6 Settembre 2016

I Paesi collaborativi allargano i confini

di Nicola Fasano
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Con il D.M. 9 agosto 2016, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 195 del 22 agosto scorso, è stata notevolmente estesa la “white list dettata dal D.M. 4 settembre 1996 in cui sono inseriti 51 nuovi Paesi con cui l’Italia ha concluso accordi (principalmente nell’ambito delle Convenzioni contro le doppie imposizioni o tramite accordi specifici finalizzati allo scambio di informazioni) per assicurare lo scambio di informazioni (“a richiesta” delle autorità fiscali italiane).

La lista, oltre a “riaccogliere” gli Stati dell’allora URSS (come ad esempio Armenia, Azerbaijan e Georgia) che non avevano riconosciuto la Convenzione fiscale all’epoca stipulata con l’Italia ricomprende ora Paesi che fino a poco tempo fa rappresentavano roccaforti inespugnabili per il Fisco italiano come ad esempio: Anguilla, Arabia Saudita, Aruba, Belize, Bermuda, Isola di Man, Isole Cayman, Jersey, Hong Kong, Liechtenstein e Svizzera.

La nuova lista allargata impatta in primo luogo sui redditi di natura finanziaria: così ad esempio rileva per individuare i soggetti residenti in Paesi collaborativi (elencati per l’appunto nella lista) che godono dell’esenzione dall’imposta sostitutiva sugli interessi delle obbligazioni e dei titoli dei c.d. “grandi emittenti”, prevista dal D.Lgs. 239/1996. Il riferimento alla white list tuttavia ha assunto sempre maggiore rilevanza.

Di particolare importanza è il ruolo che riveste ai fini del monitoraggio fiscale, posto che per le partecipazioni detenute in Paesi non collaborativi (diversi cioè da quelli elencati nella citata white list) qualora ricorrano i presupposti per considerare il contribuente titolare effettivo della società (in prima approssimazione quando sia detenuto, anche indirettamente nonché unitamente con i familiari di cui all’articolo 5 Tuir, più del 25% del capitale della società estera) si applica il principio del c.d. “look through secondo cui oggetto del monitoraggio non è più il valore della partecipazione ma rileva il valore degli asset sottostanti, detenuti in pancia al veicolo societario, secondo criteri di determinazione peraltro mai concretamente chiariti da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Da notare, inoltre, che il legislatore si è riservato una sorta di “clausola di salvezza” nel senso che viene espressamente previsto che con decreto sono eliminati dall’elenco gli Stati e i territori con i quali, in caso di reiterate violazioni dell’obbligo di cooperazione amministrativa tra Autorità competenti, non risulti assicurata nella prassi operativa l’adeguatezza dello scambio di informazioni, ai sensi di uno strumento giuridico bilaterale o multilaterale.

Resta ora da capire quale sarà la decorrenza della lista aggiornata. Con particolare riferimento al monitoraggio fiscale le possibili interpretazioni sembrano essenzialmente due:

  • la prima, più “ottimista” secondo cui la nuova lista troverebbe immediata applicazione già a partire dalle dichiarazioni inviate dopo la sua entrata in vigore (che dal sito dell’Agenzia delle Entrate è individuata nel giorno stesso di pubblicazione del provvedimento in Gazzetta Ufficiale, ossia il 22 agosto 2016) e dunque impatterebbe già su Unico 2016;
  • la seconda, più prudente, secondo cui la lista aggiornata troverebbe applicazione a decorrere dal periodo di imposta 2016 (Unico 2017) anno in cui la nuova lista è entrata in vigore.

In assenza di una specifica previsione legislativa la prima soluzione sembrerebbe quella più ragionevole, tuttavia, in considerazione della notoria delicatezza riguardante la corretta compilazione dell’RW, sarebbe quanto mai opportuna una conferma ufficiale da parte dell’Agenzia delle Entrate sul filo di lana, visto che la scadenza del 30 settembre per l’invio delle dichiarazioni è oramai alle porte

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