21 Novembre 2022

Da Agenzia Entrate e Cassazione degli alert nell’utilizzo del plafond

di Roberto Curcu
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La scheda di FISCOPRATICO

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 30800 del 19.10.2022) ed una ancora più recente risposta ad interpello (n. 540 del 31.10.2022) hanno messo in luce come nell’utilizzo del plafond previsto per gli esportatori abituali, possano sorgere rischi di commettere errori che portano all’irrogazioni di sanzioni sproporzionate.

Complice l’aumento dei tassi di interesse, e le tempistiche non certo invidiabili di erogazione dei rimborsi Iva da parte dell’Agenzia delle Entrate, avvicinandosi alla fine dell’anno alcuni esportatori abituali potrebbero essere tentati di utilizzare il plafond Iva per importi molto simili a quelli che emergono dalla dichiarazione Iva presentata per l’anno di imposta 2021.

L’importo che emerge dalla dichiarazione Iva è l’importo del plafond complessivo, e da nessuna parte risulta se – per caso – una parte di esso sia “vincolato”.

Una parte del plafond potrebbe essere “vincolato”, e cioè utilizzabile per effettuare acquisti e importazioni di beni da inviare all’estero allo stato originario entro il termine di sei mesi dalla consegna.

Questo plafond vincolato si crea in capo al promotore di una operazione triangolare, ed è pari all’ammontare del prezzo di acquisti dei beni che il proprio fornitore ha inviato direttamente all’estero.

In particolare, se IT1 cede ad IT2 della merce per 100, e la invia direttamente all’estero (extraUE o UE), ed IT2 emette fattura non imponibile articolo 8 del Decreto Iva o non imponibile articolo 41 D.L. 331/1993 nei confronti del proprio cliente per 110, in capo ad IT2 si formerà un plafond complessivo di 110, di cui 100 però saranno vincolati all’acquisto di merce da “esportare” nello stato originario nei sei mesi successivi alla consegna.

Nella risposta ad interpello, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che questo vincolo da apporre sul plafond non si crea solo quando l’intermediario ha effettuato acquisti da soggetti italiani che hanno inviato direttamente la merce all’estero (e quindi hanno emesso nei suoi confronti fattura senza Iva ai sensi dell’articolo 8, D.P.R. 633/1972 o 58 D.L.331/1993), ma anche quando si è promotori di una operazione triangolare comunitaria semplificata.

In sostanza, quando IT acquista a 100 da un tedesco, cede a 110 ad un francese, e fa inviare la merce direttamente dalla Germania alla Francia, il plafond che si forma con la cessione non imponibile articolo 41 nei confronti del francese, è da considerarsi, per l’importo di 100, vincolato.

Il suggerimento di chi scrive è quindi quello di verificare gli effetti sul plafond in caso di ricezione di fatture da fornitori italiani, non imponibili articolo 8 D.P.R. 633/1972 o non imponibili articolo 58 D.L. 331/1993, e da fornitori comunitari, che sono state integrare senza Iva ai sensi dell’articolo 40, comma 2, D.L. 331/1993.

Ulteriore “alert” sull’utilizzo del plafond ci giunge dalla Sentenza della Corte di Cassazione 30800 del 19.10.2022, nella quale viene ricordato come il plafond possa venire meno retroattivamente, quando viene meno l’operazione originaria che lo ha creato. Per capire questo concetto, ricordiamo come il plafond si formi con la registrazione di fatture emesse riportanti determinati titoli di non imponibilità.

Ricordiamo anche come l’emissione di fatture di acconto per future cessioni comunitarie o esportazioni sono emesse con dei titoli di non imponibilità che concorrono alla formazione del plafond, e lo formano – appunto – nel periodo in cui sono registrate le relative fatture.

Il caso trattato dalla sentenza 30800/2022 è uno di quelli che – causa eventi bellici in Ucraina e relative sanzioni alla Russia – nel 2022 potrebbe essere più frequente del solito.

Si tratta infatti di plafond formato negli anni precedenti (si supponga il 2021), a fronte dell’emissione di fatture di acconto con titolo di non imponibilità, riferito a beni che si pensava che, una volta ultimati, sarebbero usciti dal territorio italiano.

A fronte della mancata uscita della merce, derivante ad esempio da una risoluzione del contratto, avvenuta nel corrente anno, emerge che le fatture di acconto che erano state calcolate per la verifica e il calcolo del plafond 2021 (da spendere nel 2022), non possono più essere considerate.

In sostanza, una nota di credito emessa nel 2022, che storna una fattura che ha concorso a formare plafond nel 2021, rettifica il plafond 2021, e non va a ridurre il plafond 2022 che emergerà dalla dichiarazione Iva che verrà presentata nei primi mesi del 2023.

In sostanza, ogni volta che viene emessa una nota di variazione in diminuzione (ancorché fuori campo Iva ai sensi dell’articolo 26) o viene emessa una nota di variazione in aumento di sola Iva, è necessario valutare gli impatti delle operazioni sottostanti ai fini del plafond.

Chiaro è – a questo punto dell’anno – che chi già non faceva tali verifiche in sede di emissione di note di variazione, deve necessariamente porvi rimedio, sperando di non aver già splafonato, o di aver perso retroattivamente lo status di esportatore abituale.