30 Giugno 2016

Illegittimo il pro rata “matematico” per beni non a utilizzo “misto”

di Marco PeiroloPaolo Centore
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Nelle conclusioni presentate ieri – 29 giugno 2016 – in merito alla causa C-378/15 (Mercedes Benz Italia), l’Avvocato UE ha affermato che il criterio di detrazione basato sul pro rata “matematico” è illegittimo sul piano unionale siccome applicabile per determinare l’IVA detraibile relativa a tutti gli acquisti, compresi quelli utilizzati per compiere esclusivamente operazioni imponibili o operazioni esenti, in spregio dunque al principio di destinazione previsto dall’art. 168 della Direttiva n. 2006/112/CE.

La questione, sollevata dalla Commissione Tributaria Regionale di Roma (ordinanza 6 maggio 2015, n. 353/22/15), ha avuto origine dall’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio ha ridotto l’ammontare dell’IVA detraibile nel presupposto che le operazioni di finanziamento infragruppo effettuate dalla società dovessero conteggiarsi nel calcolo della percentuale di detrazione in considerazione del loro elevatissimo importo, pari al 71,64% del volume d’affari.

L’art. 19, comma 5, del D.P.R. n. 633/1972, così come interpretato dall’Amministrazione finanziaria, si riferisce ai soggetti passivi che pongono in essere sia operazioni imponibili che operazioni esenti, per i quali l’imposta ammessa in detrazione è calcolata assumendo, in virtù di una presunzione assoluta, che tutti i beni/servizi acquistati siano utilizzati per effettuare operazioni imponibili nella percentuale corrispondente al pro rata, dato dal rapporto tra le operazioni imponibili (numeratore) e le operazioni imponibili più quelle esenti (denominatore).

L’art. 173, par. 1, della Direttiva n. 2006/112/CE, riproponendo il contenuto dell’art. 17, par. 5, commi 1 e 2, dell’abrogata VI Direttiva, dispone che l’IVA detraibile relativa ai beni/servizi ad utilizzo “misto” si calcola con il descritto criterio del pro rata. Tuttavia, agli Stati membri è consentito di avvalersi delle deroghe previste dall’art. 173, par. 2, della Direttiva (corrispondente all’art. 17, par. 5, comma 3, della VI Direttiva), tra cui quella che nella legislazione italiana legittima l’applicazione generalizzata del pro rata, quand’anche, cioè, si tratti di acquisti destinati a generare operazioni soltanto imponibili o esenti. Nello specifico, è previsto che gli Stati membri possano autorizzare od obbligare il soggetto passivo ad operare la detrazione secondo il criterio del pro ratarelativamente a tutti i beni e servizi utilizzati per tutte le operazioni ivi contemplate”.

L’Avvocato generale è dell’avviso che la deroga in esame riguardi unicamente i beni/servizi ad utilizzo “misto”, richiamando a fondamento di questa conclusione la giurisprudenza della Corte di giustizia.

Nella sentenza Portugal Telecom (causa C-496/11 del 6 settembre 2012), confermata dalla successiva sentenza Larentia + Minerva (cause riunite C-108/14 e C-109/14 del 16 luglio 2015), si afferma infatti che il pro ratastandard”, vale a dire quello disciplinato dall’art. 173, par. 1, della Direttiva, è applicabile esclusivamente per i beni/servizi utilizzati per effettuare, nel contempo, operazioni imponibili e operazioni esenti e che, del resto, gli Stati membri possono utilizzare i metodi di calcolo alternativi a quello standard, qual è quello adottato dallo Stato italiano, solo per i beni/servizi ad uso “misto”.

Peraltro, la stessa Corte di giustizia ha stabilito che i metodi alternativi di calcolo del pro rata si applicano solo in situazioni specifiche, in quanto finalizzati a determinare l’imposta detraibile in modo più preciso rispetto a quello che può essere ottenuto con il metodo standard (causa C-511/10 dell’8 novembre 2012, BLC Baumarkt, causa C-488/07 del 18 dicembre 2008, Royal Bank of Scotland, causa C-183/13 del 10 luglio 2014, Banco Mais).

La conclusione dell’Avvocato generale, ove fosse confermata dalla Corte, travolgerà anche l’art. 36, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972.

La norma, che consente al soggetto passivo di evitare gli effetti negativi del pro rata optando per la separazione contabile delle attività, è incompatibile con lo scopo della disciplina unionale di garantire l’armonizzazione delle regole in materia di IVA, in quanto “un’opzione del genere, avente natura puramente facoltativa, fa dipendere la detrazione prevista dalla sesta direttiva da una scelta del soggetto passivo (…)”.

In definitiva, assodato che la normativa italiana è illegittima laddove impone l’applicazione del pro rata anche per gli acquisti destinati esclusivamente a compiere operazioni imponibili o esenti, resta da stabilire quale sia la modalità di calcolo della detrazione prevista dagli Stati membri che, come l’Italia, si sono avvalsi della deroga prevista dall’art. 173, par. 2, lett. d), della Direttiva (corrispondente all’art. 17, par. 5, comma 3, lett. d), della VI Direttiva).

In proposito, per l’Avvocato generale, la detrazione deve essere ammessa nei limiti dell’utilizzo dei beni/servizi per effettuare operazioni imponibili, sicché può ritenersi – in perfetta aderenza alla tesi avanzata dalla società – che il metodo del pro rata “fisico” (di cui all’art. 19, comma 4, del D.P.R. n. 633/1972), basandosi sulla valutazione effettiva (e non percentuale) della quota di acquisto destinato ad operazioni imponibili, sia idoneo a rispettare la normativa sovranazionale escludendo risultati incompatibili con il principio di neutralità dell’IVA.

Deve infine osservarsi che, ove la Corte dovesse seguire le indicazioni dell’Avvocato generale, l’esito avrebbe effetto retroattivo, considerato che la difesa erariale non ha chiesto, in via subordinata, la limitazione temporale degli effetti della sentenza.