10 Gennaio 2024

La verifica fiscale al soggetto esterovestito

di Marco Bargagli
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Nel corso di una verifica fiscale a carattere internazionale, l’Amministrazione finanziaria può attivare mirati controlli con il precipuo scopo di individuare la residenza fiscale di una società o di un ente. Per arginare insidiosi fenomeni di pianificazione fiscale aggressiva, finalizzata unicamente a risparmiare, indebitamente, le imposte, il Legislatore ha introdotto specifiche disposizioni al ricorrere delle quali il soggetto passivo viene considerato residente sul territorio dello Stato. In tale ambito, nel presente intervento, saranno tracciati i profili procedurali della verifica fiscale condotta nei confronti del soggetto esterovestito, gli aspetti relativi alla verbalizzazione, nonché illustrate le recenti proposte di modifica in attuazione della Delega fiscale che, come noto, intende riformare il sistema tributario.

 

Premessa

In un’economia ormai globalizzata, la variabile fiscale costituisce un parametro imprescindibile nella complessiva valutazione degli investimenti aziendali effettuati da parte dei gruppi multinazionali.

Le imprese ad ampio respiro internazionale devono infatti valutare sia le variabili “economico-strutturali” relative all’investimento oltrefrontiera, sia l’impatto fiscale correlato con le scelte di investimento nel mercato estero.

La pianificazione fiscale trova infatti un preciso limite nelle previsioni nazionali e convenzionali finalizzate ad arginare articolati fenomeni di tax planning che, talvolta, possono anche sfociare in insidiose forme di evasione fiscale internazionale.

In tale contesto, la residenza fiscale del soggetto passivo costituisce un tema di fondamentale centrale importanza in quanto, sulla base del principio della tassazione dell’utile mondiale (c.d. “world wide taxation”), una volta stabilita la reale residenza di un’impresa, la stessa sarà assoggettata a tassazione, in un determinato Stato, per i redditi ovunque prodotti nel mondo.

Con il termine esterovestizione si intende una dissociazione fra residenza formale e residenza sostanziale del soggetto passivo Ires, posta in essere con la chiara finalità di beneficiare di un regime fiscale più vantaggioso rispetto a quello del Paese di effettiva appartenenza.

Trattasi, in estrema sintesi, di un’operazione attraverso la quale una società riesce formalmente ad allocare in un altro Paese la residenza fiscale, pur conducendo nel territorio italiano la propria attività principale, ovvero abbia localizzato in Italia la sede della propria amministrazione.

 

Ambito giuridico di riferimento

Normativa nazionale

La residenza fiscale delle persone giuridiche è strettamente collegata al fenomeno dell’“esterovestizione societaria”.

A livello domestico, la residenza fiscale per gli enti diversi dalle persone fisiche (ad esempio le società di persone, gli enti e gli altri soggetti passivi Ires, quali le società di capitali e i trust) è disciplinata dagli articoli 5, comma 3, lettera d) e 73, Tuir.

Nello specifico, esistono apposite disposizioni in materia di residenza fiscale contenute nel Tuir, di seguito illustrate:

  • per le persone fisiche, l’articolo 2, comma 2, Tuir, dispone che: “ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta[1] sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile”;
  • per le società di persone e le associazioni l’articolo 5, comma 3, lettera d), Tuir prevede che: “si considerano residenti le società e associazioni che per la maggior parte del periodo d’imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato”;
  • per le società di capitali, gli enti e i trust, l’articolo 73, comma 3, Tuir, dispone che: “ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’Amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.”.

Si considerano altresì residenti nel territorio dello Stato gli OICR istituiti in Italia e, salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al Decreto Mef emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, Tuir (ossia nei Paesi a fiscalità privilegiata), in cui almeno uno dei disponenti e almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato.

Infine, si considerano residenti nel territorio dello Stato i trust istituiti in uno Stato diverso da quelli di cui al Decreto Mef emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, Tuir (ossia nei Paesi a fiscalità privilegiata) quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi.

Quindi, per i soggetti Ires, valgono i seguenti criteri, alternativi tra di loro, che consentono di individuare la residenza fiscale del soggetto passivo:

  • la sede legale;
  • la sede dell’amministrazione;
  • l’oggetto principale.

 

Normativa internazionale

In ambito internazionale, per evitare fenomeni di doppia imposizione, si è soliti fare riferimento all’articolo 4, § 3, modello Ocse di Convenzione internazionale contro le doppie imposizioni sui redditi.

