29 Settembre 2023

L’induttivo necessita dei costi

di Gianfranco Antico
Scarica in PDF
La scheda di FISCOPRATICO

Ai fini dell’imposizione sui redditi quanto ai fini Iva, il metodo principe di ricostruzione della base imponibile è quello analitico, contemplato nell’articolo 39, comma 1, lett. a), b) e c), D.P.R. 600/1973, e nell’articolo 54, comma 1, D.P.R. n. 633/1972, che poggia, in via esclusiva:

  • sulla contabilità ufficiale del contribuente;
  • sulle relative risultanze di bilancio e del conto economico;
  • della dichiarazione dei redditi e, ai fini IVA, sul confronto fra questa e le liquidazioni del tributo.

Attraverso il metodo analitico, l’Ufficio procede alla rettifica di uno o più dei singoli elementi positivi o negativi rilevanti ai fini della determinazione dei redditi determinati in base a scritture contabili, ovvero di una o più operazioni rilevanti ai fini Iva. Il riscontro analitico del reddito delle imprese tenute alla redazione del bilancio (o comunque del conto economico) e che quindi determinano la base imponibile sulla base di questi documenti, prende le mosse:

  • dalle risultanze informative, investigative ed operative eventualmente già a disposizione, ivi comprese le risultanze delle attività svolte nei riguardi di altri soggetti;
  • dai dati, elementi e notizie di cui i verificatori siano comunque già in possesso;
  • da una adeguata analisi del bilancio o del conto economico e dei documenti posti eventualmente a corredo (circolare n.1/2018, della Guardia di Finanza).

Con l’accertamento induttivo puro, di cui all’articolo 39, comma 2, D.P.R. 600/1973, la ricostruzione della posizione fiscale del contribuente avviene, invece, attraverso procedure di quantificazione e qualificazione della base imponibile, che prescindono dalla documentazione contabile, avendo l’Amministrazione finanziaria la facoltà di disattenderle, al verificarsi di una serie di ipotesi normativamente disciplinate. Infatti, in presenza di gravi patologie dell’impianto contabile, ovvero in assenza dello stesso, l’utilizzo di presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, costituisce l’unico strumento per poter ricostruire il reddito/volume d’affari dell’impresa, ovvero del professionista. Analogamente, ai fini Iva, è previsto che l’Ufficio possa procedere in ogni caso all’accertamento dell’imposta dovuta, indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità (articolo 55, D.P.R. 633/1972). In tal caso, l’ammontare imponibile complessivo e l’aliquota applicabile sono determinati induttivamente sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza. Come rilevato dalla circolare n. 1/2018 della G.d.F., “nella disciplina IVA, a differenza di quanto stabilito per le imposte sui redditi, non è previsto che l’Ufficio possa applicare il metodo induttivo qualora le scritture non sono disponibili per causa di forza maggiore ovvero in caso di inottemperanza agli inviti e alle richieste degli uffici”.

Tra l’analitico e l’induttivo, in mezzo c’è l’analitico-induttivo (articolo 39, comma 1, lett. d), D.P.R. 600/1973, e articolo 54, comma 2, D.P.R. 633/1972) che consente agli organi di controllo e di accertamento di non considerare – in tutto o in parte – le risultanze delle scritture contabili, potendo utilizzare dati ed elementi acquisiti altrimenti. In tali casi, pertanto, è consentito all’Ufficio di dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, maggiori ricavi o minori costi, ad esempio, determinando il reddito utilizzando le percentuali di ricarico.

Delineato il quadro normativo di riferimento, puntiamo la nostra attenzione sulla problematica relativa al riconoscimento dei costi nell’ambito di un accertamento induttivo, osservando che la Corte di Cassazione, nel corso di questi anni, ha più volte avuto modo di far sentire la sua voce sulla questione, ritenendo che la determinazione dell’effettiva capacità contributiva del contribuente è ciò a cui deve tendere tale tipo di accertamento induttivo (sentenza n. 5659 /2020 e sentenza n. 5800/2020).

Tant’è che già con l’ordinanza n. 6831/2018, il massimo organo di legittimità aveva affermato che “In tema di accertamento induttivo delle imposte sui redditi, l’Amministrazione è tenuta a ricostruire la situazione reddituale complessiva del contribuente, tenendo conto anche delle componenti negative del reddito, purché emergenti dagli accertamenti o dimostrate dal contribuente, su cui grava l’onere della prova dei costi deducibili dall’ammontare dei ricavi induttivamente determinati (Cassazione  n. 22266 /2016)”.

Infatti, l’Amministrazione finanziaria, in sede di accertamento induttivo, deve assoggettare a imposta, come reddito d’impresa, il profitto netto, anziché quello lordo, in ossequio al parametro costituzionale della capacità contributiva di cui all’articolo 53 Costituzione (Cassazione n. 26748/2018).

Ancora di recente – Cassazione n. 10192/2023 – gli Ermellini sono intervenuti sulla questione di fronte ad un avviso di accertamento per omessa dichiarazione di redditi, ricostruita attraverso i dati forniti in base al cosiddetto “spesometro”, dove il contribuente lamentava sostanzialmente il mancato riconoscimento delle fatture di costo emesse dalla fornitrice (a tale censura replicava l’Ufficio, osservando che, non avendo la ricorrente mai fornito alcuna indicazione in ordine all’attività effettivamente svolta, gli era inibito un calcolo, anche solo induttivo, dei costi deducibili). Orbene, per i giudici di Piazza Cavour, è vero che in caso di omessa presentazione della dichiarazione l’Ufficio è abilitato a servirsi di qualsiasi elemento probatorio ai fini dell’accertamento del reddito e, quindi, a determinarlo anche con metodo induttivo ed anche utilizzando, in deroga alla regola generale, presunzioni semplici prive dei requisiti di cui al comma 3, dell’articolo 38, D.P.R. 600/ 1973, “sul presupposto dell’inferenza probatoria dei fatti costitutivi della pretesa tributaria ignoti da quelli noti” (Cassazione n. 19174/2003; Cassazione n. 2605/2000)”, tuttavia quanto all’accertamento globalmente induttivo del reddito d’impresa, vale sempre la regola che il fisco deve ricostruire il reddito, tenendo conto anche “delle componenti negative emerse dagli accertamenti compiuti ovvero, in difetto, determinandole induttivamente e/o presuntivamente, al fine di evitare che, in contrasto con il principio della capacità contributiva, venga sottoposto a tassazione il profitto lordo, anziché quello netto”.