7 Marzo 2024

Compensazione orizzontale: vincoli e limiti nell’utilizzo di crediti tributari

di Chiara GrandiFabio Landuzzi
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La scheda di FISCOPRATICO

Il comma 1, dell’articolo 17, D.Lgs. 241/1997, così recita: «I contribuenti […] eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.».

Trattasi dell’istituto della cosiddetta “compensazione orizzontale” (o esterna), in virtù della quale il contribuente può utilizzare crediti di imposta per estinguere debiti (di natura diversa rispetto a quella del credito utilizzato).

Essa si distingue dalla “compensazione verticale” (o interna) che si configura quando i crediti e i debiti compensati hanno la medesima natura.

Tuttavia, se per le compensazioni verticali non sono previsti limiti, prima di operare una compensazione orizzontale il contribuente deve prestare particolare attenzione e tenere a mente vincoli e interventi normativi e di prassi che si sono succeduti negli anni.

Attualmente, salvo espressa deroga normativa e/o altri limiti previsti per specifici crediti di imposta, la compensazione esterna può avvenire fino a un limite massimo di euro 2.000.000 per ciascun anno solare.

Inoltre, in caso di utilizzo di un credito per un importo superiore a 5.000 euro, è necessario attendere dieci giorni dall’invio del modello di dichiarazione o istanza da cui emerge il predetto credito, previa apposizione del visto di conformità da parte di un professionista abilitato. Specifiche deroghe e limiti superiori sono previsti per i soggetti che fruiscono del regime premiale ISA, a norma dell’articolo 9-bis, comma 11, D.L. 50/2017.

Un’importante preclusione all’utilizzo dei crediti tributari sorge in presenza di ruoli scaduti di importo superiore a 1.500 euro: in tal caso, l’articolo 31, D.L. 78/2010, che opera solo nel caso di crediti e debiti relativi alle imposte erariali, vieta la compensazione fino a concorrenza dell’importo del debito (o dei debiti) per cui è scaduto il termine di pagamento. Il medesimo articolo permette al contribuente di pagare, anche parzialmente, le somme iscritte a ruolo in modo da riportare l’importo dei debiti scaduti sotto la soglia dei 1.500 euro ed eliminare l’ostacolo alla compensazione (il versamento dovrà essere effettuato tramite il modello F24 accise utilizzando il codice RUOL).

La norma in oggetto non si applica ai crediti di natura diversa da quella erariale (i.e. i tributi locali o i crediti di imposta aventi natura agevolativa), i quali potranno, da un lato, essere liberamente utilizzati in compensazione con debiti tributari indipendentemente o meno dalla presenza di debiti iscritti a ruolo, ma, dall’altro, non potranno essere utilizzati per estinguere quegli stessi debiti scaduti e rimuovere dunque il limite di compensazione sopra indicato.

A tal proposito, non è chiaro se trattasi di un divieto “relativo” o “assoluto”. La dottrina maggioritaria, infatti, ritiene che la compensazione sia preclusa fino all’ammontare del debito iscritto a ruolo. In altre parole, a fronte, per esempio, di un debito Irap scaduto di importo pari a 4.000 euro e di un credito Ires di 7.000 euro, l’importo “vincolato” del credito sarebbe pari a 4.000 euro, ben potendo il contribuente compensare liberamente i 3.000 euro “eccedenti”. Tale comportamento parrebbe coerente con la ratio stessa dell’articolo 31, D.L. 78/2010, che, come espresso nella relazione illustrativa, è quella di evitare che i contribuenti – che vantano sia crediti che debiti (scaduti) nei confronti dell’erario – utilizzino i crediti senza preliminarmente estinguere le proprie obbligazioni «costringendo gli organi della riscossione a defatiganti attività esecutive, spesso vanificate da delibere spoliazioni preventive del patrimonio del debitore.».

Di diverso avviso l’Agenzia delle entrate, la quale, nella circolare n. 13/E/2011, ha espressamente ritenuto che «nel caso in cui il contribuente abbia crediti erariali di importo superiore a quello iscritto a ruolo, non potrà effettuare alcuna compensazione se non provvede prima al pagamento del debito scaduto». Aderendo a tale impostazione, il credito Ires di 7.000 euro di cui sopra non potrebbe essere utilizzato neppure parzialmente (i.e, per gli eccedenti 3.000 euro). Parsi questa un’interpretazione eccessivamente restrittiva, posto che il soddisfacimento degli interessi erariali sarebbe garantito dall’importo del credito di pari ammontare rispetto al debito scaduto.

Accanto a tale vincolo, la Legge di bilancio del 2024 ha introdotto un’ulteriore restrizione, operante a decorrere dal prossimo 1.07.2024: infatti, «per i contribuenti che abbiano iscrizioni a ruolo per imposte erariali e relativi accessori o accertamenti esecutivi affidati agli agenti della riscossione per importi complessivamente superiori a euro 100.000, per i quali i termini di pagamento siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione, è esclusa la facoltà di avvalersi della compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. La previsione di cui al periodo precedente cessa di applicarsi a seguito della completa rimozione delle violazioni contestate» (nuovo articolo 37, comma 49-quinquies, D.L. 223/2006 introdotto appunto dalla L. 213/2023).

Emerge subito una differenza con il limite previsto dall’articolo 31, D.L. 78/2010: in caso di debiti erariali iscritti a ruolo per importi superiori a 100.000 euro, il divieto di compensazione è assoluto e riguarda tutte le tipologie di credito, anche quelli aventi natura agevolativa e non solamente i crediti per imposte erariali.

A ciò si aggiunge che, per rimuovere il “blocco” alla compensazione, è richiesta l’estinzione integrale della somma scaduta, senza la possibilità di ridurre il debito al di sotto della soglia di 100.000 euro. Se tale interpretazione, da un lato, è coerente con il tenore letterale della norma, dall’altro fa emergere una situazione paradossale: un contribuente con un debito scaduto per un importo pari a 99.000 euro non sarebbe chiamato a rispettare tale vincolo, mentre un contribuente con debiti scaduti pari o superiori a 100.000 euro, ma disposto a ridurre, anche in maniera significativa, la propria esposizione, non potrebbe in alcun modo accedere all’istituto della compensazione. Non ultimo, se interpretata con questo rigore, la norma potrebbe addirittura precludere la compensazione anche al contribuente che ha ottenuto una dilazione di pagamento delle somme iscritte a ruolo.

Data la delicatezza del tema, sarebbe auspicabile un intervento chiarificatore da parte dell’Agenzia delle entrate, anche per evitare le conseguenze sanzionatorie che possono essere, in alcuni casi, anche piuttosto rilevanti.