25 Giugno 2015

Errori trascurabili e buona fede del contribuente

di Giovanni ValcarenghiPaolo Noventa
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Nella gestione del rapporto tra Fisco e contribuente ci vorrebbe un pizzico di comprensione in capo a ciascuno dei soggetti coinvolti. Certo, ci sono le regole e le regole vanno rispettate, su questo siamo pienamente concordi. Ma, in periodi come quelli che stiamo vivendo, le regole dovrebbero essere integrate con un pizzico di buon senso nella gestione della “cosa pubblica”.

La riflessione viene sollecitata da un caso di “mera cronaca”. Un contribuente dichiara al Fisco le somme dovute che, tuttavia, non riesce a pagare, anche a causa del ritardo con cui incassa i crediti dalla pubblica Amministrazione.

Giunge l’avviso bonario, ipotizziamo di circa 20.000 euro, che il contribuente provvede a rateizzare utilizzando la comoda procedura dell’Agenzia delle Entrate.

Le prime rate sono pagate regolarmente alle prescritte scadenza. In una delle rate successive, per mera svista, il contribuente inverte una cifra nel modello F24 e versa ben 200 euro in meno rispetto al dovuto.

La differenza è talmente lieve che non ci si avvede nell’immediato dell’errore; non si riesce, cioè, a regolarizzare il minor versamento entro la data di scadenza della rata successiva.

Si provvede comunque al versamento con ravvedimento anche dopo il termine massimo e si continua a pagare le rate successive.

Quali le conseguenze di questo accadimento?

Sono possibili due risposte:

  1. approccio rigidamente ancorato al tenore letterale della norma: il beneficio della rateazione e della riduzione delle sanzioni al 10% è irrimediabilmente perduto, in quanto non si è sanato il ritardo entro il termine di scadenza della rata successiva;
  2. approccio di buon senso e lungimiranza: l’importo tardivamente regolarizzato è talmente lieve che si denota la volontà del contribuente di voler mantenere i propri impegni. Quindi, la rateazione continua e la sanzione permane al 10%, tranne che per le somme tardivamente versate.

Il contribuente ha ovviamente sperato nell’adozione del secondo approccio, confidando nei tanti proclama dell’Agenzia delle Entrate, peraltro contenuti in documenti di prassi sia pure riferiti al procedimento di accertamento con adesione e non a quello della rateazione.

Col tempo arriva una cartella esattoriale che contesta la tardività delle rate, addebitando la sanzione piena riferita esclusivamente alle somme già scadute; ci si reca all’Agenzia ed un funzionario comprensivo (che adotta, cioè, il secondo approccio) emette un provvedimento di sgravio con il placet del proprio responsabile.

Riscontra, cioè, la ricorrenza di un lieve errore scusabile che, rapportato al totale del debito, denota l’assenza di qualsiasi pratica “furtiva” da parte del contribuente.

Avverte, però: si vede già dal sistema che arriverà una nuova cartella che non può essere bloccata. Dovrete tornare per fare sgravare anche quella.

Tutto sommato un esito positivo, ci diciamo. E qui, invece, l’ottimismo ci tradisce.

Infatti, arriva la successiva cartella esattoriale che, stavolta, disconosce l’intera rateazione e addebita la sanzione piena.

Nuova “visita” all’Ufficio, stavolta con diverso funzionario rispetto al precedente. Cambia la persona e, nemmeno a dirlo, cambia anche l’approccio utilizzato. Da un riscontro morbido si passa ad uno rigidamente “poggiato” sul tenore letterale: la tardività di versamento supera i 3 mesi, quindi la rateazione (con i connessi benefici) è irrimediabilmente perduta.

“Scusi, ma come è possibile? Poco più di due mesi fa abbiamo ottenuto il presente sgravio, relativo alla medesima posizione. Come può l’Agenzia cambiare idea in così poco tempo”?

“Lascia l’istanza che ci riserviamo di valutarla, ma le speranze sono poche”.

Ecco allora che le parole non servono a nulla. Ma quali parole, penserà chi legge?

Quelle, ad esempio, indirizzate dal Direttore Regionale interessato ai propri uffici periferici:

  • conformare l’operato dell’Amministrazione finanziaria ai dichiarati principi giuridici significa valutare caso per caso la posizione del singolo contribuente e la sua condotta complessiva nei confronti del Fisco;
  • se un contribuente ha dato prova di sostanziale buona fede e di lealtà nel suo rapporto con il Fisco, ripagarlo con la moneta dell’accanimento formalistico significa venir meno a un obbligo morale di reciprocità;
  • è nostro dovere morale, quindi, ritenere che l’obbligo tributario sia correttamente assolto anche in presenza di ritardi ed errori, qualora dal comportamento del contribuente traspaia con evidenza l’intenzione di adempiere correttamente all’obbligazione. Ciò al fine di tutelare l’interesse comune delle parti ad addivenire alla definizione, in osservanza dei principi di economicità, efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa.

Proprio su queste ultime parole vorremmo concentrare l’attenzione, sempre sperando che si voglia adottare l’approccio di buon senso e lungimiranza.

Ed allora:

  1. risponde a criteri di efficacia ed efficienza l’operato dell’Ufficio che, una volta emesso uno sgravio, non si cura di bloccare l’emissione di una nuova cartella esattoriale per la medesima situazione, solo per presunte difficoltà informatiche?
  2. risponde a criteri di efficacia ed efficienza l’operato di un Ufficio che, una volta emesso uno sgravio, non annulla in un secondo una cartella esattoriale emessa per la medesima motivazione?
  3. risponde a criteri di efficacia ed efficienza l’operato dell’Ufficio che non è in grado di riconoscere che una tardività su 200 euro rispetto ad un debito di oltre 20.000 euro, rappresenta proprio un errore di misura trascurabile?

Alla conclusione di queste riflessioni, amaramente constatiamo che le parole volano via, mentre le cartelle esattoriali restano, il tutto con buona pace dei doveri morali che dovrebbero gravare sui funzionari dell’Amministrazione finanziaria.

Se la situazione appare chiara e lampante, l’unica via d’uscita dovrebbe essere quella di riconoscere la responsabilità patrimoniale diretta del funzionario (o del responsabile) che non è stato in grado di “estinguere” sul nascere un piccolo focolaio che potrebbe innescare un grande incendio.