10 Ottobre 2023

La nozione di azienda ai fini delle imposte dirette

di Stefano Rossetti
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La scheda di FISCOPRATICO

L’articolo 2555 cod. civ. definisce l’azienda come “il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”. Quindi l’azienda è costituita da un insieme di beni (intesi in senso giuridico) che sono mediati dall’organizzazione fornita dal soggetto imprenditore al fine di esercitare l’attività d’impresa.

Pertanto, sulla base di quanto sopra, possiamo individuare tre elementi che caratterizzano l’azienda:

  • i beni. Essi devono essere intesi in senso giuridico e, in ragione di diversi filoni interpretativi, possono ricomprendere, oltre ai beni materiali e immateriali, anche diritti e rapporti obbligatori;
  • l’organizzazione definita dalla giurisprudenza come il “collegamento funzionale fra i beni di un complesso produttivo unitario” (per tutte Cassazione n. 8219/1990);
  • l’esercizio dell’attività di impresa come concetto finalistico dell’organizzazione impressa all’insieme di beni.

Sotto il profilo dell’imposizione diretta, il concetto di azienda è particolarmente rilevante, in quanto il legislatore riconosce la valenza dell’azienda sotto un profilo economico produttivo, tanto da riservarle una dignità fiscale, a cui si associano regimi di tassazione agevolativi o improntati alla neutralità fiscale.

In linea generale, la nozione di azienda utilizzata nell’ambito del diritto tributario è mutuata dal diritto commerciale. In particolare, l’Agenzia delle entrate con la circolare 320/E/1997, recante chiarimenti in materia di riordino della disciplina dei procedimenti di riorganizzazione aziendale, ha identificato l’azienda quale universitas di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridico-economici suscettibili di consentire l’esercizio dell’attività di impresa (vedasi anche risposta ad interpello n. 101/2021).

Inoltre, in un’altra occasione l’Amministrazione finanziaria (circolare 57/E/2008) ha specificato che un complesso aziendale per essere tale deve essere:

  • autonomo;
  • atto a produrre reddito.

In sostanza, l’azienda può essere definita come un insieme di beni eterogenei, costituenti un complesso caratterizzato da “unità funzionale”, determinata dal coordinamento realizzato dall’imprenditore tra i diversi elementi patrimoniali e dall’unitaria destinazione dei medesimi a uno specifico fine produttivo, individuando i fattori essenziali dell’azienda nell’organizzazione, nei beni e nel loro fine per l’esercizio dell’impresa (risposta ad interpello n. 101/2021).

Quanto alla giurisprudenza di legittimità, la stessa sottolinea la nozione di azienda, quale complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa, individuando nell’organizzazione di questi, funzionale all’esercizio dell’impresa, la sua connotazione essenziale (Cassazione n. 5087/2014).

In relazione alla cessione d’azienda, la Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare che “se non è necessaria la cessione di tutti gli elementi che normalmente costituiscono l’azienda, deve tuttavia appurarsi che nel complesso di quelli ceduti permanga un residuo di organizzazione che ne dimostri l’attitudine all’esercizio dell’impresa, sia pure mediante la successiva integrazione da parte del cessionario” (Cassazione n. 9575/2016). Più di recente, la stessa Corte di Cassazione (sentenza n. 1769/2018) ha evidenziato come sia “elemento costitutivo della cessione l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la sua capacità, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali e organizzativi e quindi di svolgere, senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario, il servizio o la funzione finalizzati nell’ambito dell’impresa cedente”.

Sulla base di quanto sopra, dunque, la presenza di un’azienda o meno contempla una valutazione che deve essere effettuata caso per caso sulla base degli elementi giuridici e fattuali riferibili al caso di specie.

In caso di dubbio sull’esistenza di un complesso aziendale, il contribuente può sempre ricorrere all’istituto dell’interpello ordinario, di cui all’articolo 11, L. 212/2000, con il quale può essere chiesto all’Amministrazione finanziaria di qualificare giuridicamente la fattispecie fattuale.

Infatti, l’interpello ordinario può essere anche di tipo “qualificatorio”, ovvero il legislatore ha riconosciuto la vocazione espansiva dell’interpello ordinario, esplicitando l’applicabilità dell’istituto anche ai casi in cui oggetto di obiettiva incertezza non è la norma tributaria in quanto tale, ma la qualificazione giuridico tributaria della fattispecie prospettata dal contribuente, quando cioè quest’ultimo ha dubbi sulla qualificazione del fatto e, dunque, sull’applicazione della norma, più che sull’interpretazione della medesima.

Sul piano sostanziale le considerazioni sopra svolte sono utili in merito all’applicazione, a mero titolo esemplificativo:

  • dell’articolo 176 Tuir, che subordina la neutralità dell’operazione al conferimento di un complesso aziendale;
  • dell’articolo 67 Tuir, che qualifica come reddito diverso l’affitto e/o la cessione dell’unica azienda da parte dell’imprenditore individuale.