva dell’8% del reddito latente sull’immobile.

Nel caso sottoposto, invece, la detassazione del reddito avverrebbe grazie alla combinazione delle operazioni descritte nell’interpello con l’effetto finale di non tassare (indebitamente secondo l’Agenzia) alcun reddito né in capo alla società, soprattutto – e sembra questo l’aspetto maggiormente critico – in capo ai soci, in quanto “laddove fosse ammessa una combinazione di negozi collegati alla trasformazione agevolata simile a quella descritta nell’istanza in esame, le altre forme di estromissione agevolata dei beni d’impresa previste dal legislatore – cessione ai soci e assegnazione agli stessi – sarebbero inutilmente percorribili in quanto il risultato fiscale risulterebbe non paragonabile al “risparmio” ottenibile da una trasformazione collegata ad altre operazioni nei termini descritti nell’istanza”.

L’Amministrazione finanziaria ha in passato chiarito che, ferma restando la necessaria sussistenza delle condizioni di accesso alle operazioni agevolate previste dalla legge, il fatto che la società si attivi per fare in modo che tali presupposti siano esistenti alla data di effettuazione dell’operazione non è di ostacolo alla fruibilità dell’agevolazione. Né può intendersi tale pratica volta ad abusare degli effetti della disciplina agevolativa. Paradigmatico, tra gli altri, è il caso trattato nella risoluzione n. 101/E/2016 in tema proprio di scissione parziale finalizzata a fruire della disciplina attinente la trasformazione agevolata in società semplice, laddove l’Agenzia ha ritenuto tale scelta in linea con la ratio della norma agevolativa volta ad offrire ai contribuenti l’opportunità di estromettere dal regime di impresa – a condizioni fiscali meno onerose di quelle ordinariamente previste –immobili per i quali allo stato attuale non sussistono condizioni di impiego mediamente profittevoli.

Va, però, sottolineato come appare fuorviante sindacare la presenza di un potenziale abuso mettendo a confronto il risparmio fiscale ottenibile dalle diverse operazioni agevolate fruibili, anche se per il tramite di previ passaggi preparatori, considerando inoltre che il caso trattato, nelle sue articolazioni, sfiora situazioni pratiche, molto diffuse nell’ambito delle operazioni di trasformazione agevolata.