10 Ottobre 2022

Individuazione della residenza fiscale di un cittadino svizzero

di Marco Bargagli
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La scheda di FISCOPRATICO

Come noto, sia per le persone fisiche che per le persone giuridiche, con il termine esterovestizione si intende normalmente quel fenomeno in cui si realizza una dissociazione tra residenza reale (es. Italia) e residenza fittizia (all’estero, generalmente in un Paese a bassa fiscalità), con il precipuo scopo di evadere le imposte e ottenere, simmetricamente, un indebito risparmio d’imposta.

Analizziamo, anzitutto, la normativa sostanziale di riferimento evidenziando che, a livello domestico l’articolo 2 Tuir prevede che un soggetto passivo è residente in Italia se, per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni o 184 in caso di anno bisestile):

  • è iscritto nell’anagrafe della popolazione residente;
  • ha il domicilio nel territorio dello Stato, definito come la sede principale degli affari e interessi (articolo 43, comma 1, cod. civ.);
  • ha stabilito la propria residenza nel territorio dello Stato, identificabile come la dimora abituale del soggetto (articolo 43, comma 2, cod. civ.).

Un aspetto dirimente per individuare la residenza fiscale della persona fisica è sicuramente quello riferito all’individuazione del luogo dove la persona fisica ha la propria dimora abituale, ossia dove ha localizzato le proprie relazioni personali.

A tale fine, il domicilio di una persona fisica ex articolo 43 cod. civ. viene definito come “la sede principale degli affari ed interessi” valutando sia i rapporti di natura patrimoniale ed economica, sia quelli morali, sociali e familiari.

Il nostro ordinamento tributario stabilisce anche una presunzione legale relativa” la quale prevede l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente il quale, se ha stabilito la residenza in Paesi a fiscalità privilegiata deve dimostrare, con elementi di effettività sostanziale, che ha trasferito la residenza fiscale all’estero.

In merito, per espressa disposizione normativa (articolo 2, comma 2-bis, Tuir), si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, quei cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente, iscritti all’Aire, che si sono trasferiti in paradisi fiscali (D.M. 04.05.1999).

Di contro, in ambito convenzionale, l’articolo 4 paragrafo 2, del modello Ocse di convenzione prevede che, in caso di conflitto tra Stati circa la residenza fiscale di una persona fisica, il potere impositivo spetti preliminarmente allo Stato ove il soggetto abbia una abitazione permanente, in subordine a quello in cui abbia il proprio centro di interessi vitali, e ancora in subordine a quello in cui esso abbia una dimora abituale.

Circa la presunta esterovestizione di un cittadino svizzero, si citano gli spunti interpretativi forniti dalla suprema Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 18009 del 06.06.2022, con la quale gli Ermellini hanno rigettato il ricorso proposto da parte dell’Agenzia delle entrate, che aveva contestato la residenza fiscale in Svizzera da parte di un cittadino iscritto all’AIRE.

La difesa del contribuente evidenziava che la persona fisica, conformemente ai criteri indicati nella circolare 140/E/1999, aveva dimostrato di essere:

  • effettivamente residente in Svizzera dal 1997;
  • iscritto all’Aire dal 1998, unitamente a moglie e figlio;
  • titolare del mutuo stipulato per l’acquisto dell’abitazione in Svizzera;
  • titolare di più utenze domestiche (elettricità, gasolio, telefono, acqua, televisione).

Inoltre, è emerso che il figlio del contribuente frequentava l’Università di Zurigo e la moglie lavorava in una scuola di Lugano.

In buona sostanza, il fatto che egli lavorasse presso una società con sede in Italia non avrebbe avuto particolare rilevanza ai fini della corretta individuazione della residenza fiscale.

In merito, giova ricordare che proprio la circolare 140/E/1999 ha tracciato, a titolo esemplificativo, alcuni elementi idonei a fornire idonea prova contraria che consente di superare la presunzione legale relativa prevista dall’articolo 2, comma 2-bis, Tuir e, segnatamente:

  • la sussistenza della dimora abituale nel Paese fiscalmente privilegiato, sia personale sia dell’eventuale nucleo familiare;
  • l’iscrizione ed effettiva frequenza dei figli presso istituti scolastici o di formazione del Paese estero;
  • lo svolgimento di un rapporto lavorativo a carattere continuativo, stipulato nello stesso Paese estero ovvero l’esercizio di una qualunque attività economica con carattere di stabilità;
  • la stipula di contratti di acquisto o di locazione di immobili residenziali, adeguati ai bisogni abitativi nel Paese di immigrazione;
  • la movimentazione a qualsiasi titolo di somme di denaro o di altre attività finanziarie nel Paese estero da e per l’Italia;
  • la stipula di contratti di acquisto o di locazione di immobili residenziali, adeguati ai bisogni abitativi nel Paese di immigrazione;
  • le fatture e ricevute di erogazione di gas, luce, telefono e di altri canoni tariffari, pagati nel Paese estero;
  • la movimentazione a qualsiasi titolo di somme di denaro o di altre attività finanziarie nel Paese estero e da e per l’Italia;
  • l’eventuale iscrizione nelle liste elettorali del Paese d’immigrazione;
  • l’assenza di unità immobiliari tenute a disposizione in Italia o di atti di donazione, compravendita, costituzione di società, etc.;
  • la mancanza nel nostro Paese di significativi e duraturi rapporti di carattere economico, familiare, politico, sociale, culturale e ricreativo.

Tutto ciò premesso, i giudici di Piazza Cavour hanno pienamente condiviso, anche in sede di legittimità, la decisione del giudice di merito, rilevando che il contribuente ha esaurientemente adempiuto all’onere probatorio posto a suo carico”.

Nello specifico, il giudice del gravame, dopo avere peraltro richiamato proprio la circolare 140/E/1999, ha ritenuto non fittizio il trasferimento della residenza all’estero.

Secondo la costante elaborazione giurisprudenziale espressa in apicibus, il domicilio della persona fisica viene confermato come la sede principale degli affari ed interessi economici nonché delle relazioni personali, come desumibile da elementi presuntivi (cfr. ex multis Corte di cassazione, sentenza n. 21694 del 08.10.2020, Corte di cassazione, sentenza n. 14434 del 15.06.2010; Corte di cassazione, sentenza n. 13803 del 07.11.2001).

Quindi, il concetto di domicilio va valutato in relazione al luogo in cui la persona intrattiene sia rapporti di natura personale, che quelli economici (cfr. Corte di cassazione SS.UU., sentenza n. 25275 del 29.11.2006 e Corte di cassazione, sentenza n. 14240 del 14.05.2021), dovendo il concetto di interessi, in contrapposizione a quello di affari, intendersi comprensivo anche degli interessi personali (cfr. Corte di cassazione, sentenza n. 6081 del 01.03.2019; Corte di cassazione, sentenza n. 29576 del 29.12.2011).

In definitiva, nel caso di specie, il giudice di merito ha negato che possa attribuirsi al contribuente un domicilio in Italia, adeguatamente soppesando i vari elementi dedotti e provati dal ricorrente ai fini della residenza.

Questi ultimi sono riferiti alla sfera personale e familiare del soggetto passivo evidenziando, alla loro luce, che da molti anni la persona fisica ha stabilito il proprio centro di interessi vitali in Svizzera, unitamente al proprio nucleo familiare.