Il criterio mutuato dal modello Ocse di Convenzione, nella versione emendata nel 2017, attualmente prevede che nell’ipotesi in cui una società sia considerata residente in 2 diversi Stati, la residenza fiscale della persona giuridica sarà individuata sulla base di un accordo tra le Autorità competenti (denominato mutual agreement), che dovrà tenere conto del luogo di direzione effettiva (place of effective management), del luogo di costituzione (the place where it is incorporated or otherwise constituted) e di ogni altro fattore rilevante (any other relevant factors).

Sul punto, giova ricordare che l’Italia ha precisato che la sede di direzione effettiva illustrata nel § 25 del Commentario all’articolo 4, modello Ocse, deve anche tenere conto che “nel determinare la sede di direzione effettiva deve essere preso in considerazione il luogo ove l’attività principale e sostanziale dell’ente è esercitata”.

 

La sede legale

La sede legale è un requisito di carattere formale che sostanzialmente coincide con la sede sociale indicata nell’atto costitutivo o nello statuto.

Tale nozione è rinvenibile nelle disposizioni previste dal codice civile, come di seguito illustrato:

  • articolo 16, comma 1, cod. civ. (atto costitutivo e statuto): l’atto costitutivo e lo statuto devono contenere la denominazione dell’ente, l’indicazione dello scopo, del patrimonio e della sede, nonché le norme sull’ordinamento e sull’amministrazione;
  • articolo 46, cod. civ. (sede delle persone giuridiche): quando la legge fa dipendere determinati effetti dalla residenza o dal domicilio, per le persone giuridiche si ha riguardo al luogo in cui è stabilita la loro sede. Nei casi in cui la sede stabilita ai sensi dell’articolo 16, cod. civ. ovvero la sede risultante dal Registro è diversa da quella effettiva, i terzi possono considerare come sede della persona giuridica anche quest’ultima;
  • articolo 2196, cod. civ. (iscrizione dell’impresa): entro 30 giorni dall’inizio dell’attività di impresa l’imprenditore che esercita un’attività commerciale deve chiedere l’iscrizione all’ufficio del Registro Imprese nella cui circoscrizione stabilisce la sede, indicando:
  1. il cognome e il nome, il nome del padre, la cittadinanza;
  2. la ditta;
  3. l’oggetto dell’impresa;
  4. la sede dell’impresa;
  5. il cognome e il nome degli institori e procuratori;
  • articolo 2197 civ. (sedi secondarie): l’imprenditore che istituisce nel territorio dello Stato sedi secondarie con una rappresentanza stabile deve, entro 30 giorni, chiederne l’iscrizione all’ufficio del Registro Imprese del luogo dove è la sede principale dell’impresa;
  • articolo 2330, cod. civ. (deposito dell’atto costitutivo e iscrizione della società): il notaio che ha ricevuto l’atto costitutivo deve depositarlo entro 20 giorni presso l’ufficio del Registro Imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale;
  • articoli 2328 e 2475, cod. civ.: nell’atto costitutivo devono essere indicati gli elementi fondamentali della società, tra i quali la “sede sociale” e “l’oggetto sociale dell’impresa”.

 

Oggetto sociale

L’oggetto esclusivo o principale della società o dell’ente residente viene determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata.

In particolare, per oggetto principale si intende l’attività essenziale perseguita per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto (articolo 73, comma 4, Tuir).

In mancanza dell’atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l’oggetto principale dell’ente residente viene determinato in base all’attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti.

Quindi, il requisito dell’oggetto principale, va individuato oltre che nell’attività prevista nell’atto costitutivo o nello statuto (requisito formale), nell’attività effettivamente esercitata dalla società o dall’ente giuridico oggetto d’osservazione (requisito sostanziale).

Di conseguenza, l’oggetto principale dell’impresa è definibile come l’attività concreta esercitata per raggiungere gli scopi sociali: se tale attività viene svolta in parte in Italia e in parte all’estero, l’Amministrazione finanziaria dovrà accertare la prevalenza dell’attività italiana rispetto a quella estera.

In sostanza l’oggetto dell’indagine dovrà individuare su quale territorio l’impresa localizza il proprio “core business”, ovvero la principale attività commerciale, industriale, amministrativa, di servizi, etc..

Avuto riguardo alle holding di gestione di partecipazione, c.d. “holding dinamiche[2], per individuare il luogo in cui viene realizzato l’oggetto sociale, rileva non tanto quello in cui si trovano i beni principali posseduti dalla società (ossia le partecipazioni), quanto la circostanza che occorra o meno una presenza in loco per la gestione dell’attività dell’ente.

A tal proposito, nella circolare n. 67/2007 di Assonime è stato rilevato che: “la distinzione assume particolare rilevanza per le holding di gestione delle partecipazioni, per le quali non bisogna confondere, ai fini della localizzazione, l’oggetto principale dell’attività d’impresa propria del soggetto controllante con quello delle società partecipate, né tantomeno con la collocazione dei beni da queste posseduti”.

