15 Giugno 2015

Pochi, maledetti e subito

di Michele D’Agnolo
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Uno dei problemi più assillanti per gli studi professionali è quello della liquidità. Ogni mese occorre reperire denaro sufficiente a pagare gli stipendi, le ritenute fiscali e previdenziali, i fornitori e quant’altro. A giugno e dicembre il gioco della tredicesima e della quattordicesima raddoppia gli importi, per non parlare dei mesi in cui si pagano le imposte. Farebbe piacere ogni tanto poter prelevare qualche acconto sugli utili, ma i titolari dello studio sono sempre gli ultimi in questo gioco mediante il quale lo stato drena tutta la liquidità mentre le imprese italiane si finanziano a costo zero.

Il vero microcredito, dunque, lo hanno fatto e lo stanno facendo gli studi professionali, nei confronti di clienti che pagano anche oltre un anno dopo l’emissione della notula, e chissà quanto tempo dopo l’effettiva conclusione della prestazione. Va sottolineato che questo servizio alla collettività non è mai stato messo sul tavolo di trattativa con chi vuole a tutti i costi le professioni aziendalizzate.

Il problema è che quasi sempre manca una analisi di solvibilità iniziale del cliente. Siamo così bulimici nei confronti dei nuovi clienti che non badiamo a ciò che ci buttiamo in pancia. Inoltre la nostra presunzione è che il cliente che non ha mai pagato un professionista prima di noi, con noi non si azzarderà a fare lo stesso.

È invece importantissimo evitare i clienti pluridivorziati. Un rapporto andato male non si nega a nessuno, ma quando un cliente ha cambiato una decina di professionisti probabilmente non ha trovato lui persone non adatte ma è lui ad avere qualche problema. È molto probabile che questo tipo di clientela faccia shopping di professionisti, cambiandoli ogni anno e trattando a stralcio sconti fino al 50% del valore delle prestazioni.

Un altro provvedimento saggio anche se difficile da mantenere con coerenza è quello di stabilire un limite di fido. C’è nel fido eccessivo anche un risvolto deontologico non di poco conto. Se siamo troppo creditori di un cliente, perdiamo la nostra indipendenza. Così come se siamo troppo debitori di un fornitore chiave. E il rischio concreto è che la prima cosa alimenti l’altra in un circolo vizioso senza fine.

Ancor oggi in molti casi gli studi professionali non fissano il compenso delle prestazioni prima di iniziare a lavorare. Con buona pace di Bersani, Monti e degli altri “lenzuolatori” che hanno cercato di spingere i professionisti a fare i preventivi anticipati. Fare preventivi è per molti di noi quasi contro natura, sia per gli imprevisti sempre in agguato, sia perché la cosa più importante per noi è risolvere il problema del cliente e non stare a cincischiare sugli euro. Però, è chiaro che il primo suggerimento per essere tempestivamente pagati e senza troppe storie è quello di stabilire anticipatamente, di comune accordo e in modo inequivocabile il costo della prestazione.

Ancora più di frequente, la consuntivazione delle prestazioni non è immediata e quindi il cliente non sente più il sinallagma tra quanto ricevuto e quanto dovuto. Essere pagati prima è molto più facile se si riesce a fatturare la dichiarazione quando si consegna il calcolo rispetto a fatturarla sei mesi dopo. Il problema è che abbiamo sempre troppo poche persone e queste devono scegliere se chiudere dichiarativi o fare fatture. La stagionalità dell’attività di molte professioni, (dicembre per i Notai, febbraio-marzo per i consulenti del lavoro e giugno per i commercialisti) e la carenza di risorse umane sono deleterie e portano alla sospensione per diversi mesi all’anno delle attività di emissione, trasmissione e, soprattutto, di recupero dei crediti. Di modo che un credito incagliato salta di essere presidiato per almeno un paio di mesi ogni anno, prolungando indefinitamente la situazione. 

Oggi gli studi che dedicano una risorsa specializzata al recupero crediti hanno meno problemi di liquidità rispetto agli altri. Spesso queste persone sono incentivate economicamente in percentuale sul recupero.

Quando il cliente contesta gli importi, spesso il tempo destinato ai colloqui e ai chiarimenti vale per il professionista più dello sconto che il cliente vorrebbe, con la conseguenza che converrebbe concedere la riduzione ma evitarsi il tempo delle riunioni. Sommando lucro cessante e danno emergente ci accorgiamo che abbiamo lavorato sottocosto in quanto il magro utile è stato abbattuto dalle spese di gestione del cliente e di esazione.

