22 Ottobre 2015

Lavoro autonomo: nuovi interventi nell’attesa di digerire i vecchi

di Luca Vannoni
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Mentre nella legge di Stabilità per il 2016, presentata dal Governo la scorsa settimana, si annunciano nuove misure per il lavoro autonomo, riguardanti in particolare il regime forfetario fiscale e nuove tutele legate alla maternità, tardano ancora ad essere metabolizzate le norme della recente riforma del D.Lgs. 81/2015, volta alla riforma dei contratti di lavoro.

Riguardo al lavoro autonomo, l’art. 52 del D.Lgs. 81/2015, in vigore dal 25 giugno 2015, oltre ad aver abrogato le norme sul lavoro a progetto, ha infatti eliminato le presunzioni introdotte per il lavoro autonomo dalla Legge Fornero (L. n. 91/2012), integrate con forti difficoltà nel nostro ordinamento giuslavoristico. Il venir meno di tali disposizioni non esonera comunque da attente valutazioni riguardo l’utilizzo di prestazioni di carattere autonomo con una profonda integrazione nell’organizzazione del committente.

Preso atto delle incertezze strutturali della disciplina previgente, dove sul fondamento quanto mai friabile delle collaborazioni a progetto la Legge Fornero aveva strutturato un pericoloso ed oscuro meccanismo presuntivo che coinvolgeva il lavoro autonomo, o meglio, utilizzando la terminologia introdotta dalla Legge Fornero, le prestazioni di lavoro rese da persona titolare di posizione fiscale ai fini IVA, il D.Lgs. 81/2015 ha abrogato, all’art. 52, le disposizioni contenute nel D.Lgs. 276/2003, articoli da 61 a 69 bis.

Oltre ad essere abrogate, quindi, le disposizioni sulle collaborazioni a progetto, viene cancellato il sistema di presunzioni, contenuto nell’art. 69 bis, che poteva portare alla qualificazione come collaborazione coordinata e continuativa rapporti di natura esclusivamente autonoma.

Più nello specifico, fatta salva prova contraria da parte del committente, si consideravano collaborazioni coordinate e continuative le prestazioni che si caratterizzavano da almeno due dei seguenti aspetti:

  1. Collaborazione di durata superiore complessivamente a 8 mesi annui per due anni consecutivi;
  2. Corrispettivo derivante dalla collaborazione costituisca più dell’80% dei corrispettivi annui complessivamente percepiti nell’arco di due anni solari consecutivi;
  3. Postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.

Tali disposizioni, veramente singolari nella loro struttura, con il meccanismo 2 su 3, più da quiz televisivo che da norma di legge, si dimostrarono sin da subito tra loro incompatibili, o di difficile lettura, avendo i requisiti previsti nelle lettere a e b periodi temporali distinti, ed essendo quanto mai indefinito il concetto della postazione fissa di lavoro. Tanto che, per la loro operatività, il Ministero del Lavoro forzò, con le interpretazioni contenute nella circolare n. 32/2012, il dato letterale, stabilendo, a titolo di esempio delle creazioni interpretative necessarie in via amministrativa, che i due parametri della durata e del fatturato si dovessero calcolare nel biennio civile, 1° gennaio 31 dicembre di due anni consecutivi, senza applicare il concetto dell’anno solare, periodo mobile di 365 giorni, utilizzato dal legislatore.

I meccanismi presuntivi erano poi esclusi in ipotesi previste espressamente dalla legge, legate alle competenze tecniche  di grado elevato, a limiti reddituali e all’iscrizione a un ordine professionale. Diabolico era poi l’effetto della presunzione: la riqualificazione come collaborazione coordinata e continuativa comportava il salto verso una ulteriore riqualificazione in lavoro subordinato, in assenza del progetto della collaborazione.

Se, tutto sommato, semplice è stata la pars destruens  dell’intervento di riforma, molto più complessa risulta l’analisi della pars costruens, relativa ai rapporti di lavoro autonomo.

Superficialmente, potrebbe infatti sembrare che non vi siano previsioni direttamente applicabili al lavoro autonomo non parasubordinato, ricomprendendo in tale categoria le tipologie contrattuali contenute nel titolo terzo del codice civile, come il contratto d’opera (art. 2222)  e le professioni intellettuali, anche quando intercorrono con imprese individuali artigiane e commerciali.

L’unica disposizione introdotta, art. 2, comma 1, D.Lgs. n.81/2015, di regolamentazione materiale e non di semplice abrogazione prevede infatti che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, si applichi la disciplina del lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro (art. 2, D.Lgs. 81/2015).  Per qualificare il concetto delle prestazioni, personali e continuative, organizzate nelle modalità di esecuzione anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, è stato coniato il nuovo termine di eterorganizzazione .

Il richiamo contenuto ai rapporti di collaborazione, tuttavia, non deve essere letto in chiave esclusivamente formale, in quanto anche un rapporto intrattenuto sulla base di un contratto d’opera sottoscritto con un titolare di partita Iva ben potrebbe rientrare nella disposizione in commento nel momento in cui ne integri i presupposti.

La posizione Iva, infatti, così come non è incompatibile con rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, si ritiene non sia preclusiva dell’applicazione della norma citata. Inoltre, più che la volontà delle parti cristallizzata nel contratto, a partire dalla sua qualificazione contrattuale, giocano un ruolo dominante per il corretto inquadramento giuridico del vincolo contrattuale le concrete modalità in cui lo stesso si è manifestato.