Conseguentemente, sempre per Assonime, l’oggetto principale per le holding di partecipazione deve essere individuato nel luogo in cui le attività di direzione e coordinamento e le altre attività ausiliarie di gestione operativa vengono effettuate.

 

La sede dell’amministrazione

Per individuare la sede dell’amministrazione dell’impresa o dell’ente estero, occorrerà valutare la situazione sostanziale ed effettiva dell’impresa sotto il profilo gestionale della stessa.

Sulla base di un consolidato approccio ermeneutico espresso da parte della giurisprudenza di legittimità, la sede dell’amministrazione di una società si definisce come il luogo dove si “assumono le decisioni più importanti” sotto il profilo strategico, imprenditoriale e decisionale la cui rilevanza investe l’impresa nel suo complesso, ovvero il luogo nel quale vengono definiti gli indirizzi strategici fondamentali dell’azienda e dal quale, di conseguenza, vengono diramate le maggiori direttive.

La Corte di Cassazione[3] ha correttamente chiarito che per “sede effettiva” delle persone giuridiche “è da intendere il luogo ove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente e si convocano le assemblee, e cioè il luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l’accentramento, nei rapporti interni e con i terzi, degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e della propulsione dell’attività dell’ente”.

Sempre i Supremi giudici[4], hanno precisato che “la sede effettiva non coincide con il luogo in cui si trova un recapito della persona giuridica, ma si identifica con il luogo dove si svolge la preminente attività direttiva ed amministrativa dell’impresa[5]”.

La sede effettiva di una persona giuridica non è semplicemente il luogo ove si trovano i suoi beni, i suoi stabilimenti e dove si svolge l’attività produttiva, ma quello in cui abbiano effettivo svolgimento anche l’attività amministrativa e direzionale, ove cioè risieda il suo legale rappresentante, i suoi amministratori e dove sono convocate le assemblee societarie[6].

In definitiva, sotto il profilo fiscale, la sede dell’amministrazione o place of effective management, è il luogo dove gli amministratori si riuniscono abitualmente per definire le strategie dell’impresa, da dove realmente provengono gli impulsi direttivi dell’impresa, ovvero il luogo ove le decisioni più importanti sono assunte.

Il concetto di sede dell’amministrazione contenuto nel vigente Tuir ha rilevanti punti di similitudine con quello di “sede della direzione effettiva” contenuta nell’articolo 4, modello di Convenzione Ocse per evitare le doppie imposizioni il cui scopo è quello di definire la residenza del soggetto quando questo risulti, in base alla legislazione interna degli Stati contraenti residente in entrambi[7].

Nella prassi amministrativa riscontri effettivi riguardo all’esistenza della sede in Italia possono derivare dall’accertamento del luogo in cui vengono compiuti gli atti formali di amministrazione (telefonate, fax, e-mail, lettere di convocazione, contratti, etc.)[8].

Il tema relativo all’individuazione della sede dell’amministrazione è stato affrontato anche in un documento di lavoro dell’Ocse[9], in cui nel nuovo § 24.3 del Commentario viene sottolineato che:

  • quando un CdA assume formalmente le decisioni di direzione e commerciale fondamentali per la conduzione dell’attività dell’ente nel corso di incontri tenuti in uno Stato, ma le decisioni sono, nella sostanza, prese in un altro Stato, il luogo della direzione effettiva si trova in questo secondo Stato;
  • se un soggetto (ad esempio la casa madre o il socio di controllo), che di fatto assume le decisioni di direzione e commerciali fondamentali per la conduzione dell’attività dell’ente, il luogo della direzione effettiva è quello in cui tale soggetto prende le decisioni, sempreché queste vadano oltre quelle relative alla normale direzione e formazione delle politiche di gruppo (ad esempio le attività di direzione, coordinamento, supervisione delle attività di ciascuna società del gruppo);
  • quando un CdA approva sistematicamente le decisioni commerciali e strategiche prese dai dirigenti muniti di poteri esecutivi, assume rilevanza il luogo in cui operano questi dirigenti.

Nel distinguere il luogo in cui le decisioni sono assunte da quello in cui si sono semplicemente approvate, occorre considerare il luogo in cui vengono prese in considerazione le possibili opzioni e sono assunte le decisioni definitive[10].

Quindi, l’accertamento della sede dell’amministrazione dovrà focalizzarsi sul luogo in cui la società svolge, attraverso gli amministratori e in generale il management, “la sua prevalente attività direttiva ed amministrativa per l’esercizio dell’impresa, cioè il centro effettivo dei suoi interessi, dove la società vive ed opera, dove si trattano gli affari e i diversi fattori dell’impresa vengono organizzati e coordinati per l’esplicazione ed il raggiungimento dei fini sociali[11], effettuando un’analisi completa a tutto tondo sulla base dei criteri sopra indicati.

