9 Maggio 2024

Contraddittorio preventivo: uffici in slalom tra i casi di “non certa” esclusione

di Silvio Rivetti
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La scheda di FISCOPRATICO

Il nuovo contraddittorio preventivo, come delineato dall’articolo 6-bis, L. 212/2000 (Statuto del contribuente) e dal decreto MEF 24.4.2024 (che ne circoscrive l’ambito di applicazione in senso negativo, individuando gli atti che ne sono esclusi), presenta più di una peculiarità su cui è bene soffermarsi, potendosi aprire inattesi margini di manovra ai contribuenti che intendano contestare le pretese fiscali.

Nella logica della Riforma, il contraddittorio preventivo è congegnato non come un dovere a carico del contribuente, ma come un diritto a suo favore particolarmente “forte” ed “esteso”:

  • “forte” perché presidiato, in caso di sua violazione, dalla sanzione dell’annullabilità dell’atto ex articolo 6-bis comma 1, L. 212/2000 (che coincide con la violazione di legge sul procedimento, come codificato dall’articolo 7-bis, comma 1, L. 212/2000);
  • esteso” perché volto all’applicazione generalizzata a “tutti gli atti autonomamente impugnabili”, come disposto dal comma 1, dell’articolo 6-bis, L. 212/2000, salve le sole eccezioni a cui rinvia il comma 2.

In questo quadro e a proposito di tali eccezioni, logica giuridica richiederebbe che, a bilanciamento di tale diritto “forte” ed “esteso”, l’elenco degli atti esclusi dalla sua applicazione sia tassativo e risulti da una norma di legge primaria, di pari forza di quella istitutiva del diritto. Nel caso in esame, invece, la compressione del perimetro di tutela del contribuente è stata realizzata mediante un decreto dell’esecutivo: un atto normativo di rango secondario, la cui tecnica redazionale lascia perplessi, per i seguenti motivi. Il D.M. del MEF, pur aspirando a definire una lista tassativa di atti esclusi dal contraddittorio (come si evince dal ripetuto uso dell’espressione “conseguentemente sono esclusi dall’obbligo del contraddittorio”), nondimeno, negli incipit di ognuno dei suoi articoli 2, 3 e 4, detta definizioni di carattere generale delle tre categorie degli atti automatizzati e sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale, esclusi dal contraddittorio: definizioni che valgono tout court, a prescindere dalle elencazioni che seguono. Pertanto, stando a tali chiarimenti, per esempio, l’articolo 2, D.M. 24.4.2024, definisce atto automatizzato (o sostanzialmente automatizzato) ogni atto impositivo riguardante violazioni intercettate esclusivamente mediante l’incrocio dei dati già a disposizione delle banche dati dell’amministrazione finanziaria; così come l’articolo 3, D.M. 24.4.2024, definisce atto di pronta liquidazione ogni atto emesso dall’Amministrazione finanziaria  a seguito di controlli svolti sulla scorta dell’incrocio dei dati dichiarati dal contribuente e di quelli a disposizione del Fisco. Se quanto precede è vero, ciò comporterà, allora, che qualunque degli atti successivamente listati, a prescindere dal nomen formale utilizzato, possa pur sempre ricadere nell’ambito di applicazione nel contraddittorio preventivo, laddove il suo contenuto richiami ulteriori elementi non direttamente derivanti, per esempio, da un mero incrocio di dati come previsto dagli articoli 2 o 3: con la conseguenza che, un siffatto provvedimento impositivo, dovrà dirsi immediatamente annullabile in quanto non preceduto dall’invito al contraddittorio preventivo mediante comunicazione di schema d’atto, ai sensi dell’articolo 6-bis, comma 1, L. 212/2000. Tale conclusione, fortemente negativa per gli uffici, varrà dunque, nel caso, per esempio, degli atti automatizzati, non solo per gli avvisi di accertamento parziali e gli atti di recupero crediti ex articoli 41-bis e 38-bis, D.P.R. 600/1973, nonché per gli avvisi di accertamento parziali ex articolo 54, comma 5, D.P.R. 633/1972 (che la lettera b) dell’articolo 2 del decreto espressamente esclude dal contraddittorio proprio alla condizione che figurino predisposti solo sulla scorta di un mero incrocio di dati); ma si estenderà anche agli avvisi liquidazione di cui alla successiva lettera f) dell’articolo 2, D.M. 24.4.2024, ossia a quegli atti di recupero delle imposte di registro, ipotecarie e catastali dovute per la decadenza dalle agevolazioni, per esempio “prima casa” o PPC. Appare, dunque, evidente il rischio a cui ora gli uffici sono esposti, laddove ritengano di corroborare i loro avvisi di accertamento parziali, i loro atti di recupero crediti, i loro avvisi di liquidazione, di elementi motivazionali ulteriori di tipo valutativo, rispetto al semplice richiamo dei dati desunti dalle banche dati consultate o dalle dichiarazioni dei contribuenti: atteso che da ciò deriva direttamente l’obbligo di attivare il contraddittorio, a pena di annullabilità. Per non dire poi, restando in tema di decadenza dalle agevolazioni, della casistica della ripresa dell’Iva al 22% per venire meno dell’agevolazione “prima casa”: dovendosi qui rispettare il contraddittorio preventivo per espressa previsione normativa, essendo esentate dalle fatiche del contraddittorio le sole riprese delle imposte di registro e ipocatastali. L’obbligo di contraddittorio, in tale ipotesi, per vero, sussisteva già nell’impostazione precedente, nella vigenza dell’invito di cui all’articolo 5-ter D.Lgs. 218/1997: con la sostanziale differenza, però, che ora la sua violazione potrà direttamente condurre all’annullabilità della pretesa, senza più necessità per il contribuente di dover fornire, a mezzo di “prova di resistenza”, la dimostrazione che l’omesso confronto con l’ufficio gli abbia impedito la possibilità di rappresentare ragioni idonee a contrastare l’imposizione.