19 Giugno 2024

Le novità in materia di residenza fiscale delle persone fisiche dal 1° gennaio 2024

di Francesca Benini
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La scheda di FISCOPRATICO

L’articolo 1, D.Lgs. 209/2023, a decorrere dall’1.1.2024, ha completamente riscritto i criteri di collegamento per individuare la residenza fiscale delle persone fisiche, di cui all’articolo 2, comma 2, Tuir.

Il citato decreto è stato emanato in attuazione della L. 111/2023 (c.d. Legge Delega fiscale) che, come noto, ha delegato il Governo ad adottare uno o più Decreti Legislativi recanti la revisione del sistema tributario.

Secondo la Legge Delega, l’intervento normativo relativo alla residenza fiscale delle persone fisiche doveva perseguire come obiettivo, tra gli altri, quello di rendere la legislazione domestica “coerente con la migliore prassi internazionale e con le convezioni sottoscritte dall’Italia per evitare le doppie imposizioni”.

Tale obiettivo, tuttavia, a parere di chi scrive, non è stato raggiunto: infatti, la nuova nozione di residenza fiscale, invece che avvicinarsi a quella prevista a livello internazionale, sembra essersene allontanata.

Volendo entrare nel dettaglio.

Il nuovo articolo 2, comma 2, Tuir, prevede che, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le persone che, per la maggior parte del periodo d’imposta, hanno la residenza (ai sensi del Codice civile) o il domicilio nel territorio dello Stato, oppure sono ivi presenti.

Salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte, per la maggior parte del periodo di imposta, nelle anagrafi della popolazione residente.

La novella legislativa incide, in primo luogo, sul criterio di collegamento del domicilio. La stessa, infatti, nell’andare ad eliminare il previgente richiamo alla nozione civilistica, ha definito il domicilio come “il luogo in cui si sviluppano in via principale le relazioni personali e familiari del contribuente”. Nessuna rilevanza, invece, viene attribuita alle relazioni di tipo economico-patrimoniali del contribuente.

La nuova nozione di domicilio, ponendosi in contrasto con l’obiettivo perseguito dalla Legge Delega, non sembra essersi avvicinata al concetto di “centro degli interessi vitali” elaborato dall’OCSE ma, piuttosto, sembra aver recepito l’orientamento della giurisprudenza di legittimità (sul punto altalenante) che, nel corso degli anni, aveva ritenuto prevalente, ai fini dell’individuazione della residenza fiscale, gli interessi di carattere personale e familiare, rispetto a quelli di carattere patrimoniale.

In discontinuità con la previgente formulazione dell’articolo 2, comma 2, Tuir, poi, la novella legislativa ha introdotto la presenza fisica sul territorio dello Stato come nuovo criterio di collegamento per individuare la residenza fiscale di un contribuente.

Anche tale criterio non sembra essere coerente con l’obiettivo fissato dalla Legge Delega dal momento che non è previsto tra quelli rilevanti a livello internazionale per dirimere le situazioni di doppia residenza fiscale.

Non rappresenta una novità rispetto al passato, invece, il criterio di collegamento della residenza. Tale criterio, infatti, continua a richiamare la nozione civilistica di cui all’articolo 43, cod. civ., ossia “il luogo in cui la persona ha la dimora abituale”.

In base a tale rinvio, pertanto, gli elementi che individuano la residenza continuano ad essere rinvenibili, da un lato, nel dato oggettivo della consuetudinaria permanenza dell’individuo in un certo luogo e, dall’altro, nel dato soggettivo rappresentato dalla volontà di rimanervi.

Tutti i descritti criteri devono essere verificati per la maggior parte del periodo d’imposta, tenendo conto anche dei periodi non consecutivi. Ai fini del computo dei giorni, si considerano anche le frazioni di giorno.

Tale ultimo aspetto rappresenta una novità rispetto al passato. A questo riguardo, si pone il problema di stabilire il significato del termine “frazione di giorno”, ossia se lo stesso, ai fini del computo dei 183 giorni, debba o meno essere calcolato come giorno intero.

Si deve sottolineare, da ultimo, che il nuovo articolo 2, comma 2, Tuir, esclude la presunzione assoluta di residenza in Italia per gli italiani non iscritti all’Aire. Il Legislatore tributario, rispetto al passato, ha (de)qualificato l’iscrizione all’anagrafe come presunzione relativa di residenza fiscale, prevedendo che l’onere della prova gravi comunque in capo al contribuente.

Tale novità normativa, pur rappresentando un passo in avanti rispetto al passato, continua a rimanere un criterio di collegamento puramente formale che non trova alcun tipo di riferimento a livello internazionale.

Da ultimo, si evidenzia che, nell’ambito della riforma fiscale, si è persa l’occasione di introdurre il criterio del c.d. split year, ossia il frazionamento del periodo di imposta a fronte del trasferimento della persona in corso d’anno.

Anche tale previsione avrebbe consentito di rendere la normativa italiana maggiormente coerente con la nozione di residenza fiscale a livello internazionale: il criterio dello split year, infatti, oltre ad essere contemplato in diverse convenzioni contro le doppie imposizioni, è previsto nelle legislazioni nazionali di diversi Stati esteri.