16 Giugno 2023

Giudizio di rinvio favorevole: definizione lite al 5%

di Arianna Semeraro
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La scheda di FISCOPRATICO

Quando la sentenza di Cassazione con rinvio scaturisce dalla mancanza di motivazione della sentenza oggetto di ricorso per Cassazione, il giudice del rinvio “può anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in relazione alla pronuncia da emettere in sostituzione di quella cassata”, per cui il giudizio di rinvio si conclude con una nuova pronuncia che sostituisce quella cassata.

Da ciò ne “consegue che, ai fini della definizione della lite pendente, la sentenza del giudice (originario) d’appello non può essere tenuta in considerazione in quanto sostituita dalla sentenza del giudice del rinvio”.

Questa la posizione dell’Agenzia delle Entrate – DRE Puglia espressa nella risposta ad interpello n. 917-118/2023 avallando la soluzione prospettata dal contribuente il quale rappresentava di essere parte di un processo pendente dinanzi alla Corte di Cassazione a seguito di un giudizio di rinvio a sé favorevole che aveva sostituito la precedente pronuncia emessa in secondo grado favorevole all’amministrazione finanziaria.

Il fine perseguito dal contribuente con l’annotata istanza di interpello è volta ad individuare il corretto importo dovuto ai fini della definizione della lite pendente.

Come noto, infatti, le controversie tributarie in cui è parte l’Agenzia delle entrate, pendenti al 1° gennaio 2023 in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite con il pagamento di un importo uguale o inferiore al valore della controversia – determinato a seconda dello stato in cui si trova il processo e dell’eventuale soccombenza delle parti –  costituito dall’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato. In caso di controversie relative alla sola irrogazione di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.

In particolare:

  • secondo l’articolo 1, comma 190, L. 197/2022, le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, per le quali la competente Agenzia fiscale risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, possono essere definite con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia;
  • il precedente comma 188 dell’articolo 1 L. 197/2022 prevede che la soccombenza dell’Agenzia fiscale nella pronuncia di secondo grado determina la definizione della lite con pagamento del 15 per cento del valore della controversia.

Alla luce della normativa citata, secondo la tesi del contribuente la sentenza del giudice del rinvio sostituisce quella originaria di appello, in cui la parte pubblica era vincitrice, determinandosi così la condizione della soccombenza dell’Agenzia fiscale in tutti i precedenti gradi di giudizio che legittima la definizione della lite nella misura del 5% del valore ex articolo 1, comma 190, L. 197/2022 in luogo di quella del 15%.

Ciò, ancorché l’Agenzia delle Entrate fosse risultata vittoriosa nell’originario grado di appello ma soccombente nel successivo giudizio di rinvio in Commissione Tributaria Regionale.

Il contribuente, nel corroborare la propria posizione, riferiva che quando la sentenza di Cassazione con rinvio scaturisce dalla mancanza di motivazione della sentenza oggetto di ricorso per Cassazione, il giudice del rinvio “può anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in relazione alla pronuncia da emettere in sostituzione di quella cassata”, per cui il giudizio di rinvio si conclude con una nuova pronuncia che sostituisce quella cassata, potendosi così applicare il comma 190 cit. e definire la lite nella misura del 5% vertendosi in una situazione tale per cui l’Agenzia delle entrate risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio.

La risposta della DRE Puglia che condivide e conferma la soluzione prospettata dal contribuente è “innovativa” poiché si pone in contrasto con quanto affermato dall’Agenzia delle entrate in precedenti documenti di prassi, secondo cui non può ritenersi interamente soccombente l’Amministrazione finanziaria se il contribuente ha vinto in primo e secondo grado e la Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate cassando con rinvio la sentenza e la Corte di secondo grado, a sua volta, abbia di nuovo accolto il ricorso del contribuente.

In altre parole, la sola presenza di un giudizio favorevole all’Agenzia – quand’anche sostituito da un opposto esito del giudizio di rinvio – fa venire meno il requisito dell’intera soccombenza, per cui la definizione sarebbe dovuta avvenire al 15% del valore della controversia.

La diversa posizione espressa dall’Agenzia nell’annottata istanza esalta il dato sostanziale della controversia senza soffermarsi sulla formalità delle pronunce che hanno caratterizzato l’intero giudizio ed evita di fornire risalto e valenza – ai fini della definizione – ad una pronuncia che seppur sia esistita giuridicamente ha trovato immediata e completa sostituzione per mezzo del giudizio di rinvio.