Conformemente, la giurisprudenza di legittimità ritiene che ai fini dell’individuazione della sede dell’amministrazione, debba prevalere la situazione sostanziale ed effettiva, assumendo un ruolo secondario il profilo formale[12].

 

La prassi operativa

La circolare n. 1/2018 della G. di F., ha fornito precise indicazioni e tracciato le linee guida da seguire nel corso di una verifica nel contesto internazionale, finalizzata a individuare la residenza fiscale di una società o di un ente.

Una visione “sostanzialistica” della dinamica e della gestione societaria individua alcuni elementi sintomatici in base ai quali pervenire a una definizione del concetto di sede dell’amministrazione, quali, fra gli altri, il luogo:

  • di residenza degli amministratori, avendo principale riguardo agli amministratori di fatto e non a quelli di diritto;
  • di effettivo esercizio del potere di gestione dei conti bancari della società e, più in genere, delle sue disponibilità finanziarie;
  • in cui è presente un apparato organizzato di beni e persone, dove viene esercitata l’impresa e da dove promanano le attività di direzione dell’ente.

In sede ispettiva, pertanto, l’attenzione dei verificatori andrà posta sul reperimento di tutti gli elementi utili a comprovare, nel loro insieme, che le attività gestionali della società formalmente residente all’estero sono, di fatto, svolte sul territorio nazionale.

In linea generale, sia in sede di accesso sia nel corso della verifica si avrà cura di ricercare e acquisire la documentazione che può risultare idonea a sostenere la residenza fiscale in Italia dell’entità di diritto estero.

A titolo esemplificativo, occorrerà acquisire notizie e documenti in merito al luogo:

  • di residenza degli amministratori, verificando se vi sia prevalenza di consiglieri residenti in Italia. In proposito, occorre evidenziare come la prassi societaria abbia rilevato, nel tempo, un crescente utilizzo di amministratori “professionali” e di società di mera domiciliazione ubicate all’estero, preposte alla gestione amministrativa dell’ente.

In merito, è importante accertare se i consulenti esteri esercitino una reale influenza sull’amministrazione della società stessa, ovvero rappresentino solo un mero “schermo” per celare una situazione di fatto, che vede la gestione svolgersi concretamente sul territorio nazionale;

  • in cui si svolgono le riunioni – formali e/o informali – del CdA e sono compiuti gli atti di amministrazione.

A tale riguardo, nei casi di riunioni formalmente svoltesi all’estero, può essere utile riscontrare se nelle date indicate sui registri sociali gli amministratori abbiano effettivamente soggiornato all’estero; analoghi riscontri andranno effettuati nei casi, anch’essi frequenti, di riunioni tenutesi con sistemi di videoconferenza, verificando, ove possibile, la disponibilità materiale, nel luogo indicato sui libri sociali, della strumentazione tecnica necessaria per tali collegamenti, acquisendo ogni utile notizia circa l’effettiva presenza, nel giorno della riunione, di tutti i soggetti indicati nei suddetti registri;

  • di recapito delle lettere di convocazione del CdA e dell’assemblea dei soci, nonché quello di recapito e partenza della corrispondenza commerciale, comunicazioni fax e/o email;
  • in cui sono stati stipulati i contratti relativi ad attività poste in essere dalla società, ivi compresi quelli concernenti l’eventuale negoziazione di titoli azionari e la disponibilità di rapporti finanziari da cui la società trae le provviste per lo svolgimento delle attività sociali;
  • di approvvigionamento, predisposizione e formazione dei documenti, contabili o d’altra natura, delle società formalmente istituite all’estero; nella prassi operativa spesso la detta documentazione viene predisposta presso soggetti ubicati sul territorio nazionale e, successivamente, inviata all’estero per la formalizzazione nei libri societari dopo la raccolta delle firme in Italia.

Sulla base delle indicazioni desumibili dal citato documento di prassi, per individuare la sede dell’amministrazione dell’impresa estera e, pertanto, la residenza ai fini fiscali della società, assumono rilevanza i seguenti elementi sintomatici:

  • l’atto costitutivo e le regole sul funzionamento della società estera;
  • dove si riuniscono gli amministratori e l’assemblea dei soci (verbali delle assemblee dei soci, determinazioni dell’amministratore unico e delibere del CdA);
  • dove si svolgono con regolarità le attività dell’impresa;
  • dove risiedono gli amministratori e se sono in maggioranza italiani o stranieri;
  • la disponibilità sul territorio nazionale di conti correnti, da cui la società trae le provviste per svolgere le attività sociali;
  • la disponibilità in Italia o all’estero di contratti e utenze;
  • dove viene svolta l’attività imprenditoriale della società in osservazione (Stato italiano o Stato estero);
  • dove risulta localizzata l’organizzazione imprenditoriale (gli uomini, i mezzi e le risorse finanziarie che permettono lo svolgimento dell’attività d’impresa);
  • dove è situato il luogo di recapito delle lettere di convocazione del CdA e dell’assemblea dei soci;
  • la corrispondenza via fax o email dalla quale emergano elementi idonei a dimostrare che la sede di direzione effettiva della società è localizzata sul territorio nazionale.

