19 Settembre 2014

Raddoppio dei termini: è necessario accertare l’esistenza della violazione

di Giancarlo Falco
Scarica in PDF

La

CTR Lombardia con la sentenza n. 3730 del 8.07.14, ha sancito che “ai fini della verifica della legittimità dell’utilizzo del maggior termine, debba essere accertata l’esistenza dell’obbligo di denuncia penale da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio”.
Come noto, a fini di certezza del diritto e di effettività della tutela del contribuente, il legislatore impone all’amministrazione finanziaria, per la notifica degli accertamenti tributari, precisi termini decadenziali entro cui deve, obbligatoriamente, compiersi l’attività degli enti accertatori.
La relativa disciplina, contenuta nel d.P.R. n. 600/73, art. 43, dispone, in particolare, che la notifica degli atti tributari relativa ad un determinato periodo di imposta avvenga, a pena di decadenza, entro e non oltre il 31 dicembre del quarto ovvero del quinto anno successivo – a seconda della tipologia di violazione contestata – al periodo di imposta accertato.
Tuttavia, al terzo comma dello stesso art. 43 si prevede una specifica deroga alla disciplina generale. Difatti, “in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione”.
In altre parole, laddove la contestata violazione costituisca o possa costituire un fatto di reato penalmente rilevante e per il quale il legislatore abbia previsto l’obbligo di denuncia di cui all’art. 331 c.p.p., i termini per la notifica dell’accertamento raddoppiano attestandosi relativamente ad otto e dieci anni a seconda del tipo di violazione commessa.
Posta la ratio della deroga in parola, è chiaro, comunque, che i termini lunghi di cui al terzo comma del citato art. 43 non operano discrezionalmente per l’amministrazione procedente, nel senso che questa non può, una volta spirato il termine ordinario, usare a proprio vantaggio il raddoppio di detti termini per notificare accertamenti per i quali è incorsa in decadenza.
Piuttosto, tali termini allungati operano in presenza di una speciale condizione obiettiva, l’esistenza dell’obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.p.
Ne risulta, per conseguenza e come del resto confermato dalla più recente giurisprudenza, che è illegittimo l’accertamento notificato oltre i termini quando non è chiaramente ipotizzabile la sussistenza dell’obbligo di denuncia, costituendo la denuncia stessa il presupposto del raddoppio di detti termini.
Nel caso di specie, al contribuente veniva notificato un accertamento relativo ad un presunto incasso di utili extra bilancio derivanti da una precedente contestazione mossa nei confronti di una Srl a ristretta base societaria di cui risultava socio.
La sentenza di primo grado (CTP Varese n. 104/5/13) rigettava il ricorso sorvolando sulla questione pregiudiziale relativa alla tempestività dell’accertamento.
Il contribuente, allora, proponeva appello avverso la suddetta sentenza, eccependo l’uso pretestuoso e strumentale dell’istituto del raddoppio dei termini di cui all’art. 43 del
d.P.R. n. 600/73, dal momento che la contestazione dell’Ufficio consisteva unicamente nel disconoscimento di un credito di imposta acquisito dalla società.
Per i giudici della regionale non basta la mera indicazione nell’atto di accertamento
dell’inoltro o del futuro inoltro della notizia di reato alla Procura della Repubblica”, bensì è necessario che tale atto impositivo contempli “l’esistenza dell’obbligo di denuncia, cioè l’emersione di fatti illeciti che integrino un reato, commessi dal soggetto. Il reato tributario, cioè, deve risultare ipotizzabile sia nei suoi elementi oggettivi che soggettivi, essendo di tutta evidenza che la mancanza di uno di tali elementi comporterebbe l’illegittimità del raddoppio dei termini accertativi e l’utilizzo improprio della norma da parte dell’ufficio”.
Pertanto, n
on basta che il fatto contestato al contribuente afferisca astrattamente ad una ipotesi di reato di cui al D.Lgs. n. 74/00, bensì è necessario che l’amministrazione si sia prontamente attivata alla denuncia per una specifica violazione.
Il tutto al fine di evitare un uso pretestuoso e strumentale dei termini raddoppiati, così che il giudice tributario successivamente adito possa congruamente valutare la sussistenza delle condizioni legali previste per l’azione.