24 Febbraio 2016

Ritenute estere subite su servizi di assistenza tecnica

di Pietro Vitale
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Facendo riferimento ad un precedente intervento pubblicato su Euroconference news, si ritiene ora doveroso completare il tema, esponendo la problematica che spesso si incontra quando un cliente, residente in uno Stato con cui l’Italia ha concluso una Convenzione contro le doppie imposizioni ed a cui sono resi servizi di assistenza tecnica, voglia a tutti i costi applicarvi una ritenuta (WHT).

In premessa occorre ricordare che le Convenzioni prevalgono sulla norma interna italiana ma anche tipicamente su quella estera; pertanto assume rilevanza quanto disposto nella Convenzione così come interpretata dal commentario al modello di convenzione OCSE nella sua ultima versione del luglio 2014. Espressione di tale principio in Italia è l’art. 169 del TUIR secondo cui “Le disposizioni del presente testo unico si applicano, se più favorevoli al contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro la doppia imposizione”.

La Convenzione dal canto suo contiene norme cosiddette distributive della potestà impositiva come riconosciuto da larga parte delle sentenze della Cassazione in materia internazionale. Tali norme delimitano (“rules of limitation of law”) l’esercizio dell’attività legislativa degli Stati contraenti nella fissazione degli elementi di collegamento con il proprio territorio. Esse determinano, cioè, i criteri in base ai quali è riconosciuta la competenza legislativa dei due Stati contraenti.

È da escludere che le norme convenzionali possano introdurre presupposti d’imposta sconosciuti agli ordinamenti interni ovvero modificare o ampliare l’estensione come pure tali norme interne devono muoversi all’interno dei confini disegnati dalle Convenzioni.

La fonte del potere impositivo dello Stato della fonte non deve essere ricercata nella convenzione, ma nell’ordinamento di tale Stato … La norma convenzionale ha soltanto, quindi, una funzione limitativa rispetto all’esercizio della potestà impositiva sulla base della normativa interna” (Cass., sez. trib., 21 febbraio 2005, n. 3414).

La giurisprudenza appena riportata nega all’Italia il diritto di tassare (anche mediante semplice ritenuta in assenza di stabile organizzazione) i compensi per servizi di assistenza tecnica resi da un residente di uno Stato con cui l’Italia ha concluso una Convenzione che espressamente limita la potestà impositiva dello stato della fonte (ie. vieta l’applicazione della ritenuta).

I concetti sopra esposti dovrebbero valere non soltanto in Italia bensì anche negli Stati con cui l’Italia ha concluso una Convenzione che, in quanto accordo tra due Stati, non può che essere rispettato da entrambi gli Stati.

Pertanto, anche in tali Stati dovrebbe esistere una giurisprudenza che afferma gli stessi concetti di quella italiana sopra riportata, pena la violazione degli accordi internazionali (pacta sunt servanda).

Nelle Convenzioni stipulate secondo il modello OCSE, non è in genere ammesso tassare nello Stato della fonte i servizi di pura  assistenza tecnica in quanto, come chiarito dallo stesso commentario al modello di convenzione Ocse, la pura assistenza tecnica (11.4 payments for pure technical assistance) non rientra nel novero dell’art. 12 (che si ricorda tipicamente riguarda le royalties sempre soggette a ritenuta nello stato della fonte seppur in misura calmierata dal trattato) bensì in quello dell’art. 7 che riguarda, invece, i cd “business profits ossia i redditi di impresa per i quali il trattato non prevede alcuna ritenuta da parte del soggetto pagatore. Qualora pertanto la controparte estera volesse applicare la ritenuta occorrerebbe cercare di spiegargli che essa sarebbe indebita e che, qualora applicata, la società italiana non potrebbe né scomputarla dall’Ires/Irpef né dedurla come costo d’impresa (Circ. n.9/E/2015). Infatti, in presenza di una Convenzione che permette di non subire la ritenuta, lo Stato italiano non può concedere né lo scomputo né la deducibilità della stessa avendo il contribuente gli strumenti (ie. la Convenzione) per poter pretendere dalla controparte la non applicazione della ritenuta.

Nell’ipotesi in cui la controparte voglia comunque applicarci una ritenuta, non resta che chiederne il rimborso allo Stato estero (e non a quello italiano tramite il meccanismo del credito per imposte estere di cui all’art. 165 TUIR, meccanismo che non può farsi carico del mancato rispetto delle Convenzione da parte di alcuni Stati/clienti).

Si rammenta che alcune Convenzioni come ad esempio quella con l’India (all’art. 13) e con il Brasile (nel protocollo) assimilano l’assistenza tecnica alle royalties con la conseguenza che in tali casi la Convenzione potrà solo limitare e mai escludere la ritenuta che il cliente indiano/brasiliano vorrà applicarci. Ciò, tuttavia, rende lecito in Italia lo scomputo della ritenuta, ma solo nei limiti della misura convenzionale e per la sola parte dell’imponibile che sia ad arm’s lenght (ie. a valore normale).

I sopra riportati principi devono, comunque, di volta in volta essere verificati a seconda della Convezione.