8 Giugno 2015

Patti chiari, amicizia lunga

di Michele D’Agnolo
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Nell’epoca d’oro delle professioni, il rapporto tra professionista e cliente cominciava sanamente con un problema da risolvere. E le attenzioni e le migliori energie del professionista potevano concentrarsi sulla risoluzione di quel problema. La parcella era un di cui, governata completamente dalle tariffe professionali e comunque mai discussa da un cliente che era mediamente rispettoso fino ad arrivare talvolta al timore riverenziale.

La parola del cliente e una stretta di mano erano più sufficienti a suggellare un accordo che sarebbe rimasto un patto d’acciaio nonostante qualsiasi avversità e vicissitudine successiva. Un eventuale mandato scritto sarebbe stato considerato un orpello per il professionista ed una autentica offesa per il cliente. Un chiaro segno di sfiducia, di egoismo e mala fede del professionista.

I clienti spesso dovevano insistere con il professionista sollecitando più volte per poter pagare la parcella, che veniva erogata anche a distanza di molto, quando il professionista aveva tempo di predisporla. Era più importante continuare a risolvere i problemi dei clienti. 

Oggi, invece, quando arriva un nuovo cliente la prima domanda che dobbiamo porci è: why me? perché hai scelto proprio me? E si deve partire immediatamente con una attenta istruttoria relativa al riesame dei requisiti del cliente, per vedere se lo studio è effettivamente in grado con le risorse che ha di rispondere nei tempi e nei modi che il cliente si attende. Senza illuderci di fare le nottate. A ruota si dovrà effettuare la valutazione del rischio di incompatibilità, del rischio professionale civile, penale, amministrativo, tributario legato alla prestazione richiesta, del rischio reputazionale legato all’associare la nostra immagine a quella del cliente, al rischio antiriciclaggio dell’operazione e al rischio di insoluti. Prendere un cliente alla cieca è come quando a mezzogiorno ti offrono un ricco piatto di copertoni di gomma in tempura. Leggeri leggeri, fritti nell’olio esausto. Dire di no è salvifico, dire di sì significa matematicamente piangere poi quando arrivano al fegato e allo stomaco.

La tariffa per le prestazioni deve essere concordata subito, altrimenti quando arriverà il momento di pagare si discuterà fino alle calende greche e a furia di sconti la poca marginalità rimasta sulle nostre prestazioni andrà completamente a farsi benedire.

Anche i contenuti della prestazione dovranno essere ben dettagliati e messi per iscritto, per evitare di dover rispondere a distanza di anni per prestazioni non concordate ma che il cliente riterrà avremmo dovuto fornire a corredo. Qualche tempo fa una simpatica ottuagenaria, cliente storica dello studio, stanca di portare avanti la sua piccola attività professionale, mi fece la fatidica domanda: dottore come mai non ho la pensione? Le rammentai che quando fu istituito il regime previdenziale della gestione separata fu data opzione ai soggetti già ultrasessantenni di non versare contributi e che lei disse allo studio di volersene avvalere. Nonostante i numerosi e concordi testimoni, a tutt’oggi la signora è convinta di non avermi mai detto nulla di simile e mi maledice per le condizioni non proprio floride in cui versa.

Come ben sappiamo, quando qualcosa andrà storto, il cliente cercherà sempre di dare la colpa al professionista. Ma perché non me l’hai detto? Se avessi saputo che c’era quel tal rischio, non mi sarei mai avventurato in quell’operazione che tu mi hai consigliato. La tendenza della giurisprudenza è di far rispondere il professionista oggettivamente. Anche se un adempimento non era certo fosse dovuto, il professionista doveva svolgerlo altrimenti il cliente ha un danno da chance. Ormai svolgere una attività professionale è come giocare alla roulette russa col caricatore pieno.

