22 Dicembre 2015

Per le Sezioni unite il contraddittorio non è sempre obbligatorio

di Davide David
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Ribaltando i pronostici le Sezioni unite della Corte di Cassazione hanno affermato, con la recente sentenza n. 24823/2015, che per le verifiche a tavolino il mancato contraddittorio preventivo non è causa di invalidità dell’atto di accertamento che ne consegue, almeno per quanto concerne i tributi non armonizzati.

Occorre ora valutare se è opportuno continuare comunque a muovere l’eccezione di illegittimità in sede di contenzioso (almeno per l’ambito IVA) e cosa fare per i contenziosi già in essere.

Come noto la questione verte sull’ambito di applicazione dell’articolo 12, comma 7, dello Statuto del contribuente (L. n. 212/2000), che così recita: “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori”.

A tale proposito le Sezioni unite hanno preliminarmente sostenuto che per i tributi non armonizzati (in particolare quelli diretti) non sussiste un generalizzato obbligo di contraddittorio nell’ambito della formazione dell’atto di accertamento.

Secondo il massimo consesso il mancato contraddittorio rileva sulla validità di un atto soltanto laddove esplicitamente previsto dalla disciplina che regola la formazione di quello specifico atto.

Per quanto invece attiene ai tributi armonizzati (in particolare l’IVA) le Sezioni unite riconoscono che l’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale assume un rilievo generalizzato (in diretta applicazione del diritto comunitario).

Tuttavia, per la Suprema corte anche in questo caso la violazione del suddetto obbligo comporta la nullità dell’atto di accertamento solo se in mancanza di tale irregolarità il procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso.

Per il caso specifico delle verifiche a tavolino le Sezioni unite partono con il sostenere che l’obbligo del contraddittorio implicitamente imposto dall’articolo 12, comma 7, della L. 212/2000, è riferibile ai soli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove è esercitata l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente.

La Corte trae il suo convincimento dal fatto che la rubrica dell’articolo 12 è intestata “Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali” e che il comma 1 dell’articolo 12 richiama esplicitamente gli “accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali”.

Per questo motivo, secondo le Sezioni unite, in ipotesi di verifiche a tavolino, in quanto non svolte nei locali del contribuente, non sussiste, per i tributi non armonizzati, un obbligo di contraddittorio endoprocedimentale e il suo mancato rispetto non ha quindi alcun rilievo sulla validità dell’atto di accertamento conseguente la verifica.

Molto sommessamente, a fronte delle conclusioni alle quali sono giunte le Sezioni unite, una linea difensiva che forse si potrebbe ancora cercare di percorrere è quella di sostenere che il comma 7 dell’articolo 12 riguarda tutti i controlli fiscali (ivi compresi quelli “a tavolino”) e non solo quelli effettuati nei locali del contribuente.

Andrà poi ripreso quanto disposto dall’articolo 24 della L. n. 4/1929 (non considerato dalle Sezioni unite), il quale così dispone: “La violazione delle norme contenute nelle leggi finanziarie sono constatate mediante processo verbale”.

A questo punto si potrebbe sostenere che la combinazione dei due obblighi (di redigere un processo verbale per la constatazione delle violazioni, indipendentemente dal luogo di svolgimento del controllo, e di rispetto del termine dilatorio di 60 giorni dal rilascio del processo verbale) comporta implicitamente uno specifico (e non generalizzato) obbligo del contraddittorio endoprocedimentale.

Riprendendo quindi la sentenza della Cassazione, secondo la quale l’obbligo del preventivo contraddittorio comporta, laddove non rispettato, l’invalidità dell’atto di accertamento soltanto se tale obbligo è espressamente previsto, si potrebbe quindi concludere affermando che anche per le verifiche a tavolino il mancato rispetto di detto obbligo comporta l’annullabilità dell’atto di accertamento (in quanto trattasi di un obbligo implicitamente statuito dal combinato disposto dell’articolo 24 della L. n. 4/1929 e dell’articolo 12, comma 7, della L. 212/00).

Per quanto concerne, invece, l’IVA (e, in generale, le imposte armonizzate), le Sezioni unite hanno in buona sostanza riconosciuto che l’obbligo del contraddittorio sussiste anche in caso di verifiche a tavolino, ma il suo mancato rispetto comporta l’invalidità dell’atto di accertamento soltanto a condizione che, “in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si rilevi non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”.

In sede contenziosa sarà quindi opportuno evidenziare che le ragioni che vengono addotte potevano essere fatte valere concretamente anche in sede di procedimento amministrativo.

A margine, si evidenzia che le Sezioni unite hanno anche riconosciuto che l’obbligo del preventivo contraddittorio, in quanto espressamente prescritto dalle normative di riferimento, sussiste, oltre che a seguito del rilascio del pvc per verifiche fatte presso la sede del contribuente, anche per tutta una altra serie di ipotesi, tra le quali gli accertamenti da parametri e da studi di settore, le liquidazioni delle imposte in base alla dichiarazione e quelle derivanti da controllo formale, i “nuovi” accertamenti sintetici, i recuperi a tassazione per operazioni black list e gli accertamenti da abuso del diritto.