La fatturazione dovrebbe inoltre essere possibilmente spezzettata in più tranches di maggiore frequenza per poter pretendere piccoli importi durante tutto l’anno ed evitare l’affastellarsi di arretrati. Tenendo conto che questo aumenta il costo di esazione visto che l’iter di emissione di una fattura può costare fino ad una ventina di euro.

Un’altra cosa molto importante è avere una procedura di recupero che preveda varie fasi predeterminate e non legate alla previa approvazione del professionista. Sapere che a fronte di oggettivi ritardi si possono e debbono inviare senza indugio una serie di solleciti scritti di crescente aggressività e formalismo aiuta molto il personale dello studio a gestire le situazioni. È molto importante stabilire la stagionalità in cui andiamo a richiedere le somme, fasandola sui cicli delle attività dei clienti. È bene chiedere soldi ad una scuola in autunno, nel momento in cui sta raccogliendo le iscrizioni, non quando in primavera inoltrata le casse languono.

Anche il presidio continuo è diventato obbligatorio. Una volta, in azienda, esisteva lo scadenziario. I clienti ti pagavano in quanto avevano in agenda la data in cui le somme diventavano dovute. Addirittura c’erano clienti che telefonavano per chiedere come mai non avevamo ancora emesso la nostra notula, e ci si doveva schernire e scusare. Oggi il cliente che ti sollecita è una commovente mosca bianca, mentre lo scadenziario non esiste più, è solo una dimenticata funzione dei software contabili. In realtà si paga in base al lamento del fornitore, vengono saldati prima quelli che di più rompono le scatole.

Infine, occorrerebbe evitare di prestare nuove consulenze o prestazioni a quei clienti che sono morosi. Spesso però il personale di contatto non dispone né delle informazioni di recupero dei crediti, né dell’autorità per negare l’accesso a una nuova prestazione. E invece sarebbe bello avere a video i dati per poter immediatamente ricordare data importo e causale dei sospesi e invitare cortesemente il cliente a servirsi quanto prima del nostro IBAN. Prima vedere cammello, poi consigliare ulteriormente.

Stabilire come al pub il pagamento anticipato contro documenti è sicuramente una possibilità, almeno per quei professionisti che operano mediante una società di servizi. Si discute se si possa prevedere analoga modalità nel contratto d’opera professionale.

La sospensione delle prestazioni in corso è una possibilità, ma va gestita con grande cautela in quanto il nostro recesso deve avvenire senza causare danni al cliente. Inoltre in alcuni casi la sospensione delle prestazioni deve essere comunicata alle autorità competenti. Si pensi alla cessazione della tenuta del Libro unico del lavoro piuttosto che il deposito delle scritture contabili. Si rischia inoltre, sospendendo le attività, che il cliente ritorni tra qualche mese in bonis, versando gli arretrati, e intasi completamente lo studio con gli arretrati. Si rischia inoltre che continuino ad arrivare allo studio avvisi bonari e altri aggeggi, con mantenimento della relativa responsabilità. Non c’è davvero limite al peggio.

La ritenzione dei documenti è, invece, in linea di massima non consentita nell’ambito di un contratto d’opera professionale quando riguardi documenti di proprietà del cliente, proprio perché potrebbe danneggiarlo. Servirebbe un approfondimento per capire se tale diritto di proprietà possa essere contrattualmente modificato e si estenda anche ai documenti di lavoro dello studio, che a mia sommessa opinione non sono del cliente.

La cessazione del cliente dovrebbe essere, per lo studio, l’extrema ratio. Infatti quel cliente ci sparlerà dietro la schiena all’infinito non fosse altro per difendere la sua insolvenza nei confronti del prossimo. Inoltre, quasi certamente la separazione non ci porterà al recupero del credito. Con i pochi soldi a disposizione il cliente pagherà di preferenza il nuovo consulente e mai il professionista di prima. Spesso inoltre, la cessazione del cliente implica moltissimo lavoro organizzativo all’interno dello studio. Il completamento di pratiche arretrate, la confezione di tutta la documentazione di archivio che deve essere restituita seduta stante con tanto di distinte di consegna, la verifica che il materiale consegnato sia completo e privo di errori, sui quali il cliente cercherà di rivalersi, possono essere la ciliegina su una torta non proprio digeribile.