21 Marzo 2015

Il contraddittorio endo-procedimentale…lontana realtà? – parte seconda

di Massimo Chiofalo
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Nel corso del precedente articolo è stata commentata la sentenza della Cassazione, SS.UU., n. 19667/2014, evidenziando come la stessa abbia cercato di ristabilire un equilibrio nei rapporti amministrativi tra cittadino e pubblica Amministrazione.

Concludendo il primo intervento, si evidenziava che, nella sentenza, i Giudici di legittimità censuravano il comportamento dell’Agente della riscossione, annullando l’iscrizione ipotecaria a carico del contribuente, a causa delle violazioni procedurali intermedie che avevano inficiato gli atti e tutta l’attività del procedimento. Gli Ermellini sottolineavano che l’intero provvedimento era affetto da nullità derivata, in quanto il procedimento da cui traeva origine era stato posto in essere in maniera difforme dalle prescrizioni di Legge e, nello specifico, dalla L. n. 241/1990, della quale, riportandone alcuni articoli, hanno indicato i passaggi fondamentali prescriventi un’attività amministrativa partecipata.

Nello specifico, risultano fondamentali: l’individuazione del responsabile del procedimento, la comunicazione dell’avvio del procedimento, il diritto del destinatario di consultare gli atti e di presentare memorie, l’obbligo di motivazione del provvedimento, l’attivazione del contraddittorio anche attraverso memorie di replica, la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.

La stessa sentenza evidenzia, poi, un importante postulato, sancendo che la norma di diritto amministrativo trova applicazione in tutta l’attività amministrativa, precisando che non ne sono esclusi i procedimenti tributari, per i quali si rinvia alla normativa speciale in materia, ad opera dell’art. 13 della L. n. 241/1990, relativo all’ambito di applicazione, il quale prescrive che: “Dette disposizioni non si applicano altresì ai procedimenti tributari per i quali restano parimenti ferme le norme che li regolano.”.

I Supremi Giudici, nella loro analisi, hanno fatto un’ulteriore precisazione sull’attività amministrativa tributaria, rimandando alla normativa dello Statuto del contribuente, L. n. 212/2000, la quale, sebbene Legge ordinaria, non è altro che espressione specifica, nella volontà del Legislatore, dell’attuazione e regolamentazione dei rapporti che interessano l’attività amministrativa tributaria.

Difatti, lo stesso Giudice della sentenza in commento, con riferimento alla L. n. 212/2000, ne cita le seguenti norme:

  • l’art. 5, il quale obbliga l’Amministrazione a promuovere la conoscenza da parte del contribuente delle disposizioni legislative in materia tributaria;
  • l’art. 6, che obbliga l’Amministrazione ad assicurare l’effettiva conoscenza degli atti da parte del destinatario, mediante la loro comunicazione nel luogo effettivo del domicilio, e ad informare il contribuente di ogni fatto o circostanza a sua conoscenza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento di un credito ovvero l’irrogazione di una sanzione, richiedendogli di integrare o correggere gli atti prodotti che impediscono il riconoscimento, seppure parziale, di un credito. Lo stesso articolo sancisce inoltre l’obbligo per l’Amministrazione, qualora dai controlli emergano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, di invitare la parte controllata a dare i necessari chiarimenti o produrre i documenti mancanti, entro un termine congruo;
  • l’art. 7, il quale sancisce l’obbligo della motivazione degli atti, secondo il principio dell’art. 3 della L. n. 241/1990;
  • l’art. 10, comma 1, che fissa il principio secondo cui i rapporti tra contribuente e Amministrazione finanziaria sono improntati al principio di collaborazione e buona fede, che il giudice ritiene garanzia di decisione partecipata, ex art. 7 della L. n. 241/1990;
  • l’art. 12, comma 2, che prevede il diritto del contribuente di essere informato delle ragioni che hanno indotto l’Amministrazione ad avviare sullo stesso una verifica e l’oggetto della stessa.

È chiaro, quindi, ad avviso dei giudici della Corte di Cassazione, che il Legislatore amministrativo ha voluto evidenziare come la pretesa tributaria trova legittimità nella sua formazione procedimentalizzata, solo attraverso una decisione partecipata, che consenta al contribuente un confronto con l’Amministrazione e l’esercizio del proprio diritto di difesa ex art. 24 Cost..

Il Supremo Giudice ancora, puntualizza che il contraddittorio tra le parti è un principio fondamentale dell’Unione Europea e, quando esso resta inattuato, il provvedimento conseguente deve essere oggetto di massima censura: l’annullamento.

La stessa Corte di Giustizia europea riferendosi agli artt. 41,47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, precisa che: “Ogni individuo deve essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento lesivo”.

E, per tornare alle pronunce “domestiche”, diversi sono le sentenze dell’alto Giudice che confermano la necessità e l’obbligatorietà del confronto con il contribuente anche nei provvedimenti tributari. Tra le principali infatti si citano:

  • Cassazione SS.UU. sentenza n. 26635/2009, in materia di controlli standardizzati. Secondo i Giudici, il contraddittorio endo-procedimentale è essenziale, anche se non lo prevede la norma. Quando il contribuente, ad esempio negli accertamenti da studio di settore, offre alla parte avversa le proprie memorie difensive, l’Amministrazione deve esaminarle e comunicare al contribuente i motivi per cui non le ritiene meritevoli.
  • Cassazione SS.UU. sentenza n. 18184/2013, in materia di controlli ex art. 36-ter del D.P.R. n. 602/1973, letto in combinato disposto con l’art. 12, comma 7 della L. n. 212/2000, in cui i Giudici hanno annullato un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate prima dello spirare del termine dilatorio dei 60 giorni  dalla chiusura della verifica, privando il contribuente della possibilità, attraverso proprie memorie, di attivare il proprio diritto di difesa e motivare le sue ragioni.

Vi sono pertanto non solo importanti previsioni normative, bensì anche pregevole giurisprudenza di diverso ordine e grado, che riconoscono nel contraddittorio endo-procedimentale una vera e propria evoluzione socio-culturale, che consentirebbe di ambire e sperare in un ulteriore miglioramento dei rapporti tra il cittadino-contribuente e l’Amministrazione finanziaria.