 

La presunzione legale relativa in materia di esterovestizione

L’articolo 73, comma 5-bis, Tuir[13] stabilisce che, salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione di società ed enti, che detengono partecipazioni di controllo (c.d. “controllo attivo” diretto)[14], ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, cod. civ., nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, se, in alternativa:

  • sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, cod. civ., da soggetti residenti nel territorio dello Stato (“cosiddetto controllo passivo”);
  • sono amministrati da un CdA, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.

Un ulteriore meccanismo presuntivo è disciplinato dall’articolo 73, comma 3, Tuir, con lo scopo di attrarre a imposizione in Italia anche i trust istituiti in determinati Paesi o territori, allorquando sussistano, alternativamente, le seguenti condizioni:

  • residenza fiscale in Italia di almeno uno dei disponenti e almeno uno dei beneficiari;
  • attribuzione al trust che comporti il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi, effettuata, successivamente alla costituzione del trust stesso, a opera di un soggetto residente in Italia.

Infine, una presunzione di residenza in Italia opera per effetto di quanto previsto dall’articolo 73, comma 5-quater, Tuir, in base al quale vengono considerati presuntivamente residenti in Italia, salva prova contraria, le società e gli enti il cui patrimonio sia investito in misura prevalente in quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio immobiliare e, contestualmente, siano controllati direttamente o indirettamente, per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, da soggetti residenti in Italia.

Il requisito del controllo è determinato secondo l’articolo 2359, commi 1 e 2, cod. civ., anche per partecipazioni possedute da soggetti diversi dalle società.

 

Attività di direzione e coordinamento della holding capogruppo

Occorre valutare attentamente, con riguardo alle imprese appartenenti a gruppi societari ad ampio respiro internazionale, l’attività di “direzione e coordinamento” esercitato da parte della società capogruppo.

Nella prassi operativa, la holding capogruppo traccia le linee strategiche, definisce l’assetto organizzativo e decide sulle operazioni di maggior rilevanza per l’intero gruppo, anche se le stesse sono successivamente poste in essere dalla società partecipata.

In tali circostanze, i verificatori dovranno attentamente valutare:

  • se il caso oggetto di analisi realizzi una situazione di fatto che radica in Italia l’esecuzione di una concreta attività di amministrazione/gestione, presso gli uffici della società holding capogruppo italiana, della società formalmente residente all’estero;
  • se l’attività svolta dalla casa madre sia invece fisiologicamente riconducibile alla normale attività di orientamento, direzione e coordinamento.

 

Le proposte di modifica in materia di residenza fiscale

Il CdM del 16 ottobre 2023 ha approvato 2 Decreti legislativi di attuazione della Legge delega fiscale, che hanno fissato nuovi criteri di collegamento con il territorio dello Stato italiano che, ove riscontrati per la maggior parte del periodo d’imposta, consentono di riqualificare la residenza fiscale delle società ed enti, compresi i trust.

In particolare, l’articolo 2 della bozza citata interviene sull’attuale formulazione dell’articolo 73, comma 3, Tuir, proponendo la seguente nuova formulazione:

Articolo 2 – Residenza delle persone giuridiche
“1. All’articolo 73 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti proposte di modifica:

a) il comma 3 è sostituito dal seguente: “3. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale. Per sede di direzione effettiva si intende la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso. Per gestione ordinaria si intende il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso. Gli organismi di investimento collettivo del risparmio si considerano residenti se istituiti in Italia. Si considerano altresì residenti nel territorio dello Stato, salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, in cui almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. Si considerano, inoltre, residenti nel territorio dello Stato, salvo prova contraria, i trust istituiti in uno Stato diverso da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi”;

b) nell’alinea del comma 5-bis le parole: “Salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell’Amministrazione di società ed enti che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, se, in alternativa” sono sostituite dalle parole: “Salvo prova contraria, si considerano altresì residenti nel territorio dello Stato le società ed enti che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, se, in alternativa””

Quindi, se le proposte di modifica saranno confermate, verranno considerate residenti in Italia le società e gli enti che, per la maggior parte del periodo di imposta (183 giorni) avranno nel territorio dello Stato:

  • la sede legale;
  • la sede di direzione effettiva;
  • la gestione ordinaria in via principale.

