15 Ottobre 2015

Il nuovo abuso del diritto – parte I

di Sergio Pellegrino
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Una delle misure più importanti contenuta nei decreti attuativi della legge delega è sicuramente la nuova disciplina dell’abuso del diritto o dell’elusione fiscale.

Inserita nel decreto legislativo 128 del 5 agosto 2015, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 18 agosto, si applica a partire dal 1° ottobre scorso.

L’abuso del diritto è sicuramente materia non semplice, anzi, ma è importante familiarizzare con la nuova disciplina perché essa potrebbe consentire di “sdoganare” alcune delle operazioni che sin qui sono state ostacolate da parte dell’Amministrazione finanziaria perché considerate elusive.

Per questo abbiamo pensato di dedicare una serie di contributi, di cui questo è il primo, al tema.

Con il D.Lgs. 128/2015, per la prima volta, l’abuso del diritto trova una sua definizione a livello legislativo.

Fino ad oggi è stato, infatti, soltanto una “creazione” giurisprudenziale, sviluppata fondamentalmente a partire dalle sentenze “gemelle” della Cassazione del 2008, che lo hanno considerato un principio immanente nel nostro ordinamento a salvaguardia di quello di capacità contributiva sancito dall’articolo 53 della costituzione.

In attuazione a quanto previsto dalla legge delega, il legislatore ha inserito nello Statuto dei diritti del contribuente il nuovo articolo 10 bis, rubricato “Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale”.

Già la collocazione della disposizione e la sua rubrica ci consentono di trarre delle prime, importanti, conclusioni.

L’inclusione della disciplina dell’abuso nell’ambito dello Statuto dei diritti del contribuente, oltre a significare la sua portata di carattere generale, con valenza in relazione a tutti i tributi (rimanendo al di fuori del campo di applicazione dello Statuto soltanto la materia doganale), vuole anche indicare il tentativo di contemperare l’interesse erariale con la tutela dei diritti del contribuente, cercando un difficile equilibrio tra l’esigenza di applicare il medesimo carico fiscale ad operazioni equivalenti sul piano sostanziale con quella dei contribuenti di poter conoscere in anticipo l’effetto fiscale di determinate operazioni.

La rubrica, invece, ci indica come abuso del diritto e elusione fiscale siano la stessa cosa: i due termini sono equivalenti e possono essere quindi utilizzati indifferentemente.

Contestualmente all’introduzione del nuovo articolo 10 bis nella Legge 212/2000 è stato soppresso l’articolo 37 bis del D.P.R. 600/1973, ossia la norma antielusiva che è stata sin qui applicabile, limitatamente però al comparto delle imposte dirette, attesa appunto la sua collocazione normativa.

Aspetto importante da evidenziare è che il legislatore ha precisato in modo esplicito che tutti i riferimenti all’articolo 37 bis contenuti nelle diverse norme devono oggi essere letti in relazione al nuovo articolo 10 bis.

Per comprendere il nuovo scenario è opportuno probabilmente partire dagli elementi fondamentali dell’articolo 37 bis, per apprezzarne le differenze così come gli elementi di continuità.

Con la norma in questione il legislatore voleva colpire quei negozi posti in essere da parte del contribuente in modo assolutamente legittimo dal punto di vista giuridico, ma considerati elusivi sul versante fiscale, perché privi di valide ragioni economiche e posti in essere soltanto per ottenere un risparmio di imposta, considerato indebito a livello di sistema.

La norma conteneva un’elencazione di negozi giuridici che rientravano nel suo campo di applicazione, elencazione che doveva essere considerata esaustiva. La scelta fatta dal legislatore era stata quella di limitare la contestabilità dell’elusione soltanto alle operazioni ritenute più significative e potenzialmente pericolose, in particolare quelle straordinarie e di riduzione del capitale, per non pregiudicare la certezza del rapporto tributario (in applicazione del principio sancito dall’articolo 23 della Costituzione).

Questo approccio però è stato superato negli ultimi anni dalla giurisprudenza, in particolare da quella della Cassazione, che ha fatto ricorso al concetto di abuso del diritto in tutti i comparti impositivi in modo piuttosto disinvolto e, soprattutto, senza arrivare mai ad una definizione univoca di quali fossero gli elementi caratterizzanti la condotta abusiva, generando pertanto un’estrema incertezza fra gli operatori.

Il legislatore delegato, invece, si è cimentato in questo difficile esercizio.

Il comma 1 dell’articolo 10 bis contiene infatti una definizione, sintetica, di abuso del diritto: “Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti»

Il comma 1 poi prosegue, analogamente a quanto faceva l’articolo 37 bis, stabilendo che la condotta abusiva è inopponibile all’Amministrazione finanziaria, che disconosce i vantaggi conseguiti dal contribuente applicando le disposizioni eluse: quindi i negozi posti in essere dal contribuente non sono nulli sul piano giuridico, ma “soltanto” inefficaci ai fini tributari.

Nel prossimo contributo ci soffermeremo in modo più analitico sul significato dei termini utilizzati nella definizione di abuso del diritto contenuta nel primo comma della disposizione, per cercare di comprendere quando ricorrano i presupposti della condotta abusiva.