26 Agosto 2015

La base imponibile per la tassazione degli atti di dotazione del trust

di Sergio Pellegrino
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Analizzate nelle “puntate” precedenti della nostra rubrica le diverse posizioni che si sono affermate a livello di dottrina, prassi e giurisprudenza sull’applicabilità dell’imposta di donazione, successione e sui vincoli di destinazione alle disposizioni di beni in trust e sulle aliquote e franchigie da utilizzare, soffermiamoci oggi sulla determinazione della base imponibile.


Nei precedenti contributi dedicati al tema della tassazione indiretta degli atti con i quali vengono disposti beni in trust, abbiamo avuto modo di verificare come oggi, alla luce delle (inopinate) ordinanze della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione dello scorso mese di febbraio, siano venute meno alcune delle certezze che la prassi operativa ha faticosamente elaborato nel corso degli anni.

In realtà, in molti casi, le questioni problematiche relative all’applicazione dell’imposta di donazione (o della “nuova” imposta sui vincoli di destinazione, volendo seguire il “ragionamento” sviluppato dalla Suprema Corte) non si pongono all’atto pratico in quanto le modalità di determinazione della base imponibile, unitamente alle franchigie che si rendono applicabili, fanno sì che, anche in presenza di patrimoni non “trascurabili”, non debba comunque essere versata alcuna imposta nel momento in cui i beni vengono trasferiti al trustee.

Per quanto riguarda i beni immobili, il valore da prendere in considerazione è il valore venale di comune commercio, ma la norma prevede che, laddove il valore in questione sia superiore al valore catastale rivalutato, non possa essere comunque oggetto di rettifica da parte dell’Ufficio. Conseguentemente, ai fini della determinazione del carico impositivo, ci si attesta quindi sul valore catastale rivalutato, che, al momento e fino a quando non sarà operativa la revisione delle rendite catastali, è ancora in linea generale significativamente inferiore rispetto al valore di mercato degli immobili.

Per fare un esempio, se avessimo un immobile abitativo con un presunto valore di mercato di 600.000 euro, affittato ad un canone di locazione annuo di 36.000 euro e dotato di una rendita catastale rivalutata di 2.000 euro, questo concorrerebbe alla determinazione della base imponibile dell’imposta di donazione “soltanto” in misura pari a 252.000 euro (importo ottenuto moltiplicando la rendita catastale rivalutata per il moltiplicatore di 126 che si rende applicabile per gli abitativi).

Il carico impositivo potrebbe inoltre essere ulteriormente ridotto qualora, anziché disporre in trust la piena proprietà, si decidesse di trasferire la sola nuda proprietà: ipotizzando che l’usufruttuario sia collocato nella fascia d’età tra i 41 e i 45 anni, la nuda proprietà “varrebbe” soltanto il 20% e quindi l’importo da prendere in considerazione ammonterebbe a 50.400 euro.

Se ci spostiamo a ragionare sull’altra tipologia di bene tipicamente disposto in trust, ossia la partecipazione societaria, anche in questo caso la base imponibile non è rappresentata dal suo valore di “mercato”, quanto piuttosto da quello proporzionalmente corrispondente al valore del patrimonio netto della società risultante dall’ultimo bilancio pubblicato (tenendo conto dei cambiamenti intervenuti sino al momento dell’atto di dotazione e quindi  approntando, se del caso, un bilancio di verifica sufficientemente aggiornato). 

L’imposizione può essere però azzerata se vi sono le condizioni per applicare l’agevolazione contenuta nell’articolo 3 comma 4 ter del decreto legislativo 346 del 1990, finalizzata ad agevolare i passaggi generazionali, che prevede l’esclusione da imposizione per i trasferimenti a favore dei discendenti e del coniuge di aziende o rami aziendali, quote sociali e azioni. 

Per le partecipazioni in società di capitali c’è un duplice requisito da rispettare: per effetto del trasferimento deve essere acquisito o integrato il controllo di diritto di cui all’articolo 2359 comma 1 numero 1 del codice civile e questo deve essere mantenuto per un periodo non inferiore a cinque anni. 

Nel caso delle partecipazioni disposte in trust, l’Agenzia nei propri documenti di prassi (risoluzione 110 del 2009 e circolare 18 del 2013) ha posto una serie di condizioni: 

  1. il trust non deve avere una durata inferiore a cinque anni dalla data dell’atto con il quale la partecipazione o l’azienda viene collocata nel trust;
  2. i beneficiari finali devono essere necessariamente discendenti o coniuge del disponente;
  3. il trust non deve essere discrezionale o revocabile e la circolare 18 afferma che “non possono essere modificati dal disponente o dal trustee i beneficiari finali dell’azienda o delle partecipazioni trasferite in trust”.  

L’esenzione può riguardare anche il passaggio di partecipazioni in società di persone, ed in questo caso, naturalmente, non c’è la condizione del controllo: quale che sia la misura della partecipazione vi è quindi l’esenzione a condizione che la partecipazione venga mantenuta dal trustee per almeno cinque anni. 

Infine, i trasferimenti di beni e diritti in trust non formalizzati in atti soggetti a registrazione, come nel caso di apporto di liquidità effettuato con un bonifico bancario, dovrebbero essere esclusi da tassazione in quanto non soggetti a registrazione. 

 

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