21 Ottobre 2021

Il saldo cassa eccessivo o negativo può costituire presupposto per l’accertamento?

di Lucia Recchioni - Comitato Scientifico Master Breve 365
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La scheda di FISCOPRATICO

Nella giornata di ieri, 20 ottobre, sono state oggetto di deposito due interessanti pronunce della Corte di Cassazione, entrambe aventi ad oggetto avvisi di accertamento notificati ai contribuenti in considerazione della gestione “anomala” del conto cassa: l’ordinanza n. 29141 e l’ordinanza n. 29182.

La prima pronuncia riguarda un accertamento analitico-induttivo fondato sul saldo di cassa negativo, mentre la seconda vede protagonista un professionista raggiunto da un accertamento induttivo in considerazione del saldo cassa superiore a mezzo milione di euro.

Vediamo quindi nel dettaglio a quali conclusioni è giunta la Corte di Cassazione.

Come anticipato, dunque, l’ordinanza n. 29141 ha ad oggetto il caso di un imprenditore individuale raggiunto da un accertamento analitico-induttivo, da ricondurre, quindi, all’articolo 39, comma 1, lett. d), D.P.R. 600/1973.

L’accertamento analitico-induttivo, come noto, muove dall’incompletezza, falsità o inesattezza delle singole componenti della contabilità, giungendo quindi alla rideterminazione dell’imposta dovuta rettificando le singole componenti di redditi. È un accertamento, dunque, che si distingue da quello induttivo, perché le incompletezze, falsità o inesattezze non sono tali da consentire di prescindere completamente dalle scritture contabili.

Nel caso di specie la ditta aveva annotato i corrispettivi globalmente, con la data dell’ultimo giorno del mese; l’Agenzia delle entrate aveva quindi confrontato i dati dei registri Iva con i movimenti del conto corrente, riscontrando la permanenza di un saldo negativo di cassa.

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha individuato nel saldo negativo di cassa e nell’irregolare annotazione sul libro giornale difformità contabili idonee a costituire presupposti per procedere alla rettifica analitico-induttiva del reddito.

La seconda pronuncia citata (ordinanza n. 29182), invece, ha visto vittorioso il contribuente al quale era stato notificato un accertamento induttivo (ovvero un accertamento analitico-induttivo, riqualificato dalla Corte di Cassazione come “induttivo puro” in considerazione del richiamo alla “presenza di contabilità inattendibile”).

In questo caso, infatti, l’Agenzia delle entrate aveva ritenuto la contabilità totalmente inattendibile, in quanto il conto cassa presentava un saldo superiore a mezzo milione di euro.

La Corte di Cassazione, però, nell’accogliere la tesi del contribuente, ha richiamato l’articolo 2 D.P.R. 570/1996, in forza del quale “la contabilità ordinaria degli esercenti arti e professioni è considerata inattendibile quando:

a) i valori rilevati a seguito di ispezioni o verifiche, anche parziali, compresi quelli dei beni di cui alla successiva lettera b), abbiano uno scostamento, rispetto a quelli indicati in contabilità, superiore al 10 per cento del valore complessivo delle voci interessate, …;

b) non risultano indicati in alcuna delle scritture contabili o, in mancanza dell’obbligo di indicazione nelle stesse, in altra documentazione attendibile, uno o più beni strumentali, diversi dagli immobili utilizzati nell’attività – anche se non posseduti a titolo di proprietà e anche se completamente ammortizzati – il cui valore complessivo sia superiore al 10 per cento di quello di tutti i beni strumentali utilizzati, esclusi i menzionati immobili. …;

c) sono impiegati lavoratori dipendenti che non risultano iscritti nei libri da tenere ai fini della legislazione sul lavoro …”.

Rileva dunque la Corte di Cassazione che “in tali previsioni normative non è affatto riportata la irregolare tenuta del conto cassa, che peraltro costituisce comunque registrazione contabile non obbligatoria”.

Considerato pertanto che la tenuta del conto cassa non è obbligatoria, ma è consentita al contribuente per esigenze di controllo e gestione interna, le sue risultanze avrebbero potuto pesare sul giudizio di attendibilità delle scritture, ma non potevano condurre a ritenere privo di attendibilità l’intero impianto delle registrazioni contabili obbligatorie.

È stato quindi accolto il ricorso del contribuente.