19 Ottobre 2023

I profili procedurali della verifica al soggetto esterovestito

di Marco Bargagli
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La scheda di FISCOPRATICO

A livello domestico, la residenza fiscale per gli enti diversi dalle persone fisiche quali, ad esempio, le società di persone, gli enti e gli atri soggetti passivi Ires (società di capitali e i trust), è disciplinata dall’articolo 5, comma 3, lett. d), Tuir e articolo 73, comma 3, Tuir.

Nello specifico, le società o gli enti, compresi i trust, sono considerati fiscalmente residenti in Italia quando, per la maggior parte del periodo d’imposta, hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.

In ambito internazionale occorre, invece, fare riferimento all’articolo 4, del modello Ocse di convenzione internazionale contro le doppie imposizioni sui redditi, ove vengono dettati specifici criteri per la determinazione della residenza fiscale del soggetto passivo.

Nello specifico, nella particolare ipotesi in cui una società sia considerata residente in due diversi Stati (c.d. dual residence), la residenza fiscale della società (o dell’ente) sarà individuata sulla base di un accordo tra le autorità competenti (denominato mutual agreement), che dovrà tenere conto:

  • del luogo di direzione effettiva (place of effective management);
  • del luogo di costituzione (the place where it is incorporated or otherwise constituted);
  • di ogni altro fattore rilevante (any other relevant factors).

Una volta riqualificata la residenza fiscale della società estera, sulla base degli elementi sopra indicati, prima di avviare la verifica fiscale occorrerà attribuire, al presunto soggetto esterovestito, il numero di partita Iva e il codice fiscale.   

Di conseguenza, sarà “coattivamente” aperta una posizione fiscale ai fini Iva e ai fini delle imposte sui redditi (codice fiscale) al soggetto (formalmente) non residente, riqualificato come soggetto passivo d’imposta per effetto delle disposizioni contenute nell’articolo 73 Tuir

A questo punto, quando sarà avviata la verifica fiscale, dovrà essere notificato al contribuente il c.d. “provvedimento autorizzativo” (ordine di accesso – foglio di servizio necessario per accedere presso i locali aziendali).

Sul punto, è di fondamentale importanza valutare se gli elementi info-investigativi acquisiti nei confronti del soggetto non residente, nel corso delle fasi preparatorie, consentano:

  • di accertare la sede dell’amministrazione, ossia la sede di direzione effettiva (place of effective management) del soggetto esterovestito, luogo ove sarà formalmente avviata la verifica fiscale;
  • di individuare l’amministratore di fatto che gestisce la società verificata, a cui consegnare il provvedimento autorizzativo.

Nel corso delle operazioni ispettive, sarà poi richiesta, alla parte, l’esibizione della documentazione amministrativo-contabile riconducibile al soggetto verificato.

Infatti, qualora la società abbia regolarmente istituito le scritture contabili all’estero, nella determinazione del maggior reddito imponibile (sottratto a tassazione) dovranno anche essere riconosciuti i costi sostenuti dall’impresa, regolarmente documentati da fattura, nota o altri documenti, che sono stati contabilizzati in bilancio nel rispetto dei principi contabili.

Al termine delle operazioni ispettive dovrà, poi, essere redatto il processo verbale di constatazione finale, ove evidenziare le violazioni amministrative rilevate dai verificatori e quantificare l’imposta evasa, atto che deve essere poi rilasciato e consegnato in copia al contribuente.

Una volta sottoscritto dai verificatori e dal contribuente, una copia del processo verbale di constatazione va consegnato al soggetto verificato, dandone espressamente atto nel documento stesso.

Ai fini di questo adempimento, è necessaria una puntuale e chiara attestazione a verbale che certifichi l’avvenuta consegna dell’atto, dando espressamente evidenza che la firma apposta da quest’ultimo nel processo verbale stesso, vale anche quale conferma della ricezione del medesimo.

Infine, avuto riguardo ai profili penali-tributari, l’articolo 5 D.Lgs. 74/2000, rubricato “omessa dichiarazione”, prevede la reclusione da due a cinque anni nei confronti di “chiunque” al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa risulta superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro 50.000.

Il delitto in rassegna ha la natura di reato istantaneo e si consuma decorsi 90 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione.

Sempre con riferimento ai profili penali tributari dell’esterovestizione societaria, si è pronunciata la suprema Corte di cassazione (sentenza n. 41683/2018).

Viene anzitutto ribadito che l’obbligo di presentare la dichiarazione annuale dei redditi e dell’Iva grava sulle società che, per la maggior parte del periodo di imposta:

  • hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato (imposta sui redditi)
  • hanno sede legale o anche solo amministrativa in Italia (imposta sul valore aggiunto).

In merito, gli ermellini hanno rilevato che:

  • la prova dell’esterovestizione derivava da un preciso quadro indiziario penalmente rilevante, basato su numerosi elementi raccolti nel corso del giudizio di merito;
  • ai fini penali, tuttavia, il contribuente veniva assolto dal delitto previsto per l’omessa presentazione della dichiarazione per l’impossibilità di stabilire, oltre ogni ragionevole dubbio, il superamento della soglia di punibilità prevista dalla norma.

Ad ogni modo, nel caso in cui nel corso di una verifica fiscale venga individuata un’ipotesi di esterovestizione societaria, l’ipotesi di reato realizzabile può essere quella prevista e punita dall’articolo 5, D.Lgs. 74/2000 (omessa dichiarazione).