28 Dicembre 2021

È onere del sindaco provare lo svolgimento della propria prestazione

di Emanuel Monzeglio
Scarica in PDF

Il collegio sindacale ai sensi dell’articolo 2403 cod. civ. deve vigilare sull’osservanza della legge e dello statuto nonché sul rispetto dei principi di corretta amministrazione.

In particolare, deve concentrarsi sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società, in base alla sua dimensione, e sul suo concreto funzionamento.

Per adempiere correttamente ai propri obblighi, il collegio sindacale, ai sensi dell’articolo 2404 cod. civ., deve riunirsi ogni novanta giorni e deve redigere opportuno verbale che viene trascritto nel libro previsto dalla normativa.

Nel caso in cui fallisca una società obbligata ad avere il collegio sindacale, i sindaci possono recuperare il proprio compenso non pagato, insinuandosi al passivo fallimentare, solamente se sono in grado di dimostrare il corretto assolvimento dei propri obblighi.

Tutto ciò alla luce dell’ultima ordinanza della Corte di Cassazione n. 34433 depositata il 15.11.2021.

Il sindaco della società fallita aveva presentato domanda di insinuazione in privilegio, ex articolo 2751-bis n. 2 cod. civ., al passivo del fallimento a titolo di compenso per l’attività da lui svolta.

La curatela fallimentare, nell’analisi delle domande di insinuazione, in riferimento al credito del sindaco aveva rilevato una “eccezione d’inadempimento” ai sensi dell’articolo 1460, comma 1, cod. civ., contestando l’inadeguato svolgimento dei controlli a cui il sindaco è obbligato ai sensi degli articoli 2403 e 2407 cod. civ..

Il Giudice Delegato, seguendo la linea adottata dal curatore, aveva rigettato la domanda di insinuazione in privilegio facendo, peraltro, riferimento alla locuzione latina inutiliter data”.

Il titolare del credito, ai sensi dell’articolo 98 L.F., aveva proposto opposizione, accolta dal Tribunale di Mantova. Infatti, i giudici avevano ritenuto che la prova dell’esecuzione della prestazione professionale resa dal sindaco discendeva proprio dall’utilizzo, da parte del Giudice Delegato, della locuzione latina “inutiliter data”, la quale aveva “implicitamente riconosciuto che la stessa era stata resa”.

La curatela fallimentare aveva proposto ricorso per Cassazione, in quanto a parere del ricorrente il Tribunale di Mantova non aveva minimamente trattato l’eccezione di inadempimento della curatela.

A tal proposito, si era limitato a trascrivere solamente una parte del provvedimento emesso dal Giudice Delegato – che aveva respinto la domanda di ammissione al passivo – omettendo di esaminare il reale oggetto della contestazione, ovvero il mancato rispetto degli obblighi propri del collegio sindacale nell’esercizio dell’attività di controllo e di vigilanza dell’attività degli amministratori.

Secondo il ricorrente, infatti, l’utilizzo della locuzione inutiliter data” avrebbe dovuto essere interpretata nel senso di “inesatto adempimento”.

Il provvedimento emesso dal Giudice Delegato non lasciava nessun dubbio interpretativo in merito all’accertamento del “grave inadempimento da parte del sindaco ai doveri posti a suo carico dalla legge”, in particolare nel mancato svolgimento di ogni tipo di attività di controllo e di vigilanza sul comportamento posto in essere dall’organo amministrativo della società fallita.

L’eccezione di inadempimento era stata, altresì, illustrata dallo stesso curatore anche nella memoria di costituzione nel giudizio di opposizione allo stato passivo.

Nel caso di specie si evidenzia come la deduzione dell’inesatto adempimento (Cass. n. 14986/2021 e Cass. n. 13685/2019) integra, insieme all’allegazione di mancata esecuzione della prestazione contrattuale, la nozione di eccezione di inadempimento.

È da considerare che, secondo gli orientamenti della giurisprudenza in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisce per l’adempimento, per la risoluzione del contratto o per il risarcimento del danno, deve soltanto provare la fonte negoziale o legale e la relativa scadenza limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre è il debitore che è gravato dall’onere della prova del fatto estintivo delle pretese a lui addossate.

A fronte di ciò, uguale criterio dell’onere della prova è da ritenersi applicabile anche al caso in cui il debitore convenuto si avvalga dell’eccezione di inadempimento ai sensi dell’articolo 1460 cod. civ., risultando in tal caso invertiti i ruoli. La conseguenza è che sarà il creditore a dover dimostrare il proprio adempimento ovvero la non intervenuta scadenza dell’obbligazione.

I principi sopra esposti valgono anche nel caso in cui sia dedotto il suo “inesatto adempimento” essendo sufficiente – per il creditore o il debitore che ha sollevato l’eccezione di inadempimento ex articolo 1460 cod. civ. – la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento, gravando sulla controparte l’onere di dimostrare l’avvenuto esatto adempimento (SS. UU. n. 826/2015; n. 98/2019).

Tutto ciò constatato, la Suprema Corte ha ritenuto di rinviare al Tribunale di Mantova, in diversa composizione, un nuovo esame, evidenziando che quest’ultimo ha ritenuto infondata l’eccezione di inadempimento sollevata dalla curatela nonostante l’assenza della prova dell’adempimento, non “rispettando” i precedenti orientamenti seguiti dalla giurisprudenza.

Ne consegue che è di fondamentale importanza, per i sindaci, riuscire a dimostrare e a provare il corretto adempimento dei propri obblighi.

Tale onere è il presupposto principale per poter rivendicare il pagamento del compenso a loro spettante anche in sede fallimentare.