28 Febbraio 2024

Requisiti per l’esenzione Iva delle prestazioni delle fattorie didattiche

di Luigi Scappini
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La scheda di FISCOPRATICO

Per effetto di quanto previsto dall’articolo 2135, cod. civ., l’imprenditore agricolo, oltre alle attività qualificanti, può svolgere anche le cosiddette attività connesse, ovverosia un insieme di attività che, per natura sono commerciali, ma che, al rispetto di determinati requisiti, si considerano connesse a quelle agricole, permettendo in questo modo all’imprenditore agricolo di poterle esercitare senza perdere la propria natura.

Per essere definita connessa, l’attività deve essere svolta, prima di tutto, da imprenditori agricoli, ovvero da soggetti che esercitano almeno una tra le attività agricole ex se, individuate al comma 1, dell’articolo 2135, cod. civ., ossia la coltivazione del fondo, la selvicoltura e l’allevamento di animali. Inoltre, l’attività connessa deve essere coerente con quella “principale” esercitata e deve essere effettuata nel rispetto della prevalenza di utilizzo di prodotti o elementi dell’azienda agricola.

Tali attività si differenziano tra quelle tipizzate, ovverosia espressamente individuate dal comma 3, dell’articolo 2135, cod. civ. e non tipizzate, consistenti queste ultime in un insieme di attività che vengono qualificate “connesse”, per effetto di normativa secondaria; infatti, per effetto della Riforma del 2001, le attività connesse rappresentano una categoria aperta.

Le attività connesse cosiddette tipizzate, a loro volta, possono suddividersi tra connesse di prodotto e di azienda.

Le prime (attività connesse di prodotto) consistono in quelle attività che utilizzano principalmente i prodotti ottenuti dall’esercizio dell’attività agricola principale qualificante l’imprenditore agricolo, individuate nella manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione e commercializzazione.

Le seconde (attività connesse di azienda) consistono, invece, nella fornitura di beni o servizi, mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.

Tra di esse vi è anche l’attività agrituristica che trova una propria regolamentazione nella L. 96/2006 (c.d. Legge quadro”) che si pone quale obiettivo quello di sostenere l’agricoltura, anche per mezzo della promozione di forme turistiche che promuovano, tra l’altro, la cultura rurale e l’educazione rurale.

In particolare, l’articolo 2, comma 3, L. 96/2006, prevede che rientrano nel concetto di attività agrituristica, tra le altre, quelle aventi ad oggetto, l’organizzazione di degustazioni di prodotti aziendali, ivi inclusa la mescita di vini, a cui si applica la L. 268/1999, ovvero di attività ricreative, culturali, didattiche, di pratica sportiva, anche all’esterno dei beni fondiari nella disponibilità dell’impresa, nonché di escursioni e di ippoturismo, anche per mezzo di convenzioni con gli enti locali, finalizzate alla valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale.

Ne deriva, ad esempio, che la mera attività di maneggio non potrà mai essere considerata quale attività connessa agricola in assenza di un’attività consistente nell’allevamento di cavalli, secondo i parametri individuati dal comma 2, dell’articolo 2135, cod. civ. e, quindi, in assenza di un’attività diretta alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso.

Ma tornando alle attività esercitabili nel contesto dell’agriturismo, queste sono consistenti nell’organizzazione di attività a carattere ricreativo, didattico e culturale che sfociano nell’esercizio delle cosiddette fattorie didattiche.

A tal fine, per essere riconosciute come tali, si rende necessaria l’iscrizione in appositi albi regionali e, per quanto riguarda gli aspetti burocratici, dovrà essere aggiunto alla partita Iva dell’imprenditore agricolo il codice Ateco 85.59.90altri servizi di istruzione”.

Dando per scontato che si rende necessario l’esercizio dell’attività nel rispetto del parametro della prevalenza, qualche considerazione deve essere svolta per quanto riguarda i profili fiscali; infatti, il reddito prodotto attraverso le fattorie didattiche, è un reddito di impresa da far concorrere a tassazione in via forfettaria, applicando il coefficiente di redditività previsto dall’articolo 56-bis, comma 3, Tuir, in misura pari al 25%, non essendo applicabile la disciplina prevista dall’articolo 5, L. 413/1991.

Per quanto riguarda l’Iva, le prestazioni rientreranno nel perimetro applicativo dell’articolo 34-bis, D.P.R. 633/1972, che prevede, sulla falsariga di quanto previsto anche per l’agriturismo, una detrazione forfettizzata in misura pari al 50%, ferma restando la possibilità di optare per le regole ordinarie.

I servizi prestati nell’ambito della fattoria didattica, come chiarito con la risoluzione n. 53/E/2007, nel caso in cui siano effettuati in modo tale che rientrino in un programma didattico statale o regionale (e all’ulteriore condizione che la fattoria agricola risulti iscritta nel relativo albo regionale) sono esenti da Iva, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 10, n. 20, D.P.R. 633/1972.