25 Maggio 2023

Le operazioni di reverse factoring in bilancio

di Fabio Landuzzi
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Si è assistito di recente ad un ricorso crescente nella pratica commerciale e finanziaria delle imprese ad operazioni note sotto il termine di “reverse factoring”.

La caratteristica che contraddistingue queste operazioni dal comune factoring è che in questo caso è l’impresa (debitrice) che mette in contatto il proprio fornitore (creditore) con la società di factoring al fine di consentire un’anticipazione del pagamento delle somme dovute dall’impresa stessa al suo fornitore.

Nell’ambito dei principi contabili internazionali l’operazione ha ricevuto l’attenzione degli enti preposti stimolata da una richiesta di chiarimenti rivolta all’IFRS Interpretation Committee (IFRS IC) giungendo, dopo una serie di documenti, alla pubblicazione da parte dello IASB di un Exposure Draft intitolato proprio “Supplier Finance Arrangements contenente proposte di modifica allo IAS 7 ed allo IFRS 7.

Spostando l’attenzione al campo delle imprese OIC Adopter, è lecito quindi interrogarsi se, e in caso affermativo come, l’effettuazione di simili operazioni possa in qualche modo impattare sugli obblighi di chiarezza, verità e correttezza dell’informativa di bilancio.

Mutuando le riflessioni che hanno alimentato il dibattito in ambito IAS/IFRS, è utile focalizzare l’attenzione sui punti più sensibili che l’effettuazione di queste operazioni può andare a toccare in generale nel bilancio delle imprese.

Il primo punto è prettamente classificatorio e potrebbe avere riflessi sullo Stato patrimoniale e sul Rendiconto finanziario dell’impresa.

Si tratta in poche parole di qualificare correttamente la natura dei flussi di pagamento che vengono effettuati in questa circostanza dall’impresa debitrice, i quali saranno rivolti non più al suo fornitore commerciale – a cui il pagamento è stato anticipato dal factor – bensì, appunto, alla società di factoring.

Infatti, se il debito viene comunque qualificato di natura commerciale e quindi classificato come tale nello Stato patrimoniale, anche il relativo flusso finanziario (il pagamento) alimenterà l’area operativa del Rendiconto finanziario, e non quella della gestione finanziaria; viceversa, se nello Stato patrimoniale il debito si qualificasse come finanziario in quanto traslato sul factor, anche il flusso di pagamento andrebbe diversamente collocato nel Rendiconto finanziario nell’ambito della gestione finanziaria.

Elementi da tenere in considerazione per guidare in modo ragionato questa scelta classificatoria sono, ad esempio, la sussistenza o meno di garanzie aggiuntive prestate a favore della società di factoring e perciò diverse da quelle usualmente riconosciute al tipico fornitore commerciale, come pure la disponibilità, attraverso il factor, di un termine di pagamento superiore rispetto a quello di norma negoziato con il fornitore.

Il secondo elemento sensibile riguarda l’informativa da riportare in Relazione sulla gestione in tema di rischio di liquidità.

La questione può apparire sottile ma non per questo non degna di nota.

Il punto centrale è comprendere se, con il ricorso al reverse factoring, si determina un effetto di rilevante concentrazione del rischio di liquidità, nel senso di una concentrazione delle fonti di finanziamento e del debito finanziario verso un numero ristretto di operatori.

In altre parole, se al reverse factoring partecipano diversi fornitori dell’impresa e per importi rilevanti, il fatto che il debito dell’impresa non sia più polverizzato verso entità diverse, ma concentrato verso un unico soggetto (il factor) può appunto incidere sulla percezione del rischio di liquidità associato all’impresa stessa.

A questo elemento, se ne può poi aggiungere un altro che riguarda per lo più la trasparenza dell’informativa di bilancio verso i terzi.

Si pensi al caso in cui la società che attiva il reverse factoring con diversi propri fornitori negozi con il factor delle condizioni di pagamento del debito che prevedano tempi significativamente più lunghi di quelli usuali nei rapporti con i fornitori commerciali.

Da una parte, il lettore del bilancio, e i fornitori stessi, in assenza di un’informativa chiara e trasparente contenuta nel bilancio, potrebbero dedurre che la società è in grado di assicurare ai propri fornitori tempi di pagamento assolutamente brevi, mentre così è solo per via dell’intervento del factor; dall’altra parte, la società dovrebbe essere consapevole che i tempi di pagamento associati a quei debiti commerciali sarebbero fisiologicamente più brevi rispetto a quelli che potrebbe invece apparire se il debito viene appunto mantenuto classificato come commerciale, ingenerando l’impropria convinzione di poter contare su tempi medi di pagamento dei debiti verso fornitori più lunghi di quelli in concreto fruibili, se non vi fosse appunto il ricorso al reverse factoring.