4 Marzo 2016

Canone dichiarato in misura inferiore rispetto a quella reale

di Giovanna Greco
Scarica in PDF

Può accadere che il proprietario di un immobile e l’inquilino concordino un doppio contratto di locazione:

  1. il primo non registrato (scrittura privata, c.d. controdichiarazione), che gli stessi sottoscrivono contestualmente prevedendo una clausola con un importo del canone di locazione superiore (corrispondente all’effettivo prezzo da pagare per la locazione);
  2. il secondo registrato in cui gli stessi dichiarano un canone di locazione inferiore rispetto a quello reale.

Nel primo contratto non registrato si presuppone che l’accordo tra le parti abbia l’esplicita finalità di sottrarre a imposizione parte dell’affitto, con vantaggio esclusivo per il proprietario dell’immobile.  Pertanto, se proprietario e locatario concordano in un contratto (non registrato) una clausola che preveda un importo del canone di locazione superiore a quello effettivamente riportato nel contratto registrato, tale clausola è da intendersi nulla. Così come viene disposto dalla normativa di riferimento (codice civile, legge n. 392/78, legge n. 431/98 e varia giurisprudenza di merito e di legittimità), la nullità parziale di un contratto, o la nullità di singole clausole, comporta la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità. Contrariamente a quanto sopra riportato, la nullità di singole clausole non comporta la nullità dell’intero contratto, quando le clausole nulle sono sostituite automaticamente di diritto da quanto previsto dalle norme in materia.

Può succedere che il locatario risulti inadempiente, ossia non versi i canoni prestabili dal contratto formalizzato tra le parti. In tal caso il proprietario ha il diritto di pretendere i canoni arretrati; quindi, in caso di instaurazione del giudizio, il proprietario può pretendere il canone dichiarato oppure quello reale (e quindi superiore) inserito nella scrittura privata consensuale?

Su tale argomento è intervenuta la sentenza n. 18213 del 17/09/2015 della Cassazione, affermando che, “ai sensi dell’art. 13, comma 1, della l. n. 431 del 1998, in ipotesi di locazione ad uso abitativo,  registrata per un canone dichiarato in misura inferiore rispetto al reale, il contratto resta valido per il canone apparente, mentre l’accordo simulatorio relativo al maggior canone è affetto da nullità, insanabile dall’eventuale registrazione tardiva”.

In particolare, chiarisce la Cassazione, la controdichiarazione sottoscritta tra le parti del contratto, con la quale le stesse stabiliscono il canone reale, è nulla perché viola le norme imperative di cui alla legge 431/1998 e non invece perché non è stata registrata dalle parti, non essendo tale registrazione un requisito di validità dell’accordo negoziale.  Il proprietario dell’immobile potrà, quindi, pretendere solo il pagamento del canone stabilito nel contratto e non invece, quello, di importo più elevato, previsto nell’accordo simulatorio.

Anche la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 3753/15 del 24.06.2015 dispone la nullità assoluta del canone di locazione non registrato nei termini, ribadendo nel contempo ciò che viene disposto dalla legge 311/2004 art. 1 c. 346 (Legge finanziaria del 2005), la quale cosi stabilisce: “i contratti di locazione o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati”.

È necessario evidenziare che tale disposizione, nonostante la evidente chiarezza, ha avuto dalla giurisprudenza differenti interpretazioni.

Risulta invece essere chiara e precisa la circolare 26/E del 12 giugno 2011 dell’Agenzia delle Entrate che al punto 9.3 conferma la validità letterale della legge 311/2004 art. 1 c. 346, sostenendo la nullità dell’accordo simulatorio siglato tra le parti contrattuali.