In merito:

  • per sede di direzione effettiva si intende la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso: in tale circostanza dovrà quindi assumere rilevanza l’individuazione del luogo ove vengono assunte le decisioni strategiche (operative e gestionali) che investono, nel suo complesso, l’operatività dell’impresa formalmente di diritto estero;
  • per gestione ordinaria, si intende invece il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso.

Con riferimento ai trust, per espressa disposizione normativa, gli stessi saranno considerati residenti in Italia, salvo prova contraria, qualora siano costituiti in Stati o territori a fiscalità privilegiata e almeno uno dei disponenti e almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato.

Inoltre, saranno considerati residenti nel territorio dello Stato, salvo prova contraria, i trust istituiti in Stati o territori a fiscalità privilegiata quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi.

Con riferimento all’ipotesi di presunzione legale relativa in tema di esterovestizione l’articolo 73, comma 5-bis, Tuir ha subito le seguenti modifiche:

Attuale versione Modifiche
5-bis. Salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione di società ed enti, che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, se, in alternativa:

a) sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;

b) sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.

b) nell’alinea del comma 5-bis le parole: “Salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione di società ed enti che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, se, in alternativa”

sono sostituite dalle parole: “Salvo prova contraria, si considerano altresì residenti nel territorio dello Stato le società ed enti che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, se, in alternativa”

 

La verifica fiscale al soggetto esterovestito

Attribuzione della partita Iva

Il soggetto estero, la cui residenza fiscale è stata riqualificata in Italia, non risulta essere identificato fiscalmente in Italia, essendo sprovvisto sia di codice fiscale sia di partita Iva.

L’Amministrazione finanziaria, dopo aver verificato i presupposti giuridici per attrarre la residenza del soggetto estero sul territorio dello Stato, prima di avviare la verifica fiscale dovrà attribuire, al presunto soggetto esterovestito, il numero di partita Iva e il codice fiscale.

Quindi, i verificatori provvederanno “coattivamente” ad aprire una posizione fiscale ai fini Iva (partita Iva) e ai fini delle imposte sui redditi (codice fiscale) al soggetto non residente, divenuto soggetto passivo d’imposta per effetto delle disposizioni contenute nell’articolo 73, Tuir sopra richiamate

Tale soggetto economico, sarà così immediatamente individuabile dal Fisco italiano, alla stregua di un qualunque altro soggetto passivo.

 

Avvio della verifica fiscale

L’articolo 52, D.P.R. 633/1972, richiamato dall’articolo 33, D.P.R. 600/1973, prevede che “gli uffici dell’imposta sul valore aggiunto possono disporre l’accesso di impiegati dell’Amministrazione finanziaria nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali…. Gli impiegati che eseguono l’accesso devono essere muniti di apposita autorizzazione che ne indica lo scopo, rilasciata dal capo dell’ufficio da cui dipendono…”.

Quindi, al momento dell’avvio della verifica fiscale, dovrà essere notificato al contribuente il c.d. “provvedimento autorizzativo”.

Sul punto, la circolare n. 1/2008 della G. di F.[15] chiarisce che “all’atto dell’avvio dell’ispezione copia del foglio di servizio deve essere consegnata al contribuente, o a chi in quel momento lo sostituisce, notificando il contenuto del documento e dandone atto nel processo verbale di verifica; analogamente occorrerà procedere nei casi in cui, verifica durante, si rendesse necessario procedere all’estensione delle attività ad altri periodi di imposta ovvero ad altri settori impositivi, nonché nei casi in cui si procede alla proroga delle attività ispettive oltre il trentesimo giorno lavorativo, ai sensi ai sensi dell’articolo 12, comma 5, della L. 212/2000”.

 

Redazione del processo verbale di verifica

Ai sensi dell’articolo 52, comma 6, D.P.R. 633/1972, “di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte al contribuente o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute. Il verbale deve essere sottoscritto dal contribuente o da chi lo rappresenta ovvero indicare il motivo della mancata sottoscrizione. Il contribuente ha diritto di averne copia”.

Quindi, anche in ipotesi di esterovestizione societaria il processo verbale di verifica sarà rilasciato alla persona che, sulla base dell’attività istruttoria effettuata, si ritiene che gestisca la società sottoposta a controllo (qualificabile come l’amministratore di fatto del soggetto economico estero).

In particolare, il processo verbale di verifica descriverà le motivazioni di fatto e di diritto che hanno innescato il controllo fiscale, illustrerà i diritti e i doveri del contribuente (in base alle disposizioni di cui alla L. 212/2000, c.d. Statuto dei diritti del contribuente), nonché le operazioni di verifica svolte ogni singolo giorno di attività ispettiva.

