29 Agosto 2017

Norma di Comportamento AIDC n. 198

di Federica Furlani
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La Commissione norme di comportamento e di comune interpretazione in materia tributaria dell’AIDC (Associazione italiana dottori commercialisti ed esperti contabili) ha preso in esame, con la recente Norma di Comportamento n. 198, il problema dell’attribuzione ai soci del maggior reddito accertato in capo a società di capitali con ristretta compagine sociale.

Come noto, nel nostro ordinamento il reddito prodotto dalle società di capitali è assoggettato autonomamente ad Ires in capo alle stesse, e viene ulteriormente assoggettato ad imposizione (Irpef) in capo ai soci persone fisiche solo in caso di successiva sua distribuzione, in base alle regole stabilite dall’articolo 47 del Tuir.

A seguito di accertamenti effettuati nei confronti di società di capitali con ristretta compagine sociale, si è consolidato un orientamento della Cassazione, in base al quale “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, è legittima la presunzione di attribuzione pro quota ai soci, nel corso dello stesso esercizio annuale, degli utili extra bilancio prodotti da società di capitali a ristretta base azionaria”.

La Norma di Comportamento in commento evidenzia che si tratta di una presunzione semplice ex articolo 2729 cod. civ. che, secondo la giurisprudenza, trova come presupposto la ristretta base azionaria e, quindi, la “complicità che normalmente lega un gruppo ristretto di soci, viene ritenuta dalla Suprema Corte ragionevole e sufficientemente grave da fondare di per se, ex articolo 39 del D.P.R. 600/1973, l’accertamento in capo al socio del maggior reddito della società che si presume da lui percepito in proporzione alla sua partecipazione”.

L’unica prova contraria che il contribuente socio può offrire è di non aver percepito finanziariamente tali redditi o perché non sono stati effettivamente distribuiti, ovvero perché sono stati percepiti da altri.

In ogni caso la presunzione esaminata può applicarsi solo nel caso in cui il maggior reddito imponibile accertato in capo alla società implichi una comprovata esistenza di corrispondenti disponibilità finanziarie occulte che possono essere state distribuite ai soci, e proprio per questo imponibili, in quanto dividendi percepiti, ex articolo 47 del Tuir. Resta in ogni caso salva, come detto, la possibilità degli stessi di fornire la dimostrazione di non averli percepiti.

Di conseguenza, la presunzione può trovare applicazione in presenza di ricavi non dichiarati o costi oggettivamente inesistenti fittiziamente sostenuti, mentre non può applicarsi in tutti quei casi in cui gli accertamenti di maggior reddito imponibile derivino da:

  • costi effettivamente sostenuti ma ritenuti in tutto o in parte indeducibili;
  • accantonamenti o ammortamenti recuperati a tassazione;
  • rettifiche dei criteri di valutazione adottati dalla società;
  • “spostamenti” di proventi od oneri da un esercizio ad un altro in violazione del principio di competenza;
  • applicazione delle regole in tema di transfer pricing;
  • applicazione delle regole in tema di acquisti da società residenti in paesi a fiscalità privilegiata;
  • applicazione delle regole in materia di Controlled Foreign Companies (CFC Rules);
  • applicazione di strumenti, indirettamente sanzionatori o di tipo “statistico”, quali la disciplina delle cosiddette società di comodo e degli studi di settore.

La Norma di Comportamento evidenzia infine che il reddito che può essere considerato distribuito ai soci, ed assoggettato ad imposizione, è pari solo al maggior reddito accertato in capo alla società al netto delle imposte che su tale reddito, per effetto dell’accertamento, la stessa è tenuta a corrispondere.

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