1 Febbraio 2023

La tassazione dei premi degli sportivi

di Guido Martinelli
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Una delle novità di maggiore rilievo introdotta dal decreto correttivo n. 163/2022 al D.Lgs. 36/2021, che, ricordiamo, farà decorrere i propri effetti a far data dal prossimo primo luglio, è la nuova disciplina fiscale sui premi messi in palio in occasioni di manifestazioni sportive prevista dal nuovo comma 6 quater dell’articolo 36.

In via preliminare si chiarisce che la riforma si applica solo ai premi erogati in favore di atleti e tecnici e non verso le altre figure di lavoratori sportivi  indicati all’articolo 25 del decreto in esame e costituisce una sorta di “ritorno al passato” in quanto richiama espressamente la disciplina dell’articolo 30 D.P.R. 600/1973, che era quella applicata anche nello sport prima della entrata in vigore della L. 342/2000 che ha inserito i premi tra le voci dei redditi diversi di cui all’articolo 67 comma 1, lett. m, Tuir.

Questo inserimento aveva prodotto delle difficoltà applicative di non poco conto, in special modo, ad esempio, per la tassazione dei premi in natura.

Il tema è che, essendo i premi parificati ai compensi e alle indennità forfettarie, al momento della assegnazione diventa necessario, con la disciplina oggi vigente, acquisire l’autodichiarazione di superamento o meno, a seguito del valore del premio assegnato, della fascia esente prima di 7.500 e ora di 10.000 euro.

In caso di capienza del valore del premio all’interno della fascia defiscalizzata la questione appare risolta.

Ma se, invece, il valore del premio “sfora” diventa necessario operare la ritenuta a rivalsa obbligatoria.

In caso di premio in contanti l’operazione appare praticabile, salva l’esigenza di effettuare conguagli e raccogliere dati per l’invio obbligatorio della certificazione unica da parte della sportiva organizzatrice; attività di certo di non pacifica realizzabilità su un palco di premiazioni.

Irrealizzabile, invece, (a meno che non si pensi di richiedere al vincitore il controvalore della ritenuta in numerario) nel caso di montepremi in natura.

Pertanto, in questi anni, questa disciplina è stata “dimenticata” nei casi di premi in natura.

Fortunatamente l’esistenza di questo obbligo sembra sia stata dimenticata anche dalla Agenzia delle Entrate in sede di accertamento.

Oggi torniamo alla disciplina vigente prima dell’anno 2000. L’articolo 20 D.P.R. 600/1973 prevede, per i premi sportivi legati all’alea del risultato, una ritenuta a titolo di imposta del 20 per cento a rivalsa facoltativa.

Primo dato positivo, quindi, che il valore del premio, sia esso in denaro o in natura, comunque non si cumula con gli altri redditi conseguiti dall’atleta o dal tecnico, contrariamente a quanto accadeva con l’articolo 67 Tuir.

Sarà il soggetto che mette in palio il premio che potrà decidere se rivalersi sul vincitore per il valore della ritenuta, sottraendola al premio, o accollarsene l’ammontare lasciando invariato il premio al vincitore. In questo secondo caso sarà possibile regolarizzare anche la ritenuta sui montepremi in natura versando il 20 per cento del loro controvalore commerciale.

Anche gli adempimenti per chi eroga il premio sono ridotti al minimo. Dovrà, infatti, unicamente trasmettere il 770 riportando per totale le ritenute operate.

Nel merito della novella introdotta al D.Lgs. 36/2021 si osserva che essa si riferisce in specifico ai premi messi in palio da Coni, Cip, FSN, DSA, EPS, associazioni e società sportive dilettantistiche.

Tale indicazione appare rivolta a chiarire che, comunque, non si potrebbe comunque per loro applicare l’articolo 67 Tuir (che viene anche abrogato) ma resta inteso che detta disciplina ha carattere generale e pertanto potrà essere applicata a livello generale da parte di qualsiasi soggetto metta in palio premi sportivi.

Viene indicato che la norma si applica anche ai gettoni erogati “a titolo di partecipazione a raduni, quali componenti delle squadre nazionali”. La ratio, condivisibile, è quella di disciplinare i riconoscimenti economici erogati dalle Federazioni che convocano atleti che, presumibilmente, hanno già un contratto di lavoro con i propri club di appartenenza.

Va infine chiarito che si sta parlando di premi legati all’alea e non di retribuzione legata a risultati. Pertanto sono emolumenti esterni al rapporto negoziale (un compenso inserito in contratto rimane tale anche se l’elargizione venisse subordinata al raggiungimento di un determinato risultato agonistico) determinati unilateralmente dal soggetto erogatore.

Questo consente anche di evitare squilibri come accade oggi, ad esempio, per i medagliati olimpici che ricevono per questo risultato premi importanti che nell’anno di erogazione comportano loro una aliquota fiscale importante non giustificata per l’assenza di un rapporto di lavoro.

Va evidenziato, infine, che il premio in esame è compatibile con la prestazione volontaria, anche dei pubblici dipendenti, così come per gli atleti e tecnici lavoratori sportivi senza che questo incida, per questi ultimi, sulle due fasce esenti da contribuzione previdenziale (fino a euro 5.000 euro) o reddituale (fino a euro 15.000 euro).