Il primo strumento di autodifesa che il professionista ha a disposizione per affrontare la mostruosità del cliente e delle sue pretese è il mandato scritto. Gestito con un preventivo-proposta che poi viene sottoscritto per accettazione o in guisa di vero e proprio contratto bilaterale, è un piccolo strumento che i professionisti hanno cominciato a utilizzare controvoglia, sull’onda delle lenzuolate delle varie norme che hanno via via tentato di portare competitività all’interno del settore. Eppure un buon preventivo-mandato risolve moltissimi problemi contemporaneamente. Intanto fornisce la prova della prestazione. Qualche anno fa andai d’urgenza in uno studio in una località imprecisata ad aiutare un collega a mettere a posto lo studio. Tra colleghi, pensai, non occorre che formalizzi un accordo. Avrei dovuto accorgermi del fatto che il rapporto avveniva sistematicamente solo per via telefonica e di persona e venivano accuratamente evitati scambi di mail, fax o qualsiasi altra forma di documentazione. All’atto di richiedere la parcella mi fu letteralmente risposto “chi ti conosce?” Il mio legale mi confermò che in assenza di prove scritte e con i testi tutti a libro paga del simpatico cliente un’azione legale sarebbe stata molto in salita. Colgo soltanto l’occasione per precisare che quando gli dissi che averlo grosso non serve a nulla non mi riferivo al suo disorganizzatissimo studio, ma a qualcos’altro.

In secondo luogo il mandato scritto fornisce la data dell’inizio della prestazione e la descrizione della prestazione. E se lo mandassimo via pec, la data sarebbe addirittura certa. Questi dettagli ci sono utili ai fini antiriciclaggio e per i relativi obblighi e per delimitare il campo di responsabilità dello studio e quello del cliente.

Cosa accade se il cliente non porta le carte tempestivamente? Quali tipologie e modalità di solleciti saranno sufficienti a esonerare la nostra responsabilità? E quali regole ci saranno nel caso di remissione del mandato per evitare di portare avanti il peso di un cliente che non paga? Possiamo precisare, ad esempio, di chi sarà la proprietà dei documenti da noi elaborati, perché se è vero che il LUL e il 770 sono fino a patto contrario documenti di proprietà del cliente e non possono essere trattenuti in caso di insolvenza, ho molti più dubbi sui conteggi intermedi come l’accantonamento del TFR e le note contabili mensili. Idem dicasi per una situazione contabile o una bozza di bilancio non ancora approvata dal cda rispetto alle scritture di libro giornale e ai mastrini.

Il preventivo-mandato è anche un potente strumento di marketing nel quale possiamo evidenziare i benefici delle nostre modalità operative e del nostro approccio di risoluzione dei problemi. Se stiamo svolgendo delle attività di carattere straordinario possiamo approfittarne per materializzare la prestazione, descrivendo al cliente quello che avviene dietro le quinte e che fa sì che una perizia costi 100 euro al foglio anche se non è vergata su fogli d’oro zecchino.

Il preventivo-mandato è poi un utile strumento di pianificazione, in quanto può comprendere anche l’assegnazione delle risorse al progetto, e diventa importante quando il cameriere porta la comanda in cucina. Consente a chi di dovere di lavorare con delle specifiche già predeterminate, come un piccolo capitolato di appalto.

Il preventivo-mandato è inoltre un must per il nostro reparto amministrativo, che spesso non sa quali prestazioni sono state fatte e quanto e quando deve farle pagare. Se è tutto messo nero su bianco, è molto più facile fatturare in tempo e incassare in tempo. Ed è molto più difficile che il cliente discuta la parcella o le scadenze prefissate. Spesso ormai l’onere della discussione è superiore al margine di commessa.

Ma il preventivo serve anche e soprattutto al cliente. Nessuno nuota più nell’oro e comunque tutti hanno bisogno di pianificare i propri esborsi, di modo che oggigiorno le sorprese in termini di onerosità sopravvenuta non sono affatto gradite. Il problema diventa allora quello di riuscire a stimare in maniera corretta i carichi di lavoro anche inerenti e conseguenti ed eventuali che la pratica che ci accingiamo a prestare potrà comportare. Da questo punto di vista saranno utili le rilevazioni statistiche dei tempi medi per pratica, disporre di un prezziario già definito per le prestazioni ricorrenti e formare persone in grado di analizzare e quotare i preventivi. Qualche volta il preventivo comporterà di fatto di tratteggiare la risoluzione del problema. In questi casi probabilmente dovremmo fare come i riparatori di elettrodomestici, chiedendo un contributo per coprire i costi della diagnosi.

La rapida emissione del preventivo, inoltre, denota interesse nei confronti del cliente e sottolinea la capacità organizzativa da parte dello studio. Non c’è niente di peggio di un cliente che ti sollecita un preventivo. Dovrebbe portare il commerciale dello studio a scegliere di dedicarsi seriamente all’ippica o al sudoku.

E’ ormai chiaro che le macchinette automatiche che si trovano nei bagni pubblici o di fianco alle farmacie saranno convertite, per erogare preventivi. Il cliente, se lo conosci non ti uccide.