2 Agosto 2023

L’incidenza dei versamenti eseguiti dal terzo pignorato sulla chiusura delle liti pendenti

di Gianfranco Antico
Scarica in PDF
La scheda di FISCOPRATICO

Come è noto, la L. 197/2022 ( commi da 186 a 205, dell’articolo 1, della L. 197/2022) ha messo in campo, fra l’altro, la definizione agevolata delle liti pendenti, che permette di chiudere le controversie, attribuite alla giurisdizione tributaria, in cui è parte l’Agenzia delle entrate ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti – alla data di entrata in vigore della Legge di bilancio 2023, ossia al 1° gennaio 2023 – in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e quello instaurato a seguito di rinvio, attraverso il pagamento di un determinato importo correlato al valore della controversia e differenziato in relazione allo stato e al grado in cui pende il giudizio da definire ( il provvedimento prot. n. 30294 del 01.02.2023 del Direttore dell’Agenzia delle entrate ha approvato il modello per la presentazione telematica della domanda di adesione alla definizione agevolata delle liti pendenti, reso disponibile sul sito internet dell’Agenzia delle entrate, unitamente alle relative istruzioni, che fornisce le indicazioni per la determinazione degli importi dovuti per la definizione).

Il comma 186, dell’articolo 1 L. 197/2022, prevede che la definizione avvenga con il pagamento di un determinato importo rapportato al valore della controversia, stabilito in base a quanto previsto dal comma 2, dell’articolo 12 D.Lgs. 546/1992, secondo cui «Per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste».

La costituzione in giudizio del contribuente alla data del 1° gennaio 2023 implica che ai fini della definizione della lite è necessario il pagamento di un importo pari al 90 per cento del valore della controversia.

Atteso che, con riferimento all’istituto della mediazione, il ricorso non è procedibile fino alla scadenza del termine di 90 giorni dalla data di notifica, entro il quale deve essere conclusa la procedura e che il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente decorre dalla scadenza del predetto termine di 90 giorni, qualora alla data del 31 dicembre 2022, risulti depositato il ricorso per il quale siano ancora pendenti i termini per concludere il procedimento di mediazione, lo stesso deve considerarsi improcedibile, quindi non valorizzabile processualmente.

Pertanto, nell’ipotesi considerata, il contribuente può definire la lite attraverso il pagamento di un importo pari al valore della controversia (circolare 6/E/2023).

Qualora con il medesimo ricorso introduttivo del giudizio siano stati impugnati più atti, il ricorrente è tenuto a presentare una distinta domanda per ciascun atto; ciascuna controversia autonoma deve essere integralmente definita, nel senso che non sono ammesse definizioni parziali dei singoli atti impugnati.

Al valore della controversia, come sopra individuato, si applicano le percentuali di riduzione stabilite dai commi da 186 a 191, dell’articolo 1, della L. 197/2022, in relazione allo stato e al grado in cui pende la controversia medesima.

Tuttavia, se dagli importi dovuti ai fini della definizione agevolata si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio, la definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa (comma 196, dell’articolo 1, della L. 197/2022).

In questo contesto va rilevato che con la risposta all’interpello n. 349 del 19.06.2023, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che il pagamento del terzo rileva al fine di determinare le somme dovute a titolo di definizione, pur trattandosi di un pagamento che non è stato fatto dal contribuente ma da un terzo (nel caso di specie, la banca) invitato a pagare da AdeR.

Infatti, lo scomputo, ammesso normativamente, come abbiamo visto, con riferimento alle somme versate ”a qualsiasi titolo, si intende comprensivo di tutti gli importi pagati di spettanza dell’ente creditizio ed ancora in contestazione ancorché, dunque, il pagamento non sia stato eseguito direttamente da debitore o per suo conto e, conseguentemente, anche delle somme versate dal terzo pignorato, come nel caso di specie, in ottemperanza alla richiesta dell’Agente della riscossione.

Il pagamento eseguito dal terzo pignorato, quindi, non preclude, in linea teorica, la possibilità di definire la controversia essendo, come detto, le somme in oggetto scomputabili dal dovuto ma ne esclude il rimborso, ancorché si tratti di importi eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa (come nel caso di specie).
Né rileva l’asserita circostanza che il pagamento sia stato eseguito dal terzo contro la volontà dello stesso istante, non assumendo alcuna rilevanza giuridica la mera ”opposizione verbale”, dal momento che l’ordinamento predispone degli strumenti giuridici ad hoc volti ad evitare il prosieguo dell’attività di riscossione coattiva.
In conclusione, per le Entrate, la norma non legittima in alcun modo l’interpretazione proposta dall’istante ovvero che lo scomputo delle somme versate debba intendersi limitato agli importi pagati dal debitore, con esclusione dei terzi.