La parte ha diritto a ricevere un esemplare del processo verbale di verifica anche in caso di rifiuto di sottoscrivere l’atto. Qualora il contribuente dovesse rifiutare l’esemplare a lui destinato, questo sarà custodito agli atti da parte dell’Amministrazione finanziaria operante, facendo constatare il rifiuto alla ricezione.

L’esemplare, comunque, potrà essere ritirato dal contribuente anche successivamente alla conclusione della verifica[16].

 

Ricostruzione del reddito sottratto a tassazione

L’Agenzia delle entrate con la circolare n. 28/E/2006 evidenzia che il soggetto estero riqualificato come residente in Italia “sarà soggetto a tutti gli obblighi strumentali e sostanziali che l’ordinamento prevede per le società e gli enti residenti”.

A titolo esemplificativo, gli effetti di più immediato impatto per le sub-holding esterovestite riguarderanno:

  • i capital gain realizzati dalla cessione di partecipazioni da assoggettare al regime di imponibilità o di esenzione previsti dagli articoli 86 e 87, Tuir;
  • le ritenute da operare sui pagamenti di interessi, dividendi e royalties corrisposti a non residenti o sui pagamenti di interessi e royalties corrisposti a soggetti residenti fuori del regime di impresa;
  • il concorso al reddito in misura pari al 100% del loro ammontare degli utili di partecipazione provenienti da società residenti in Stati o territori a fiscalità privilegiata.

Il soggetto esterovestito è un evasore totale, avendo omesso di presentare le dichiarazioni obbligatorie.

Quindi, l’Amministrazione finanziaria dovrà ricostruire:

  • il reddito imponibile ai fini Ires, che dovrà essere determinato secondo le regole contenute nel Tuir, sulla scorta dei dati risultanti dal Conto economico civilistico redatto dalla società (sostanzialmente, scaturente dalla somma algebrica dei ricavi e dei costi di esercizio, comprese le scritture di assestamento di fine anno);
  • la base imponibile Irap, che dovrà essere determinata con le regole indicate nel D.Lgs. 446/1997.

 

Redazione del pvc finale

I verificatori dovranno redigere il pvc finale ove indicare le violazioni amministrative rilevate.

La circolare n. 1/2008 della G. di F.[17], fornisce precise indicazioni: “una volta sottoscritto, tanto dai verificatori, quanto dal contribuente, una copia del processo verbale di constatazione va consegnato al contribuente, dandone espressamente atto nel documento stesso; al riguardo, l’articolo 12 della L. 212/2002 usa l’espressione “rilascio”. Ai fini di questo adempimento, è necessaria una puntuale e chiara attestazione a verbale che certifichi l’avvenuta consegna dell’atto, dando espressamente evidenza che la firma apposta da quest’ultimo nel processo verbale stesso vale anche quale conferma della ricezione del medesimo; non è richiesta l’osservanza delle formalità previste per la notifica degli avvisi di accertamento ex articolo 60 del D.P.R. 600/1973, che peraltro potranno essere adottate nei casi di irreperibilità del contribuente destinatario dell’atto”.

Anche nel caso di società esterovestita:

  • i funzionari dell’Amministrazione finanziaria dovranno adottare ogni cautela per cercare di individuare il presunto amministratore di fatto della società che gestisce l’impresa, allo scopo di consentire al medesimo soggetto di conoscerne le risultanze dell’attività ispettiva, nonché di formulare richieste e/o osservazioni ai verificatori;
  • il contribuente ha diritto di ricevere un esemplare del pvc anche nell’ipotesi in cui si rifiuti di sottoscriverlo; ove rifiuti anche di ricevere il documento, questo sarà conservato dall’Amministrazione finanziaria, nel fascicolo relativo al contribuente, previa espressa menzione di tale rifiuto nello stesso pvc, nel quale si darà altresì atto che l’esemplare destinato al contribuente viene custodito presso l’ufficio, a disposizione della parte che potrà ritirarlo in qualsiasi momento[18];
  • nel pvc finale saranno compendiate tutte le violazioni riconducibili ai fenomeni di esterovestizione societaria.

 

La rilevanza penale dell’esterovestizione

Come noto, ai fini penali – tributari l’articolo 5, D.Lgs. 74/2000, rubricato “omessa dichiarazione”, prevede la reclusione da 2 a 5 anni nei confronti di “chiunque” al fine di evadere le imposte sui redditi o l’Iva, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa risulta superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte a 50.000 euro.

Già in passato, con specifico riferimento ai profili penali tributari dell’esterovestizione societaria, si era pronunciata la Suprema Corte di Cassazione, III sezione penale, con la sentenza n. 41683/2018 depositata in data 26 settembre 2018.

