7 Febbraio 2017

Indagini finanziarie: ultimi chiarimenti

di Lucia Recchioni - Comitato Scientifico Master Breve 365
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In occasione del consueto appuntamento annuale con Telefisco l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti da tempo attesi con riferimento alla nuova disciplina in materia di indagini finanziarie dettata dall’articolo 7-quater del D.L. 193/2016, convertito con la Legge 225/2016.

Ricordiamo a, tal proposito, che con la richiamata disposizione il legislatore ha operato un duplice intervento sulle previsioni di cui all’articolo 32 del D.P.R. 600/1973:

  • da un lato, ha infatti eliminato la parola “compensi”, escludendo così dall’ambito di applicazione della norma i professionisti. Sono state in tal modo recepite le conclusioni raggiunte dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 228/2014;
  • dall’altro, ha introdotto una specifica soglia di “rilevanza” dei prelevamenti per i titolari di reddito d’impresa, stabilendo che sono posti come ricavi a base delle rettifiche ed accertamenti i prelevamenti o gli importi riscossi superiori ad euro 1.000 giornalieri e, comunque, ad euro 5.000 mensili.

Anche alla luce dei chiarimenti forniti con la recente sentenza della Corte di Cassazione n. 2432 del 31 gennaio 2017, possiamo quindi oggi distinguere due fattispecie nell’ambito delle disposizioni in tema di indagini finanziarie:

  • una prima fattispecie, che attribuisce rilevanza ai versamenti non giustificati, la quale trova applicazione nei confronti di tutti i contribuenti (dagli imprenditori, ai professionisti, senza dimenticare i privati cittadini);
  • una seconda fattispecie, che riguarda esclusivamente i prelevamenti di importo superiore a 1.000 euro giornalieri e 5.000 euro mensili non giustificati, la quale opera solo con riferimento ai titolari di reddito d’impresa.

In entrambi i casi, se il contribuente non riesce a dimostrare che ha tenuto conto dei suddetti prelevamenti/versamenti ai fini della determinazione del reddito, gli uffici possono considerare gli importi in oggetto come maggior reddito, e porre quindi questi elementi a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli articoli 38, 39, 40 e 41 del D.P.R. 600/1973.

La norma, pertanto, consente agli uffici di rideterminare il reddito del contribuente, sia ricorrendo allo strumento dell’accertamento analitico che a quello induttivo.

In considerazione di tutto quanto sopra brevemente esposto, le novità più rilevanti sono sicuramente sul fronte dei prelevamenti, in quanto, non solo vengono esclusi i professionisti dall’ambito di applicazione della norma, ma vengono altresì definiti degli importi entro i quali il contribuente può disporre delle somme senza temere accertamenti del Fisco.

Tali soglie, secondo l’interpretazione prevalente, potrebbero essere più correttamente qualificate come vere e proprie “franchigie” in quanto la norma espressamente chiarisce che sono posti a base degli accertamenti soltanto “i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni per importi superiori a euro 1.000 giornalieri e, comunque, a euro 5.000 mensili.”. Da ciò ne consegue che, anche nel caso in cui il contribuente abbia superato le suddette soglie, i limiti continuano a trovare applicazione, ammettendo la possibilità di non giustificare i prelevamenti entro i richiamati importi.

È stato inoltre ritenuto che le due soglie operino congiuntamente, sicché è necessario che i prelevamenti siano superiori ai 1.000 euro giornalieri, e, contemporaneamente, sia superata la soglia dei 5.000 euro mensili.

Dubbi sono stati tuttavia espressi in merito al concetto di “mese”. Da un lato, infatti, potrebbe ritenersi rilevante il mese solare, ma non può essere esclusa la rilevanza anche del mese inteso come lasso di trenta giorni dal prelievo di riferimento.

Tra le più rilevanti problematiche interpretative deve però essere sicuramente richiamata l’efficacia temporale della norma.

Secondo le prime interpretazioni, le novità introdotte dovevano trovare applicazione con riferimento a tutti gli accertamenti ancora da emanare, trattandosi di una norma di carattere procedurale.

Non sono tuttavia mancate argomentazioni a sostegno dell’applicazione retroattiva: non solo perché la norma è stata ritenuta meramente interpretativa, ma anche per la sua natura di disposizione a favore del contribuente.

Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate, in occasione dell’appuntamento con Telefisco, ha avuto modo di chiarire che le nuove disposizioni introdotte (e, quindi, anche le nuove soglie di “rilevanza”) trovano applicazione soltanto a partire dal 03.12.2016, ovvero dalla data di entrata in vigore della Legge di conversione 225/2016.

Dal tenore letterale del quesito (non confermato dalla stessa Agenzia delle Entrate) pare comprendere che l’irretroattività della disposizione discenda dall’oggetto della disposizione stessa, la quale riguarda l’attività istruttoria e non quella di accertamento.

L’Agenzia delle Entrate è inoltre tornata a ribadire che le nuove soglie introdotte dal legislatore (1.000 euro giornaliere e 5.000 euro mensili) trovano applicazione solo con riferimento ai prelievi non giustificati, e non si estendono quindi anche ai versamenti, i quali continuano a rappresentare una presunzione di reddito ogni volta che il contribuente non riesce a giustificarli.

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