12 Settembre 2023

Il rimborso del canone di locazione dello studio professionale costituisce reddito di lavoro autonomo

di Stefano Rossetti
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La scheda di FISCOPRATICO

Nell’ambito del presente contributo analizzeremo la disciplina fiscale dei rimborsi ottenuti da un professionista a fronte di spese dedotte dal reddito professionale.

In relazione a tale problematica sono stati forniti chiarimenti mediante diversi documenti di prassi.

In particolare, l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 356/E/2007 ha chiarito che le somme dirette a “risarcire” le spese sostenute dal professionista per la produzione del reddito, rappresentano il “rimborso” di “un costo che, in quanto inerente all’esercizio dell’attività professionale, ai sensi dell’articolo 54 Tuir, il professionista ha dedotto dal reddito di lavoro autonomo. Anche a questa ulteriore somma, pertanto, deve essere riconosciuta rilevanza reddituale, in quanto riconduce il reddito alla misura che lo stesso avrebbe assunta qualora non fosse stata sostenuta la spesa per i servizi affidati a terzi”.

Inoltre, la rilevanza reddituale del rimborso di spese dedotte in precedenza dal reddito del professionista è stata ribadita successivamente con la risoluzione n. 106/E/2010 con cui l’Amministrazione finanziaria ha avuto modo di chiarire che:

  • costituiscono reddito di lavoro autonomo, soggetto a ritenuta ai sensi dell’articolo 25 D.P.R. 600/1973, non solo gli emolumenti sostitutivi di compensi ma anche il rimborso di costi che hanno concorso alla formazione del reddito, in quanto deducibili”;
  • (di conseguenza) “per ragioni di simmetria impositiva, pertanto, il rimborso delle predette spese, che hanno concorso alla formazione del reddito sotto forma di costi deducibili, deve ugualmente essere assoggettato ad imposizione e a ritenuta ai sensi del combinato disposto dei predetti articoli 6 Tuir e 25 D.P.R. 600/1973”.

Ultimamente, con la risposta ad interpello n. 482/2022, l’Agenzia delle entrate ha confermato l’orientamento precedentemente assunto in relazione al caso di un professionista, titolare di reddito da lavoro autonomo, che nel 2021 ha percepito, all’esito un procedimento di mediazione obbligatoria su una controversia in materia di locazione, incardinato ai sensi dell’articolo 5, comma 1, D.Lgs. 28/2010, una somma di denaro per la restituzione di una quota parte di quanto pagato in eccesso per canoni di locazione dello studio in cui ha svolto la propria attività professionale.

Quanto sopra visto, tuttavia, non è da confondere con i riaddebiti di spese eseguiti a favore di un professionista relativi alle spese comuni di studio.

Spesso più professionisti, non legati da vincoli associativi, esercitano la professione nel medesimo studio, condividendone le spese. Solitamente uno dei professionisti sostiene le spese legate all’utilizzo dello studio, in quanto intestatario, a mero titolo esemplificativo, del contratto di locazione dell’immobile, delle utenze o datore di lavoro di chi occupa le mansioni di segreteria.

Pertanto, in questo contesto, si pone la problematica legata all’inquadramento fiscale delle somme che tale professionista addebita ai colleghi con cui condivide lo studio professionale.

Sul punto si è espressa l’Agenzia delle entrate con la circolare n. 38/E/2010 e la circolare n. 58/E/2001. Secondo l’Amministrazione finanziaria il professionista riaddebitante:

  • può portare in deduzione le spese sostenute per la parte rimasta a carico, ovvero al netto delle spese riaddebitate, secondo la disciplina prevista dall’articolo 54 Tuir;
  • non deve assoggettare a tassazione le somme incassate dagli altri professionisti, in quanto prive di connotazione reddituale.

Tale impostazione risulta condivisa anche dalla giurisprudenza di legittimità. Infatti, la Corte di Cassazione (sentenza n. 16035/2015) ha affermato che “i rimborsi astrattamente spettanti non costituiscono per l’intestatario dello studio professionale, condiviso con altri colleghi, componenti positivi di reddito bensì minori costi di gestione. Tale impostazione, dunque, fa si che si debba realizzare una esposizione sostanziale delle spese effettivamente sostenute se e in quanto inerenti all’attività di lavoro autonomo realmente svolta da ciascuno, altrimenti risolvendosi l’imputazione integrale dei costi a uno solo dei professionisti condividenti in una sorte di liberalità indiretta, pacificamente non deducibile”.

Dunque, il riaddebito di dette spese deve avvenire:

  • in maniera analitica distinguendo le diverse voci di spesa. Ciò è necessario affinché il professionista che effettua il pagamento possa operare la detrazione dell’IVA e la deduzione del costo nella misura corretta;
  • applicando, ove previsto, il contributo integrativo previsto dalla cassa previdenziale di appartenenza;
  • senza applicare la ritenuta prevista dall’articolo 25, D.P.R. 600/1973.