22 Febbraio 2017

Perizie di stima: l’importanza del chiaro “processo valutativo”

di Fabio Landuzzi
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Ogni processo di valutazione di un’azienda deve essenzialmente fondarsi su alcuni basilari presupposti:

  • la razionalità della “funzione del valore”;
  • la dimostrabilità dei dati utilizzati;
  • la chiarezza dell’esposizione delle semplificazioni, delle ipotesi e delle stime soggettive;
  • la verifica dell’impatto sul valore delle semplificazioni, ipotesi o stime alternative.

Il primo punto è domandarsi: che cos’è la “funzione del valore”?

Con questo termine si intende la relazione matematica che lega i dati di partenza al risultato finale, ossia al valore stimato per quel particolare asset che, nel nostro esempio, è l’azienda o un ramo di azienda.

Ecco allora che i metodi (o criteri) di valutazione non sono altro che differenti “funzioni del valore”: il perito sceglierà quelle funzioni – ossia quei criteri – che, nell’ambiente di riferimento e rispetto al caso specifico, si dimostrano per lui più affidabili.

La funzione del valore può quindi essere semplice, perché si compone di una mera somma algebrica: si pensi al caso dei metodi patrimoniali. Può però anche essere complessa, perché richiede passaggi tecnici e logici più articolati: si pensi ai metodi finanziari.

In ogni caso, ciò che è di fondamentale importanza è che la funzione del valore prescelta sia “razionale”, laddove la razionalità non va considerata in astratto, bensì rispetto alla applicabilità di quella funzione del valore (di quel criterio di valutazione) al caso specifico dell’azienda da valutare.

Il secondo presupposto che abbiamo menzionato è poi la “dimostrabilità” dei dati utilizzati per la valutazione. Il concetto è in sintesi il seguente: bisogna che il valutatore metta chi legge la relazione di valutazione nella condizione di poter recuperare in proprio gli stessi dati che sono citati dal valutatore, ovvero bisogna essere trasparenti riguardo a:

  • tipologia di dati utilizzati;
  • modalità di elaborazione degli stessi;
  • fonti di provenienza, interne o esterne all’azienda stessa.

È poi evidente che ogni valutazione difficilmente potrà basarsi solo su dati “certi”, bensì essa è frutto anche di semplificazioni, di ipotesi e di stime che il valutatore è chiamato a compiere per poter giungere al risultato finale. Perciò, anche rispetto a queste elucubrazioni del valutatore, la relazione di stima dovrà riportare le ragioni che le hanno rese necessarie, il processo adottato per definirle, l’impatto sul valore di decisioni alternative.

In altre parole, la relazione di stima deve consentire al lettore di poter ricostruire i modelli quantitativi utilizzati dal valutatore per l’applicazione della funzione del valore.

Normalmente, il processo valutativo si estrinseca perciò in tre fasi:

  • la fase preliminare e di raccolta delle informazioni;
  • la fase esecutiva, in cui il modello viene elaborato e sono svolte le simulazioni del caso;
  • la fase di sintesi, in cui si determina il valore e viene predisposta la relazione di stima.

La relazione di stima è perciò il risultato di sintesi di un processo che deve essere informato a questi criteri.

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Le perizie di stima e la valutazione d’azienda nelle operazioni straordinarie