24 Novembre 2020

Auto usata dal socio per le tratte casa-ufficio: i costi sono indeducibili

di Lucia Recchioni - Comitato Scientifico Master Breve 365
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La scheda di FISCOPRATICO

Se il socio utilizza l’autovettura per le tratte casa-ufficio, e non può dimostrare l’utilizzo di altri mezzi, è legittima la contestazione dell’Agenzia delle entrate in merito all’inerenza dei costi e la conseguente ripresa a tassazione degli stessi: è onere del contribuente, infatti, fornire prova contraria, ovvero che gli spostamenti erano avvenuti in altro modo o che il veicolo era utilizzato per interventi riferibili all’attività d’impresa.

Sono queste le conclusioni raggiunte dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 26551, depositata ieri, 23 novembre.

Il caso riguardava una società esercente attività di commercio di veicoli nuovi e usati, che veniva raggiunta da un avviso di accertamento per Iva, Ires e Irap.

L’accertamento analitico-induttivo traeva origine da una serie di rilievi, tra i quali la ricostruzione indiretta dei ricavi a partire dalle ore lavorative dei dipendenti, quantificate in base al riscontro analitico delle presenze giornaliere e con distinzione dei vari ruoli e figure professionali.

Veniva inoltre contestata la divergenza tra le fatture e le bollette doganali, la genericità delle fatture emesse (che si limitavano a richiamare solo la marca e il modello del veicolo) e il valore dei beni, spesso palesemente lontano da quello di mercato, essendo stato in alcuni casi attribuito il prezzo di 50/100 € ad autovetture di appena 4/5 anni.

Il punto che pare sollevare maggiore interesse riguarda però il mancato riconoscimento, da parte delle Entrate, dei costi di pedaggio e carburante per l’uso di un mezzo aziendale.

L’autovettura era infatti utilizzata dal socio, responsabile di una sede distante circa 80 km dal suo indirizzo di residenza, e privo di un mezzo proprio: tale distanza, dunque, era evidentemente coperta con il mezzo aziendale, sicché, ad avviso dell’Agenzia delle entrate, le spese dovevano essere ritenute non inerenti, in quanto il bene era utilizzato per ragioni personali.

Considerato che il socio non aveva dimostrato l’avvenuto spostamento con altri mezzi, né la concreta utilizzazione del bene, per le stesse tratte, per le finalità d’impresa, la CTR accoglieva la tesi dell’Agenzia delle entrate, ritenendo legittima la ripresa dei costi.

La Corte di Cassazione, investita della questione, è in primo luogo tornata a ribadire che il requisito dell’inerenza dei costi attiene alla compatibilità, coerenza e correlazione degli stessi non ai ricavi in sé, bensì all’attività imprenditoriale svolta idonea a produrre redditi”, sottolineando che la prova dell’inerenza dei costi, ossia dell’esistenza e della natura della spesa, dei fatti giustificativi e della concreta destinazione alla produzione, incombe sul contribuente, in quanto soggetto gravato dell’onere di dimostrare l’imponibile maturato.

È quindi irrilevante, a tal proposito, che i beni siano “normalmente necessari e strumentali” allo svolgimento all’attività d’impresa. L’Agenzia “ha addotto la sussistenza di circostanze idonee (l’utilizzo del mezzo in proprio da parte del socio per le tratte casa-ufficio, avvalorato dalla carenza di altro mezzo nella sua disponibilità) ad escludere la riferibilità del costo all’attività d’impresa. Incombeva dunque sulla contribuente fornire la prova contraria (ossia che il socio si avvaleva di altri mezzi o modalità di spostamento ovvero che l’utilizzazione del veicolo era in concreto ancorata a specifici e individuati interventi riferibili all’attività d’impresa), rimasta invece insoddisfatta”.

Il ricorso del contribuente è stato quindi rigettato.