27 Novembre 2023

Fiscalità diretta del contratto di rent to buy di azienda

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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La scheda di FISCOPRATICO

Il contratto di rent to buy, disciplinato dall’articolo 23, D.L. 133/2014, rappresenta un particolare negozio giuridico nel contesto del quale è possibile individuare gli elementi causali:

  • del contratto di locazione, finalizzato alla concessione in godimento di un immobile e;
  • del contratto preliminare unilaterale, che vincola una delle sue parti a perfezionare il trasferimento del diritto, a fronte della richiesta avanzata alla controparte negoziale.

Lo schema del rent to buy si presta, inoltre, ad essere impiegato per regolamentare altre pattuizioni contrattuali aventi ad oggetto il godimento (ed il futuro trasferimento della proprietà) di altre tipologie di beni (diversi dagli immobili). Si pensi, ad esempio, al trasferimento di aziende o rami di esse.

Ai fini dell’imposizione diretta, la quota parte di canone corrisposta a titolo di corrispettivo per il godimento del compendio aziendale dovrà essere trattata fiscalmente come un canone d’affitto, atteso che la concessione in godimento dell’azienda è assimilata, a tutti gli effetti, ad un normale contratto di affitto di azienda. Diversamente, la quota parte di canone di affitto imputata a corrispettivo della futura cessione dell’azienda dovrà essere trattata fiscalmente come un acconto sul prezzo di cessione.

Il trattamento fiscale della quota di canone relativa al godimento dell’azienda percepita dal concedente è differente a seconda che questo mantenga o meno la qualifica di imprenditore. Infatti, la stipula del contratto di rent to buy avente ad oggetto l’unica azienda del concedente comporta, in capo a quest’ultimo, la perdita (almeno temporanea) dello status di imprenditore, sicché i canoni dal medesimo percepiti, nella misura in cui remunerano il godimento del compendio aziendale, devono essere fiscalmente considerati alla stregua di un “reddito diverso”, ai sensi dell’articolo 67, co. 1, lett. h), Tuir. In particolare, per quest’ultima disposizione del Tuir, il canone percepito dall’imprenditore individuale che ha locato l’unica azienda è qualificabile, ai fini Irpef, come reddito diverso (tassato per cassa), la cui base imponibile è costituita dalla differenza tra:

  • l’ammontare percepito nel periodo di imposta e;
  • le spese specificamente inerenti alla concessione in godimento dell’azienda, quali le spese di manutenzione e riparazione straordinaria e di ammodernamento, di cui all’articolo 71, comma 2, Tuir.

La quota di canone relativa al godimento dell’azienda rileva, invece, in capo all’utilizzatore, secondo i criteri propri del reddito d’impresa, trattandosi di un costo fiscalmente deducibile. È importante precisare che, se l’utilizzatore – alla data del contratto di concessione in godimento dell’azienda – non rivestiva già la qualifica di imprenditore commerciale, la acquisisce per effetto di tale operazione: la quota di canone relativa al godimento dell’azienda rappresenta, quindi, per l’utilizzatore, un costo deducibile dal reddito d’impresa (circolare n. 148/E/2000).

La quota di canone che configura corrispettivo sul prezzo di cessione, avendo natura di acconto, non è soggetta ad imposizione finché non si realizza la cessione effettiva dell’azienda, ovvero sino a quando gli acconti versati vengono conglomerati nel corrispettivo.

Nell’ipotesi in cui, al termine del contratto di rent to buy, l’utilizzatore eserciti il diritto di acquisto del compendio aziendale, procedendo all’acquisizione definitiva dell’azienda medesima, troverà applicazione il medesimo regime impositivo prescritto per l’ipotesi di cessione d’azienda.  Conseguentemente, la plusvalenza realizzata mediante cessione a titolo oneroso sarà costituita, ai sensi dell’articolo 86, comma 2, Tuir, dalla differenza tra:

  • il corrispettivo conseguito (al lordo degli acconti nel frattempo percepiti), al netto degli oneri accessori di diretta imputazione;
  • il costo non ammortizzato dell’azienda.

L’articolo 86, Tuir, ammette diversi criteri di imposizione del maggior valore di realizzo dell’azienda, a seconda della durata del possesso della stessa:

  • inferiore a tre anni: la plusvalenza concorre a formare il reddito per l’intero ammontare nell’esercizio del realizzo;
  • almeno tre anni: la plusvalenza può essere rateizzata in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi, ai sensi dell’articolo 86, comma 4, Tuir;
  • oltre cinque anni: la plusvalenza, qualora realizzata da un imprenditore individuale, può essere assoggettata a tassazione separata, ai sensi dell’articolo 17 Tuir.

La cessione dell’unica azienda dell’imprenditore individuale in precedenza concessa in affitto genera, infatti, redditi che non hanno natura di redditi d’impresa, bensì di redditi diversi, a norma dell’articolo 67, comma 1, lett. h), Tuir: in tal caso, non trovano applicazione le disposizioni che permettono il differimento del pagamento dell’imposizione sulla plusvalenza e la tassazione separata.