27 Giugno 2015

In vigore con sorprese il Decreto di riordino dei contratti di lavoro

di Luca Vannoni
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Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, dal 25 giugno è in vigore il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 attuativo della Legge Delega Jobs Act, L. 183/2014, e finalizzato al riordino dei contratti di lavoro. Molte sono le novità che sono state apportate nella redazione definitiva del provvedimento, qualcuna anche rispetto alle ultime bozze circolate dopo l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri.

Ad uno sguardo complessivo, la modifica strutturalmente più incidente riguarda le collaborazioni coordinate e continuative e più in generale il lavoro autonomo. Se l’obiettivo tratteggiato nella delega era il superamento delle collaborazioni a progetto, il risultato conseguito lascia qualche dubbio operativo che sicuramente richiederà una fase di sedimentazione delle novità.

La disciplina previgente, infatti, contenuta negli articoli da 61 a 69 bis del D.Lgs. 276/2003, è abrogata, con la fine, quindi, delle collaborazioni a progetto e di quel complicato sistema di presunzioni, riguardanti le c.d. partite IVA, introdotto dalla Legge Fornero (L. 92/2012) con l’art. 69 bis del D.Lgs. 276/2003. Quest’ultima norma aveva suscitato forti perplessità, originate da un testo non omogeneo che ha richiesto interpretazioni necessariamente creative da parte del Ministero del Lavoro. I contratti in essere al 25 giugno rimangono in vigore fino a scadenza, senza la possibilità di proroghe successive.

Nello stesso modo viene eliminata la possibilità di stipulare contratti di associazione in cui l’associato sia una persona fisica per lo svolgimento di prestazioni di lavoro. Teoricamente è possibile sottoscrivere contratti di associazione tra società, creando forme atipiche di rapporti commerciali di appalto con partecipazione al rischio dell’affare unitario e compensi aleatori, ma la recente evoluzione dei contratti di rete ha fatto perdere l’interesse a tale soluzione, che aveva suscitato una certa attrattiva per evitare i meccanismi della solidarietà nei contratti di appalto.

L’abrogazione operata, tuttavia, non cancella la possibilità di utilizzo delle collaborazioni, in virtù di quanto previsto dall’art. 2 del D.Lgs. 81/2015. Ma attenzione, le collaborazioni, di contenuto esclusivamente personale, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente, anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, sono disciplinate dalle regole del lavoro subordinato a partire dal 1° gennaio 2016, ovviamente anche per i contratti stipulati dal 25 giugno al 31 dicembre 2015. Questo è sicuramente il passaggio più delicato: la norma non sembra infatti introdurre una riqualificazione dei rapporti con tali caratteristiche nella subordinazione, ma un’osmosi di regole -il cui richiamo è senza limitazioni, o specificazioni, per materia – di per sé esterne alla natura delle collaborazioni nel caso in cui vi sia una forma di organizzazione da parte del committente. Dal 25 giugno fino a fine anno, vi è quindi una sorta di franchigia che, ovviamente, non deve essere letta come esclusione da rischi di riqualificazione se viene dissimulato un rapporto di lavoro subordinato.

Ulteriore dubbio è legato all’ambito di applicazione. L’etero organizzazione, di fatto, rappresenta la classica modalità con cui si sono diffuse e radicate le collaborazioni legittime nel nostro sistema: senza essere soggetti a poteri direttivi, i lavoratori prestavano la propria attività in via personale e in coordinamento con il committente. È quindi configurabile una collaborazione, anche continuativa, ma solo se connotata da autonomia organizzativa: i rischi comunque sono molti, e il concetto di etero organizzazione potrebbe rilevarsi null’altro che un sinonimo di coordinamento. Mediante l’istituto della certificazione, è comunque possibile certificare, presso le apposite commissioni previste dall’art. 76 del D.Lgs. 276/2003, l’assenza dei requisiti che fanno scattare le norme di lavoro subordinato, sempre che lo svolgimento del rapporto ne confermi l’attestazione operata su elementi formalizzati nel testo contrattuale e verificati dalle dichiarazioni delle parti.

Rimangono comunque immuni dalla disciplina della subordinazione le collaborazioni regolamentate da accordi collettivi sul piano nazionale, le collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali con iscrizione all’albo, le attività prestate dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi o commissioni e le prestazioni rese in favore di associazioni e società sportive affiliate alle federazioni.

Riguardo alle prestazioni di lavoro subordinato, particolarmente interessante è l’intervento riguardo al part time, con modifiche apportate nell’ultima stesura della norma.

Non vi sono più definizioni delle diverse forme di part time, prima suddivise in orizzontali, verticali o miste, a cui si agganciavano lievi differenze nella disciplina: è sufficiente un orario di lavoro inferiore rispetto a quello normale, 40 ore o il minor orario previsto dalla contrattazione collettiva. A livello definitorio, l’ulteriore novità, anche in questo caso dell’ultimo secondo, è rappresentata dall’eliminazione del termine “clausole flessibili”: ora sotto l’ombrello delle clausole elastiche troviamo sia gli accordi per la variazione della collocazione, le vecchie clausole flessibili, sia gli accordi per l’estensione della prestazione, cioè le vere e proprie clausole elastiche. Dalla modifica definitoria discende una maggior flessibilità, in quanto in precedenza le clausole elastiche, nella definizione previgente, erano utilizzabili solo per i part time verticali o misti.

È stata confermata l’introduzione di una disciplina in materia di lavoro supplementare e clausole elastiche cedevoli, in presenza di regolamentazione da parte dei contratti collettivi. Per il lavoro supplementare è previsto il limite del 25% delle ore concordate (15% nella bozza originaria del decreto), con una maggiorazione sempre pari al 15%, onnicomprensiva. Per le clausole elastiche si ammette un aumento massimo sempre pari al 25% ed è prevista una maggiorazione oraria del 15%, anche in caso di variazione della collocazione.

Ulteriore novità a livello sostanziale riguarda la possibilità di prevedere una collocazione delle prestazioni dei part time secondo una turnistica, prassi in precedenza ammessa dalla giurisprudenza che ora trova un’espressa regolamentazione.

L’ultima novità che si intende qui brevemente analizzare, a cui seguiranno ulteriori approfondimenti, riguarda il lavoro a termine: per il superamento dei limiti quantitativi vi sarà solo una sanzione amministrativa, senza rischi di trasformazione del rapporto, smentendo così le bozze diramate dall’approvazione in cdm dove era indicata, viceversa, una indennità a carattere retributivo.