In tale contesto:

  • la prova dell’esterovestizione derivava da un preciso quadro indiziario penalmente rilevante, basato su numerosi elementi raccolti nel corso del giudizio di merito;
  • ai fini penali, tuttavia, il contribuente veniva assolto dal delitto previsto per l’omessa presentazione della dichiarazione per l’impossibilità di stabilire, oltre ogni ragionevole dubbio, il superamento della soglia di punibilità prevista dalla norma.

A parere di chi scrive, qualora nel corso di una verifica fiscale venga individuata un’ipotesi di esterovestizione societaria, l’ipotesi di reato realizzabile è quella prevista e punita dall’articolo 5, D.Lgs. 74/2000 (omessa dichiarazione).

 

Conclusioni

Nel presente intervento sono state illustrate le caratteristiche che connotano l’esterovestizione societaria, quale pernicioso fenomeno di evasione fiscale internazionale.

Come detto l’esterovestizione è un termine che viene utilizzato per indicare le tecniche di pianificazione fiscale internazionale, che si realizzano mediante la costituzione di una o più società in altro Stato estero, allo scopo di ottenere un indebito risparmio d’imposta. Il nostro ordinamento tributario contiene specifiche disposizioni che consentono di arginare i fenomeni di pianificazione fiscale aggressiva posti in essere da parte delle imprese, anche ad ampio respiro internazionale.

Nel corso di una verifica fiscale, potranno essere sanzionate solo le strutture di puro artificio, costituite oltrefrontiera al solo scopo di evadere le imposte senza svolgere alcuna reale attività economica, constatando le relative imposte che potranno anche avere rilevanza penale tributaria, oltreché comportare pesanti sanzioni sotto il profilo tributario.

[1] 183 giorni nell’arco dell’anno, 184 in caso di anno bisestile.

[2] Le holding dinamiche si distinguono dalle holding statiche, in quanto queste ultime si limitano a detenere in modo passivo asset immateriali, anche di tipo partecipativo (ad esempio partecipazioni in imprese controllate).

[3] Cassazione n. 3604/1984 in Il fisco n. 41/2008, pag. 2-7432.

[4] Cassazione n. 3910/1988 in Il fisco n. 20/2008, pag. 1-3637.

[5] In senso conforme cfr. Cassazione n. 2515/1976 e n. 2472/1981 in Azienda & Fisco, n. 11/2009, pag. 9.

[6] Cassazione n. 3028/1972 in Azienda & Fisco, n. 11/2009, pag. 9.

[7] Cfr. M. Piazza, “Guida alla fiscalità internazionale”, Milano, 2004, pag. 105.

[8] V. G. Pezzuto, S. Screpanti, “La verifica fiscale”, Milano, 2003, pag. 359.

[9] Cfr. “Place of effective management concept: suggestion for change to the OECD model Tax convention” del 27 maggio 2003.

[10] Cfr. M. Piazza, “Guida alla fiscalità internazionale”, op. cit., pag. 108.

[11] Cassazione n. 136/1958 in Il Fisco, n. 20/2008, pag. 1-3637; Cassazione n. 5359/1988 in Il Fisco, n. 41/2008, pag. 2-7432; Cassazione n. 3910/1988 in Il Fisco, n. 39/2004, pag. 1-6672.

[12] Cassazione n. 4172/1974 in Il Fisco, n. 34/2009, pag. 1-5640.

[13] Per conformi considerazioni cfr. M. Thione e M. Bargagli: “Presunzione di esterovestizione e reiterabilità del meccanismo presuntivo lungo la catena partecipativa” in Il Fisco n. 18/2011, pag. 2841.

[14] La disposizione contenuta nel comma 5-bis dell’articolo 73, Tuir, si riferisce al solo controllo attivo diretto operato dalla legal entity estera nei confronti di un soggetto residente in Italia. Il comma 5-ter dell’articolo 73, Tuir, ai fini della verifica della sussistenza del controllo di cui al comma 5-bis, precisa che si deve tener conto della situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato.

[15] Circolare n. 1/2008, volume I, parte III, capitolo 1, § 4, pag. 114.

[16] Cfr. sul punto la circolare n. 1/2008 della G. di F., volume I, parte III, capitolo 3, pag. 140.

[17] Circolare n. 1/2008 della G. di F., volume I, parte III, conclusione della verifica fiscali e dei controlli, capitolo 5, pag. 180.

[18] Sullo specifico punto cfr. circolare n. 1/2008 della G. di F., volume I, parte III, conclusione della verifica fiscali e dei controlli, capitolo 5, pag. 187.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “Patrimoni, finanza e internazionalizzazione.