14 Novembre 2018

La richiesta di parere tecnico al Mise sulle attività di R&S

di Debora Reverberi
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L’individuazione del perimetro oggettivo di applicazione del credito d’imposta R&S comporta valutazioni in ordine sia alle attività, sia alle tipologie di investimenti ammissibili.

L’ammissibilità delle attività di R&S alla disciplina del credito d’imposta richiede la riconducibilità di ciascun progetto effettivamente svolto dall’impresa alle seguenti fattispecie:

  1. ricerca fondamentale,
  2. ricerca industriale o applicata,
  3. sviluppo sperimentale.

Si rammenta che tali definizioni, contenute nell’articolo 3, commi 4 e 5, D.L. 145/2013 e nell’articolo 2, D.M. 27/05/2015, sono mutuate dalla Comunicazione della Commissione Europea n. 2014/C 198/01, recante la “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione” e a loro volta derivano dai criteri di classificazione definiti in ambito Ocse nel c.d. “Manuale di Frascati”, concernente le “Guidelines for Collecting and Reporting Data on Research and Experimental Development.

Gli accertamenti di natura tecnica in materia di attività di R&S agevolabili involgono la competenza esclusiva del Ministero dello sviluppo economico, restando di competenza dell’Agenzia delle entrate i controlli di natura tributaria, quali l’individuazione degli investimenti ammissibili connessi allo svolgimento delle attività di ricerca e sviluppo agevolabili ai sensi dell’articolo 3, comma 6, D.L. 145/2013 e dell’articolo 4, D.M. 27/05/2015, la verifica dell’effettività delle spese sostenute e delle cause  di  decadenza e revoca del  beneficio.

Ai fini della concreta individuazione delle attività da considerare ammissibili al credito d’imposta R&S la circolare AdE 5/E/2016 prevedeva esclusivamente la facoltà di presentazione di un’istanza di interpello all’Agenzia delle entrate, ai sensi dell’articolo 11 L. 212/2000.

In base a tale disposizione l’Amministrazione finanziaria acquisiva autonomamente le eventuali valutazioni di natura tecnica in merito a ciascun interpello dal Mise, che le dava riscontro tramite nota.

La successiva circolare AdE 13/E/2017 ha introdotto per il contribuente, ad integrazione dell’istanza di interpello all’Agenzia delle entrate, la facoltà di acquisizione autonoma di un parere tecnico del Mise.

In caso di condizioni di obiettiva incertezza riguardanti la corretta interpretazione della disciplina del credito d’imposta R&S relativamente a fattispecie concrete e personali, i contribuenti interessati possono dunque presentare:

  • un’istanza di interpello all’Agenzia delle entrate, per ottenere una risposta relativa alla specifica applicazione delle disposizioni tributarie;
  • la richiesta di parere tecnico al Mise, per ottenere una risposta relativa alla riconducibilità delle attività, per le quali si intende fruire del beneficio, tra quelle eleggibili al credito di imposta.

La richiesta di parere tecnico del Mise, riguardando esclusivamente la classificazione dei progetti effettivamente svolti fra la ricerca e sviluppo agevolabile ex lege e non inerendo l’ammissibilità delle spese sostenute, non richiede la presentazione di una contestuale istanza di interpello all’Agenzia delle entrate e deve essere inviata al seguente indirizzo di posta elettronica certificata della Direzione Generale per la politica industriale, la competitività e le piccole e medie imprese del Ministero dello sviluppo economico: dgpicpmi.dg@pec.mise.gov.it

I presupposti per la presentazione della richiesta di parere tecnico consistono:

  • nella presenza di un dubbio oggettivo attinente una fattispecie concreta e personale;
  • nell’esistenza di un’obiettiva incertezza sulla qualificazione della fattispecie come ricerca teorica, industriale o applicata e sviluppo sperimentale;
  • nell’esistenza di un elemento di peculiarità o di complessità distintivo rispetto a situazioni ricorrenti.

L’assenza di tali presupposti si traduce in un vizio dell’istanza di parere tecnico tale da determinarne l’inammissibilità.

Il contenuto minimo dell’istanza di parere tecnico prevede tutti i seguenti elementi:

  • i dati identificativi dell’istante e dell’eventuale legale rappresentante, comprensivi del codice fiscale;
  • la descrizione della fattispecie concreta e personale circostanziata e specifica, da valutarsi alla luce della possibilità di rendere una risposta al quesito prospettato;
  • l’indicazione delle disposizioni di cui si richiede l’interpretazione, l’applicazione o la disapplicazione;
  • l’enunciazione chiara e univoca della soluzione prospettata dal contribuente;
  • l’indicazione del domicilio e dei recapiti anche telematici dell’istante o del suo eventuale domiciliatario a cui deve essere comunicata la risposta.

Il contribuente, una volta ricevuto il parere tecnico dal Mise, dovrà limitarsi a conservarlo per esibirlo in sede di un eventuale controllo.

L’istanza di parere tecnico in ogni caso non può essere considerata uno strumento di accertamento preventivo.

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